Un libro che merita di essere letto

Dopo mesi che non lo facevo per assenza di tempo ma anche di stimoli nei confronti di un libro che non fosse quello al quale ho collaborato, il mio collega Francesco, un altro malato di calcio purtroppo ormai disilluso, ha trovato il titolo giusto per farmi tornare a leggere con piacere.

Tifo La passione sportiva in Italia

Edito nel 2022 dalla casa editrice Il Mulino, di Daniele Marchesini e Stefano Pivato, è un lavoro che indaga in maniera piuttosto approfondita un fenomeno che è stato troppe volte sottovalutato, quello della passione sportiva nel nostro paese e lo fa senza limitarsi allo sport nazionale, il calcio, ma saltando dal ciclismo al pugilato con lo stesso approccio e la stessa misurata profondità. “Tifo” è un libro che mi ha fatto appassionare anche alla nascita dei primi stadi, dei primi luoghi di ritrovo tra appassionati, quegli sferisteri in cui ci si radunava per vedere dal vivo uno sport che ormai non esiste più, il pallone col bracciale, che già tra il Settecento e l’Ottocento richiamava migliaia di tifosi sugli spalti (se così li vogliamo chiamare): quegli sferisteri che poi diventeranno stadi, ring o velodromi per seguire da vicino il grande Torino, Primo Carnera o Coppi e Bartali.

Un inizio di libro esaltante che però poi non mantiene le promesse quando si passa ad analizzare l’utilizzo dei campioni da parte dei regimi che negli anni Trenta dominano tutta Europa. In questa sezione della pubblicazione ho trovato francamente debole l’approfondimento sociologico del fenomeno che resta limitato ad episodi conosciuti da tutti come l’utilizzo da parte del fascismo del gigante “bianco” Carnera o la contrapposizione, nel dopoguerra, tra Bartali e Coppi, tra il democristiano Ginettaccio ed il libertino Fausto che si accompagnò ad una donna già sposata. Manca purtroppo, ed è il difetto più importante del libro, un approfondimento sulla strumentalizzazione che ad esempio il regime fascista in Italia fece deliberatamente del mondo dello sport e della passione sportiva veicolata come un’arma a disposizione delle camicie nere per arruolare giovani leve in una folle rincorsa bellicista a quel ruolo di superpotenza che non arrivò mai. L’altra parte che sinceramente non mi ha convinto del libro è quella relativa al gossip sportivo; se da una parte il lavoro di Marchesini e Pivato sembra cercarne il distacco, dall’altra il pettegolezzo è presente in ogni affresco dedicato ai campioni ed alle grandi squadre del passato. Questa irrisolta diatriba tra racconto e retroscena, mina un po’ il lavoro di ricerca che per certi versi è invece entusiasmante. La parte dedicata ai dolori collettivi, con un’analisi doverosa del grande Torino, è uno spaccato di quello che dovrebbe essere il giornalismo sportivo, così come il ritratto di Vittorio Pozzo e di Tazio Nuvolari, due leggende italiane non solamente sportive.

“Tifo” resta insomma un titolo molto interessante che però mette forse troppa carne al fuoco rispetto alle pagine dedicate al libro: un excursus meritorio che avrebbe avuto probabilmente bisogno di una scelta più appropriata delle tematiche da trattare. Finito di leggere, si resta nell’amletico dubbio se sia stata un’occasione persa oppure uno stimolo per approfondire le parti più interessanti del libro.

Alla prossima!