Appunti sparsi dal mondo della scuola (ultima parte)

Siamo giunti al termine del mandato da rappresentante del consiglio d’istituto.

Sono stati tre anni intensi, vivi, molto interessanti che mi hanno fatto crescere da tantissimi punti di vista, un’esperienza gratificante che consiglio a tutte quelle persone che hanno a cuore la crescita e lo sviluppo dei propri figli. Non sono necessarie competenze specifiche né titoli di studio, ma servono invece pazienza, entusiasmo, capacità di mediazione. Al termine di questo mandato, ho deciso a malincuore di non ricandidarmi, nonostante i tantissimi attestati di stima ricevuti, poiché (fortunatamente) i carichi di lavoro sono aumentati e dunque non avrei più il tempo necessario per fare le cose per bene; conciliare i tempi di vita con quelli familiari è sempre stato uno degli obiettivi della mia vita fin da quando con Claudia abbiamo deciso di avere figli ed avere il tempo necessario per Niccolò e Mattia indirizza da sempre le mie scelte.

E’ stato un percorso bellissimo che mi ha permesso di conoscere persone meravigliose che vivono per la scuola e per i nostri ragazzi, persone (insegnanti, personale della scuola ma anche genitori) che ricevono troppo spesso come unica gratificazione quella della serenità dei nostri figli nell’ambiente scolastico. Senza la passione e talvolta il senso di missione di queste persone, saremmo tutti più poveri non solo culturalmente ma anche dal punto di vista sociale.

Sono state tante le sfide di questi tre anni, dalla stesura del nuovo regolamento di istituto che ha mirato ad accompagnare le nuove esigenze delle studentesse e degli studenti, alla selezione di progetti più vicini ad un mondo che cambia così velocemente, dalla gestione dei fondi del PNRR alla risoluzione di tanti piccoli problemi che però si scontrano da sempre con una burocrazia allucinante, una burocrazia che non rappresenta però lo scoglio più grande: se dovessi individuare il nodo da risolvere al più presto infatti, denuncerei l’assenza di collaborazione, lo scollamento totale che talvolta esiste (nel nostro caso sicuramente) tra la parte amministrativa ed il resto della scuola. Un’assenza di coordinamento e di scambio di informazioni che mina alle fondamenta la possibilità di lavorare a pieno sugli obiettivi didattici, quelli ai quali si dovrebbe puntare per la crescita delle alunne e degli alunni.

La “battaglia” per la quale mi sono speso di più in questi tre anni è stata certamente quella per la rendicontazione e la pubblicizzazione del cosiddetto contributo volontario che i vari plessi annualmente chiedono ai genitori. Dal momento che la raccolta di questo contributo è divenuto sempre più difficoltoso sia per le condizioni economiche del nostro paese che per l’informatizzazione del meccanismo, diventa necessario far capire ai genitori quanto sia importante per la scuola poter contare su quei soldi. Risulta però necessario, per poter centrare l’obiettivo, comunicare a chi deve pagare che fine fanno quei soldi. Dopo tre anni, sono orgoglioso di dire che ogni plesso del nostro istituto comprensivo è in grado di raccontare ai genitori come sono stati spesi i soldi, quali progetti sono stati finanziati, come verranno impiegati gli introiti dei prossimi anni. Un aspetto ancora più importante se pensiamo che prestissimo la scuola non potrà più fare affidamento sui soldi del PNRR, soldi che hanno contribuito ad un rinnovamento eccezionale nelle aule e non solo.

Ecco dunque un altro aspetto da migliorare, la comunicazione tra scuola ed “utenza”: l’assenza di comunicazione non rende giustizia e merito al lavoro ed agli sforzi che quotidianamente tutti gli operatori del mondo della scuola mettono in campo per formare i cittadini di domani. Un tallone d’Achille che mina alle fondamenta la capacità da parte di tutti di conoscere e giudicare ciò che accade ogni giorno ai propri figli!

Chiudo infine con un auspicio per il futuro, un auspicio al quale avrei provato a lavorare se fossi stato in grado di candidarmi nuovamente: credo sia necessario che la scuola di domani si apra maggiormente al territorio, non abbia paura di contaminarsi con associazioni, esperti, professionisti che siano in grado di portare nelle aule i problemi della vita reale, dalla sicurezza stradale all’educazione affettiva, dall’utilizzo della tecnologia all’intelligenza artificiale. Una scuola che in questo modo riesca a parlare il linguaggio dei bambini e degli adolescenti, che sappia essere non solamente un centro di formazione ma anche di socializzazione e di aggregazione, una scuola che non resti con la testa rivolta all’indietro ma abbia i piedi ben saldi nel presente per poter immaginare il domani della nostra società.

Dazi e Mercato: Analisi del Caso Trump

In tanti ne parlano, ma siamo sicuri di aver capito cosa sta succedendo? Il contributo di Simone Pesucci, mio amico e spalla nel podcast “Barlungo con Simone”, ci offre una lettura a tutto tondo del fenomeno dei dazi: economico, borsistico, politico.

Nelle ultime settimane tutto il mondo si è fermato attorno al giro di giostra sfrenato avviato dal Presidente degli Stati Uniti Donald Trump.

Tutto ruota attorno al lancio, l’applicazione e poi la revoca dei dazi applicati alle merci importate negli USA e provenienti da quasi tutto il mondo.

Si ma fermiamoci un istante: cosa sono i dazi?

Il dazio, che nel medioevo si chiamava gabella, è uno dei più antichi strumenti economici per gestire e livellare il flusso di merci da uno stato ad un altro. In pratica, per tutte le merci in entrata il paese applica una tassa che dovrebbe servire da un lato a compensare le mancate tasse che la società importatrice non gli deve (perché produce e lavora in altro stato) e dall’altro a ribilanciare il costo di tali merci con quelle prodotte internamente, così da proteggere il proprio mercato e dunque la produzione e i suoi lavoratori. Da questo punto di vista, l’idea di fondo di Trump non è nuova né sbagliata: aumento i dazi delle merci in entrata per scoraggiare l’acquisto dall’estero e per scoraggiare inoltre la produzione interna a delocalizzare, con l’obiettivo di riportare a casa fabbriche e forza lavoro.

E’ un concetto però semplicistico: il sistema economico infatti ormai vive da decenni la globalizzazione (che pure non è affatto esente da critiche) e conseguentemente ha sfruttato i vantaggi fiscali o il costo di mano d’opera di altri paesi per aumentare la produzione, i ricavi e quindi rispondere anche all’alta domanda di quel bene. Una contrazione improvvisa, se da un lato, appunto semplicisticamente, appare una soluzione per far virare le aziende e farle tornare a produrre a casa, dall’altro rischia di danneggiare tutta la filiera produttiva e quindi paradossalmente anche la parte di società che vive e lavora all’interno dello stato. Senza poi considerare le ripercussioni sul mercato azionario!

Ma torniamo un attimo indietro: se non lo ha fatto per questo motivo semplicistico, allora perché Trump ha messo i dazi? Il mercato azionario, dopo l’annuncio dei dazi ha reagito malissimo virando immediatamente verso la recessione. Lo scenario però – ove Trump avesse quindi pensato di mettere i dazi per questo scopo – è il seguente: il mercato crolla e la Federal Reserve (la Banca centrale americana) si trova costretta ad abbassare i tassi di interesse (altra battaglia della campagna elettorale trumpiana) e conseguentemente il debito degli Stati Uniti diminuisce. Mi spiego meglio: gli USA si finanziano grazie all’emissione di titoli di stato (lo facciamo anche noi, con i nostri BTP) che ovviamente vanno restituiti con gli interessi agli investitori: ad oggi gli USA hanno 7000 miliardi di debito in scadenza. Se dunque la Federal Reserve abbassa i tassi, gli Stati Uniti riescono a vendere titoli di stato pagando meno interessi. Quindi, un obiettivo di Trump è anche quello di poter collocare i titoli di stato con un tasso di interesse minore, andando a ridurre il debito complessivo USA.

Ma perché la Federal Reserve dovrebbe abbassare i tassi? Negli Stati Uniti, il 62% dei cittadini investe in Borsa e per loro è la principale fonte di investimento, ad alto rischio ma anche ad alto rendimento. Non solo investono direttamente, ma lo fanno anche tramite i grossi fondi. E ricordo che fondi pensione e assicurazioni in USA sono privati e tutti investono nel mercato finanziario. In caso di recessione dunque, tutti questi fondi sono a rischio e la Banca Centrale non può permetterselo (e questo spiega anche perché nessuno in USA è stato contento dell’applicazione dei dazi, neanche i sostenitori di Trump): quindi la Federal Reserve abbassa i tassi per compensare il crollo del mercato azionario.

Ma a questo punto, al culmine dell’operazione, Trump comincia, tramite il suo account social, a dare un segnale inverso: parla di ottime opportunità di investimento per chi volesse farlo (e ovviamente si riferisce proprio ai titoli di stato USA, che con la recessione costano poco ma non solo: anche il resto del mercato azionario USA, che ha subìto un crollo, potrebbe risalire a breve). Il solo messaggio è sufficiente, seppur per pochissime ore, a far risalire il mercato, finché non circola la notizia che si tratti di una fake news. Quindi per poche ore il mercato risale per poi precipitare di nuovo: a questo punto si apre l’asta per piazzare i titoli di stato USA e guarda caso c’è il tutto esaurito… Vengono venduti velocemente tutti! Tutti comprano tranne la Cina, che tradizionalmente invece investe molto in USA. A questo punto Trump annuncia la revoca dei dazi per 90 giorni a tutti tranne che verso la Cina.

Il mercato risale e chi ne ha approfittato, ci ha guadagnato. Ecco perché esiste il sospetto che Trump abbia volutamente manipolato il mercato azionario per fare quantomeno “un regalo” a chi ha investito nei suoi titoli di stato. E questo sospetto ha un nome: si chiama Insider Trading e viene pronunciato subito dai banchi dei parlamentari democratici al parlamento americano. Cosa si intende per insider trading? Questa tecnica consiste nella compravendita di titoli azionari sfruttando informazioni riservate e significative riguardanti una società quotata. Un insider, in questo contesto, è chi ha accesso a tali informazioni privilegiate (ad esempio, non si riferisce a Trump o a chi ha approfittato dell’informazione sui dazi per comprare prima di un rialzo).

Negli Stati Uniti l’insider trading non è sempre illegale. Se dirigenti, amministratori o azionisti rilevanti seguono specifiche regole di trasparenza, tale attività può essere considerata lecita. Gli individui sono tenuti a registrare ogni transazione presso la Securities and Exchange Commission (SEC) attraverso dichiarazioni preventive, che sono poi disponibili al pubblico nella banca dati Edgar della SEC. Diventa invece illegale quando qualcuno sfrutta informazioni riservate non rese pubbliche per ottenere profitto sui mercati. Non è necessario che la persona sia un dirigente aziendale, anche un conoscente occasionale può essere perseguito se agisce basandosi su informazioni ottenute in modo improprio.

Negli Stati Uniti, l’insider trading è soggetto a sanzioni sia civili che penali da parte della SEC e del Dipartimento di Giustizia con le sanzioni civili che possono includere multe fino a tre volte il guadagno realizzato o la perdita evitata, oltre alla restituzione dei profitti illeciti. Inoltre, possono essere imposte ingiunzioni che vietano ai colpevoli di ricoprire ruoli di vertice in aziende quotate, anche in modo permanente. Sul fronte penale, l’insider trading può comportare pene detentive fino a 20 anni per ogni violazione, a seconda della gravità e di eventuali precedenti. Le multe possono raggiungere i 5 milioni di dollari per gli individui e i 25 milioni per le aziende. Ma in realtà contro Donald Trump l’accusa è anche peggiore: perché qui si parla di Market Manipulation ovvero consapevole alterazione del mercato che può esprimersi in varie forme ma è sempre perseguibile sia civilmente che penalmente negli USA. Ecco quindi che l’ultima settimana che ha visto questa enorme e sfrenata giostra girata da Donald Trump, probabilmente avranno conseguenze che cominceremo a capire nei prossimi mesi.

Quel che è certo è che qualcuno si è arricchito enormemente in pochissimi giorni e non sono i piccoli risparmiatori, né i lavoratori delle aziende che producono in USA, né i suoi cittadini!

Appunti sparsi dal mondo della scuola (parte 12)

Anche se le vacanze estive sono ormai un lontanissimo ricordo, il mondo della scuola ha i propri tempi ed i propri riti e dunque il primo consiglio di istituto di questo anno scolastico si è tenuto solo pochi giorni fa.

Saranno le pile ricaricate, sarà un’oggettiva buona gestione del nostro istituto comprensivo, ma il primo ritrovo dopo oltre tre mesi ha riconfermato il clima sano e collaborativo che abbiamo quasi sempre avuto nelle nostre riunioni. Ho sempre pensato, e questa esperienza me lo sta confermando, che quando la gestione dei problemi è dettata da scelte di ampio respiro e di lungo periodo, tutto è più semplice. Se invece, al contrario, si vivacchia prendendo decisioni solo dettate dall’emergenza, non si può essere capaci di dare una visione complessiva ed una direzione; inoltre non si riesce nemmeno a valorizzare le competenze del gruppo di persone con le quali si lavora proprio perché si tappa solamente i buchi dell’oggi senza pensare al domani.

Nell’ultimo consiglio di istituto abbiamo affrontato un altro punto del programma triennale di mandato che ci eravamo prefissati: dopo aver cambiato ed aggiornato il regolamento di tutto il comprensivo, adesso tocca al regolamento degli organi collegiali a distanza. Questa specificità, la cui importanza è aumentata a dismisura sia durante che dopo la pandemia, ha preso piede arrivando ad essere il metodo preferito da tantissime scuole sul territorio: nel nostro caso però, vorremmo limitarne l’uso ai casi in cui sia necessario, poiché come consiglio d’istituto crediamo ancora fermamente alla cura dei rapporti interpersonali ed allo scambio a quattr’occhi come mezzo di crescita professionale.

Dopo aver sbrigato alcune faccende burocratiche, abbiamo però deliberato in merito a due cose che mi hanno reso orgoglioso del percorso che stiamo facendo. Negli ultimi anni, i casi di disturbi alimentari nei ragazzi stanno aumentando vertiginosamente e non basta più l’approccio personale al problema. Il nostro istituto, e nello specifico la nostra scuola secondaria di primo grado, è stata coinvolta in un progetto pilota che potrebbe rivelarsi fondamentale nella metodologia di intervento nei confronti di questi problemi. L’ospedale Meyer infatti, ha scelto il quartiere 2 come quartiere di riferimento per uno studio metodologico, e la nostra scuola media come uno degli istituti coinvolti. Durante questo anno scolastico, verranno attuati dei protocolli di prevenzione di intervento che saranno monitorati grazie ad alcuni test ed incontri con specialisti del settore che provvederanno anche a formare i docenti. Grazie poi ad alcuni laboratori, sarà possibile coinvolgere attivamente i ragazzi non solamente facendoli riflettere sulle dinamiche di questi disturbi, ma anche offrendo loro strumenti operativi per poter affrontare queste difficoltà e, nel caso, aiutare compagni affetti da queste problematiche. Il progetto poi, ha l’ambizione di coinvolgere anche le associazioni sportive del nostro quartiere in modo da creare una sinergia operativa in grado di creare una rete di intervento che possa aiutare i nostri ragazzi in ogni ambito si ritrovino a dover convivere con questo problema.

Dopo il voto unanime a favore dell’importante progetto, siamo passati all’esame di una questione che mi sta molto a cuore, quella dell’utilizzo dei cellulari e del registro elettronico. In quello utilizzato dalla scuola media del nostro istituto è sempre apparsa la media dei voti delle nostre ragazze e ragazzi in bella evidenza come prima immagine appena aperta la app. Oltre che creare grande ansia nella stragrande maggioranza di studenti e famiglie, ci siamo chiesti quale utilità potesse avere un arido numero in bella vista e la discussione che ne è nata è stata franca ed approfondita. Il dirigente scolastico ad esempio, ha fin da subito espresso il proprio parere favorevole alla soppressione della visibilità del voto anche perché (e questo non lo sapevo), la media generale dei voti è un valore che non ha senso di esistere, visto che non esistono circolari o regolamenti scolastici che lo prevedano. Non solo, ma tale media, non serve nemmeno in vista dell’esame di terza e dunque, oltre a creare ansia, è anche del tutto inutile! Insieme all’altra rappresentante della scuola media, ho perorato la causa della cancellazione trovando grande comprensione sia dal corpo docente che dagli altri rappresentanti. Oltre a ciò, abbiamo anche discusso delle medie delle varie materie ma siamo stati quasi tutti concordi nel mantenerle perché hanno innanzitutto un valore legale, e poi fotografano l’andamento del ragazzo in quella disciplina. Non mi sono fatto però sfuggire l’occasione per cercare di sensibilizzare maestre e professori in merito ad un utilizzo più parsimonioso del registro elettronico: negli ultimi anni infatti, una delle emergenze più importanti che sta emergendo nei nostri ragazzi, è quella della dipendenza dai mezzi elettronici. L’utilizzo, come unico canale di comunicazione, del registro elettronico, credo non possa far altro che acuire il problema.

Appunti sparsi dal mondo della scuola (parte 11)

Il rompete le righe è finalmente arrivato anche per il consiglio d’istituto ma, come in ogni scuola che si rispetti, avremo da fare i compiti per casa!

Come avevo già scritto anche nello scorso articolo, il mondo della scuola, almeno dal punto di vista progettuale, sembra non fermarsi mai e spesso le decisioni in merito alla conclusione di un anno scolastico si intersecano ed hanno conseguenze anche su quello successivo. Ecco perché è fondamentale cercare di tenere tutto insieme, cercando di mantenere la coerenza e la continuità in tutto l’istituto comprensivo: tale comportamento permette ai nostri ragazzi di non soffrire il cambio di scuola, di insegnanti, di professori o comunque di non avere agenti esterni che possano metterli in difficoltà. E’ per questo che stiamo cercando di offrire una progettualità arricchita da professionisti esterni solo e soltanto se quelle attività valorizzano la strada già segnata dai nostri insegnanti. Questo è purtroppo un tema assolutamente sottovalutato poiché troppo spesso si vuole solamente sbandierare progetti per cercare di rendere maggiormente appetibile la propria scuola senza però pensare alla continuità didattica che dovrebbe essere sempre salvaguardata.

I due spunti più interessanti della riunione sono stati certamente la rendicontazione del contributo volontario e l’adesione ad un progetto di cui vi parlerò. Quanto al primo punto, dopo numerosi solleciti, siamo finalmente riusciti ad ottenere una bozza del rendiconto di quanto le singole scuole abbiano speso o progettato di spendere relativamente ai soldi che tutti gli anni le famiglie versano “volontariamente” all’Istituto Comprensivo. Più volte infatti, avevamo lamentato la totale assenza di risposte in merito alla destinazione di tali soldi e, soprattutto, il mancato utilizzo degli stessi. Le nostre istanze sono state finalmente accolte e, da una parte i docenti hanno progettato le spese, dall’altra abbiamo avuto risposte ancora incomplete ma comunque importanti. Questo soprattutto perché ci siamo accorti che il numero di genitori che versa il contributo sta velocemente diminuendo in parte proprio perché non conoscono la destinazione di questi soldi. Nel prossimo anno scolastico speriamo sia più semplice per i rappresentanti di classe andare a chiedere il versamento del contributo a fronte delle spese effettuate per migliorare la nostra proposta didattica attraverso l’acquisto di macchinari e l’ausilio di professionisti esterni.

Se l’ottenimento della rendicontazione è stata una bella iniezione di fiducia, l’adesione al piano “Agenda Nord” ha nascosto invece una bella doccia fredda. Abbiamo infatti scoperto che il nostro istituto, al pari di tanti altri, in base ai test INVALSI degli ultimi anni, ha subìto un calo strutturale dei risultati conseguiti. Questo progetto mira a ridurre il potenziale abbandono scolastico attraverso il potenziamento delle competenze per combattere il calo generalizzato del sapere degli alunni al quale stiamo assistendo. Ciò è certamente in parte dovuto al sempre maggior numero di bambini stranieri nelle nostre classi ma anche e soprattutto dagli effetti che ci trasciniamo ancora dietro dal periodo delle chiusure dovute alla pandemia. Purtroppo i nostri ragazzi scontano le lezioni in DAD, l’impossibilità di frequentare le aule, le ore di insegnamento e socializzazione perse. Per tutti questi motivi, il progetto sembra un’ottima idea per provare ad invertire la tendenza cercando di potenziare non solamente le tre materie più importanti (italiano, matematica ed inglese), ma anche la socializzazione. Certo non sarà una singola iniziativa a risolvere il problema, ma tutto ciò che prova a ridurre la divaricazione di apprendimento all’interno delle nostre scuole deve essere sostenuto senza alcun tentennamento!

La politica da un altro punto di vista

Una svolta improvvisa mi ha fatto vivere un’esperienza bella, interessante, faticosa ma appagante.

A pochi giorni dalla tornata elettorale dei giorni scorsi, Claudia ed un mio amico che lavora in Comune, Niccolò, mi hanno finalmente convinto a candidarmi come scrutatore di seggio. Già nelle settimane precedenti avevo visto che stavano cercando persone disponibili ad impegnarsi ai seggi ma sinceramente, un po’ per pigrizia ed un po’ per il timore di togliere tempo prezioso ai miei Mattia e Niccolò, avevo scelto di non farne di nulla. Poi però, la mia passione per la politica e la curiosità di capire quali fossero i meccanismi che stavano dietro alle elezioni, mi hanno spinto ad inviare la candidatura pochi giorni prima dell’aperura dei seggi e venerdì sono stato assegnato proprio alla scuola in cui voto, vicinissimo a casa.

Sgombriamo subito il campo dagli equivoci: se qualcuno di voi pensa di fare lo scrutatore per soldi lasciate stare…. la paga in confronto al numero delle ore di servizio ed allo stress in sede di scrutinio è veramente risibile, ma in questi casi deve prevalere il senso civico, lo spirito di servizio alla comunità, la passione per la politica. Per una persona come me cresciuto a pane e politica, il momento dell’apertura delle urne, del conteggio delle schede, perfino il loro odore, la discussione in merito a possibili contestazioni sulle preferenze o sui voti di lista, è una sensazione impagabile che mi ha ripagato di ogni sforzo e fatica. 

L’esperienza è cominciata il sabato mattina quando, una volta conosciuti i compagni di viaggio (un presidente, un segretario ed altri tre scrutatori), abbiamo iniziato a contare ed autenticare le schede che avremmo poi fatto utilizzare agli elettori dal momento dell’apertura del seggio. A metà di queste operazioni, ho avuto la prima soddisfazione con la nomina a vice presidente del seggio, una carica più formale che altro ma che mi ha ulteriormente responsabilizzato considerando che il presidente mi ha spiegato che, se lui si fosse assentato, io avrei fatto le sue veci. Una soddisfazione doppia perché gli altri scrutatori mi hanno subito fatto capire che erano contenti e d’accordo con la mia nomina, soddisfazione che è divenuta ancora più grande dopo che, al termine di questa esperienza, mi sono accorto di essere stato fortunatissimo per aver avuto un presidente di seggio come il nostro. Per svolgere tale ruolo infatti, sono necessarie tante doti: innanzitutto l’amore per il ruolo che si svolge che ti porta ad un continuo aggiornamento, allo studio dei regolamenti e delle leggi, poi una certa flessibilità nella gestione delle persone con la capacità di dare autonomia a chi fa parte della tua squadra ed infine una grande pazienza e diplomazia soprattutto nella gestione di una figura che sinceramente conoscevo poco, quella del rappresentante di lista. Quest’ultima è una figura nominata dal partito o dalla lista che ha il diritto di presenziare non solo alle votazioni ma anche allo scrutinio, quindi anche al momento in cui si deve decidere se una scheda o una preferenza è valida oppure no: lì il ruolo del presidente è fondamentale a garantire il rispetto delle regole, l’imparzialità nelle scelte.

Una volta aperto il seggio, ho iniziato a svolgere il mio lavoro di scrutatore, cioè a registrare manualmente i documenti di identità dei votanti incrociando i dati con quelli della tessera elettorale. Un lavoro meccanico, non certo di concetto, che però richiede la massima attenzione perché il margine di errore è alto e, nel caso si sbagli, si rischia di trascrivere dati che possono inficiare il diritto di voto di un altro elettore. Trovo sinceramente incredibile che nel 2024 debba essere fatto tutto a mano quando in altri paesi, come l’Estonia, il voto è ormai completamente digitale potendo completarlo anche da remoto. Magari non sarà la panacea di tutti i mali, tra i quali l’astensionismo, ma certamente riduce al lumicino la possibilità di errore.

Il momento più difficile, stressante ma anche esaltante è però quello dello scrutinio: quando il presidente ci ha dato il via per aprire le urne ed iniziare il conteggio ero sinceramente emozionato. L’odore delle schede, l’apertura di quello che è in tutto il mondo il simbolo della democrazia è un momento che difficilmente dimenticherò.  Ma è anche un momento in cui la stanchezza si mischia con la tensione e con la paura di sbagliare e dunque servirebbe calma, riflessione, silenzio: purtroppo però, alcuni rappresentanti di lista pensano solo ed esclusivamente al loro tornaconto e dunque, ancor prima di iniziare a discutere delle schede dubbie, iniziano spesso con contestazioni in merito alla nullità o alla bontà di una scheda. E’ servita tutta l’arte diplomatica e la calma olimpica del nostro presidente per venire a capo della situazione ma ci siamo riusciti mostrando fin da subito il nostro metodo di lavoro. Le schede che potevano essere oggetto di contenzioso sono state messe da una parte e poi mostrate una ad una a tutti i rappresentanti di lista spiegando loro la nostra linea di condotta che era basata sul regolamento e sulle circolari adottando sempre lo stesso criterio uguale per tutti. Grazie a ciò, le contestazioni iniziali sono durate poco.

Altro problema che abbiamo dovuto affrontare è quello relativo alla necessità di fare non solo bene, ma anche velocemente perché i dati devono essere comunicati il prima possibile! Se l’Italia è il paese burocraticamente più complicato d’Europa, ciò è confermato anche in politica. Abbiamo scrutinato tre tipi di elezione che ovviamente (!!) hanno tre tipi di sistema elettorale diversi e quello del comune è certamente il più complicato: chi vota solamente la lista, chi solo il sindaco, chi mette le preferenze, chi il voto disgiunto. Se non hai un sistema di lavoro rischi di naufragare tra le schede!! Se solo si riuscisse ad uniformare almeno i sistemi elettorali delle amministrative non sarebbe davvero poca cosa….

Sono stati insomma tre giorni molto faticosi, fatti di tanto lavoro e poco sonno, di troppi caffè e di poca acqua, di nuove conoscenze e di riscoperta di vecchie amicizie. Sapete cosa mi resta? Certamente la grande soddisfazione per aver reso un prezioso servizio alla comunità ed al funzionamento del nostro sistema democratico, ma anche una grande soddisfazione personale premiata dall’apprezzamento del proprio lavoro dimostrato anche con la nomina di vice presidente di seggio.

Insomma per chi non l’avesse capito, ci si vede al ballottaggio!

Appunti sparsi dal mondo della scuola (parte 10)

Mentre i ragazzi stanno festeggiando la fine dell’anno scolastico, ad eccezione di quelli impegnati negli esami, i lavori dietro le quinte vanno avanti per programmare il nuovo inizio.

L’obiettivo come sempre è quello di organizzare al meglio la ripartenza nei limiti delle proprie competenze, provando ad accogliere nel miglior modo possibile i nuovi arrivati e ad accompagnare in continuità chi sta già frequentando il proprio plesso. Sarà emozionante per i piccoli di 3 anni iniziare il proprio percorso dalla materna, così come sarà impegnativo per i nuovi scolari alla primaria ed alla secondaria riuscire ad ambientarsi con regole, interrelazioni e discipline completamente diverse nei temi trattati e negli approcci educativi. Provare a far loro trovare un ambiente accogliente e che li aiuti a superare le innegabili difficoltà che affronteranno, deve essere l’obiettivo primario di tutto il mondo scuola e dunque anche quello del consiglio di istituto.

L’ultima riunione è servita innanzitutto per approvare il conto consuntivo che ci ha mostrato buoni risultati. L’istituto comprensivo, spero anche per il lavoro effettuato in Giunta Esecutiva, ha diminuito quell’avanzo di gestione che avevamo segnalato più volte ed è riuscito a spendere con maggiore celerità. Sia i finanziamenti relativi al PNRR, che la scuola è riuscita a destinare nei tempi previsti ai progetti individuati, sia i fondi derivanti dai contributi volontari delle famiglie, sono stati programmati ed in gran parte spesi. La destinazione d’uso è stata ovviamente individuata dai docenti e dal dirigente ma ciò che conta è che, grazie ad essi, siamo riusciti a rafforzare l’offerta formativa, a dotare le aule di apparecchiature degne del 2024 ma soprattutto abbiamo regalato alle studentesse ed agli studenti in difficoltà finanziarie l’opportunità di partecipare a tutte le attività proposte. Senza questo aiuto infatti, sarebbero stati costretti a rinunciare ad occasioni di formazione e socializzazione fondamentali per la loro crescita.

Dispiace però dover segnalare che alcuni fondi i cui progetti sono stati tanto strombazzati da governi e ministri abbiano delle criticità importanti. Faccio riferimento a quei soldi che sono stati stanziati per l’apertura delle scuole nel periodo estivo: il tema è dibattuto da anni e l’iniziativa è assolutamente lodevole a patto però che sia dato il tempo alle nostre scuole di programmare le attività. Se invece, come accaduto per questo anno scolastico, si arriva a dover decidere cosa fare nel periodo estivo ed in quale modo solo ad aprile inoltrato, viene il dubbio che si tratti di uno spot e non di una misura a favore dei nostri ragazzi. Fortunatamente abbiamo un dirigente ed un corpo docenti proattivo sempre pronto a recepire ogni novità, ma cosa sarà successo nelle altre scuole? Con dirigenti che spesso cambiano istituto velocemente ed insegnanti precari, pensiamo davvero che in questa estate molte famiglie potranno usufruire del progetto scuole aperte? Da noi si è deciso di puntare sul rafforzamento della socializzazione in questa estate, proprio perché impossibilitati a buttar giù un programma di attività completo, mentre prossimamente l’obiettivo sarà quello di rafforzare le competenze di base sia nella scuola primaria che in quella secondaria. Resta comunque un’idea lodevole che merita di essere portata avanti, nella speranza che i finanziamenti siano continuativi e la programmazione prenda il posto dell’improvvisazione.

Questo mandato del consiglio di istituto si è certamente caratterizzato per un’ottima collaborazione ed una ricerca di condivisione delle scelte prese quasi sempre all’unanimità, ma sul calendario dell’anno scolastico 2024/2025 ciò non è stato possibile. Talvolta ho l’impressione che il corpo docente, composto certamente anche da tantissime madri e padri, non riescano a fare i conti con le realtà familiari in continuo cambiamento. Sono ormai un numero esiguo i genitori che fanno un lavoro di ufficio con orari che consentano di essere presenti sia all’entrata che all’uscita di scuola e, anche quelli che ci riescono, sono comunque costretti a salti mortali che necessitano di programmazione. Ecco perché, quando è arrivata in consiglio la proposta dell’adattamento del calendario scolastico con l’aggiunta del ponte del 25 aprile alle vacanze di Pasqua 2025 (per un totale di quasi due settimane consecutive di vacanza), abbiamo deciso di far sentire il peso delle famiglie che rappresentiamo. Pur sapendo che votare in dissenso ad una decisione del corpo docenti avrebbe potuto generare qualche frizione, non abbiamo avuto altra scelta se non bocciare la proposta e decidere in un altro senso. Per le famiglie, che già hanno immense difficoltà a gestire i figli nei tre mesi abbondanti di vacanze estive, sarebbe stato impossibile oltreché incomprensibile avere un’altra pausa di quasi due settimane. La fortuna vuole che comunque, in questo consiglio, anche quando le decisioni vengono prese a maggioranza, il clima resta buona per la capacità di mediazione del dirigente e del presidente e per la volontà da parte di tutti di trovare sempre un terreno comune di confronto: ottime prerogative per fare un buon lavoro.

Alla prossima!

Un libro che merita di essere letto

Dopo mesi che non lo facevo per assenza di tempo ma anche di stimoli nei confronti di un libro che non fosse quello al quale ho collaborato, il mio collega Francesco, un altro malato di calcio purtroppo ormai disilluso, ha trovato il titolo giusto per farmi tornare a leggere con piacere.

Tifo La passione sportiva in Italia

Edito nel 2022 dalla casa editrice Il Mulino, di Daniele Marchesini e Stefano Pivato, è un lavoro che indaga in maniera piuttosto approfondita un fenomeno che è stato troppe volte sottovalutato, quello della passione sportiva nel nostro paese e lo fa senza limitarsi allo sport nazionale, il calcio, ma saltando dal ciclismo al pugilato con lo stesso approccio e la stessa misurata profondità. “Tifo” è un libro che mi ha fatto appassionare anche alla nascita dei primi stadi, dei primi luoghi di ritrovo tra appassionati, quegli sferisteri in cui ci si radunava per vedere dal vivo uno sport che ormai non esiste più, il pallone col bracciale, che già tra il Settecento e l’Ottocento richiamava migliaia di tifosi sugli spalti (se così li vogliamo chiamare): quegli sferisteri che poi diventeranno stadi, ring o velodromi per seguire da vicino il grande Torino, Primo Carnera o Coppi e Bartali.

Un inizio di libro esaltante che però poi non mantiene le promesse quando si passa ad analizzare l’utilizzo dei campioni da parte dei regimi che negli anni Trenta dominano tutta Europa. In questa sezione della pubblicazione ho trovato francamente debole l’approfondimento sociologico del fenomeno che resta limitato ad episodi conosciuti da tutti come l’utilizzo da parte del fascismo del gigante “bianco” Carnera o la contrapposizione, nel dopoguerra, tra Bartali e Coppi, tra il democristiano Ginettaccio ed il libertino Fausto che si accompagnò ad una donna già sposata. Manca purtroppo, ed è il difetto più importante del libro, un approfondimento sulla strumentalizzazione che ad esempio il regime fascista in Italia fece deliberatamente del mondo dello sport e della passione sportiva veicolata come un’arma a disposizione delle camicie nere per arruolare giovani leve in una folle rincorsa bellicista a quel ruolo di superpotenza che non arrivò mai. L’altra parte che sinceramente non mi ha convinto del libro è quella relativa al gossip sportivo; se da una parte il lavoro di Marchesini e Pivato sembra cercarne il distacco, dall’altra il pettegolezzo è presente in ogni affresco dedicato ai campioni ed alle grandi squadre del passato. Questa irrisolta diatriba tra racconto e retroscena, mina un po’ il lavoro di ricerca che per certi versi è invece entusiasmante. La parte dedicata ai dolori collettivi, con un’analisi doverosa del grande Torino, è uno spaccato di quello che dovrebbe essere il giornalismo sportivo, così come il ritratto di Vittorio Pozzo e di Tazio Nuvolari, due leggende italiane non solamente sportive.

“Tifo” resta insomma un titolo molto interessante che però mette forse troppa carne al fuoco rispetto alle pagine dedicate al libro: un excursus meritorio che avrebbe avuto probabilmente bisogno di una scelta più appropriata delle tematiche da trattare. Finito di leggere, si resta nell’amletico dubbio se sia stata un’occasione persa oppure uno stimolo per approfondire le parti più interessanti del libro.

Alla prossima!