Lo spettacolo “Boomers” di Marco Paolini è stato una piacevolissima sorpresa.
Al Teatro Romano di Fiesole, in una tipica serata estiva, non mi sono fatto scappare l’opportunità di vedere una rappresentazione che mi aveva molto incuriosito innanzitutto per il titolo. Avendo due figli, di cui uno di quasi 12 anni che ha ormai scoperto la tecnologia ed il telefono cellulare, mi sono accorto che il linguaggio con cui posso comunicare ha necessariamente bisogno di una rivisitazione. La velocità con cui cambiano le cose intorno a noi è a tratti spaventosa, ma il modo in cui molti le raccontano lo è ancora di più: ormai viviamo nell’età dell’immediatezza, del subito, ma soprattutto viviamo in un’epoca in cui qualunque tipo di racconto viene mediato da un mezzo di comunicazione on line. Nasce da qui l’esigenza di trovare la chiave di lettura, il canale di comunicazione per poter continuare a parlare ed a capirsi con i miei figli e con il loro mondo e l’apertura dello spettacolo mi ha confermato di essere nel posto giusto.
Tutto il testo infatti vive sulla constatazione che mentre i figli in passato, arrivati ad un certo punto della vita, entravano in contrapposizione con i propri genitori con istinti di ribellione, adesso alla stessa età si inizia ad ignorarli probabilmente proprio perché non ci sono più gli strumenti giusti per comunicare e per rimanere complici delle proprie esperienze. “Boomers” è un susseguirsi di risate, musica e momenti di riflessione che portano ad un’introspezione a tratti amara per la consapevolezza che, in questi tempi, non sempre riusciamo a capire ciò che ci succede intorno. Talvolta siamo spettatori o addirittura protagonisti involontari di una scena costruita da altri in cui e realtà sembrano due mondi incapaci di incontrarsi, di comunicare, di trasmettere sensazioni ed emozioni. Ecco allora che riuscire a tenersi in equilibrio sopra questa follia contemporanea è probabilmente l’unico modo per far sopravvivere il mondo in cui siamo nati e cresciuti all’interno di quello che invece altri stanno costruendo sopra di noi.
Proprio lo spettacolo di Marco Paolini, accompagnato dalla bravissima Patrizia Laquidara, ci restituisce un messaggio fortissimo in merito ai nostri ricordi che, probabilmente, restano gli ultimi pezzetti di vita vissuta in un mondo in cui la socializzazione viene ormai quasi sempre mediata da telefoni cellulari, pc, tablet, web. E’ compito di noi genitori, degli insegnanti, degli istruttori sportivi, di tutti coloro i quali hanno a che fare con i nostri ragazzi, cercare in tutti i modi di tenere viva l’integrazione che ognuno di noi può vivere in un bar, allo stadio, a casa di amici, ai giardini, in ogni luogo si riesca a comunicare con gli altri esseri umani esprimendo idee, concetti, emozioni, amori, sentimenti, toccandosi il volto oppure le mani, scambiandosi una carezza oppure un abbraccio o un bacio. Sono queste emozioni quelle per cui vale la pena vivere, ciò che di più bello può accadere in questa nostra vita che ci sfugge velocemente di mano spesso senza nemmeno accorgercene.
