Diario di un cassintegrato – parte diciannovesima

E’ stata una settimana difficile, psicologicamente una delle più difficili dell’ultimo anno.

La diminuzione dei giorni lavorati dopo i primi timidi segnali di ripartenza, hanno probabilmente risvegliato e riportato in superficie ansie e paure che negli ultimi mesi ero riuscito a governare. La rinnovata dimensione delle giornate vuote ha avuto un effetto da detonatore che sono comunque riuscito a gestire seppur con qualche difficoltà in più. Le lunghe passeggiate, le sedute di jogging stanno ormai diventando anch’esse un’abitudine, sicuramente piacevole, ma comunque ripetitiva e la sempre maggiori difficoltà di trovare qualcuno che condivida la tua situazione non migliora certo la situazione. Fortunatamente la cassa integrazione continua ad arrivare regolarmente e dunque posso ritenermi fortunato, ma l’aspetto psicologico inizia a pesare.

L’avvicinamento poi alla data del 30 giugno, quella in cui il governo Draghi farà decadere il blocco dei licenziamenti, non aiuta certo a rasserenare la situazione, ma alcuni studi usciti questa settimana mi fanno sentire meno solo. Secondo un’indagine del Censis svolta tra i lavoratori dipendenti, 4 milioni e quattrocentomila persone hanno paura di perdere il proprio lavoro e se sommiamo ad essi quelli che invece temono “solamente” di vedere il loro salario ridotto, si arriva all’incredibile cifra di 10 milioni di italiani…ripeto 10 MILIONI!!! Un sesto della popolazione di questo paese vive in preda a questo sentimento e giustamente che si fa? Si apre ai licenziamenti….idea geniale da parte di un governo che sarà certamente illustre, preparato, inattaccabile nei fondamenti, ma quanto ad empatia ed a lettura dei sentimenti del paese è tra i più freddi ed algidi che io abbia mai visto. Rispetto al Premier Draghi ed a Franco (per chi non lo sapesse è il Ministro dell’Economia), anche Mario Monti era un trascinatore di popoli! E poi ci si domanda perché gran parte del Paese ha nostalgia del precedente Presidente del Consiglio? Seppur con tutte le sue inadeguatezze, con tutte le sue esagerazioni comunicative di conferenze stampa che cadevano sempre nell’ora di punta, Conte aveva la capacità di farci sentire comunità, di essere comunque guidati, di essere rassicurati. Tutte cose che per l’attuale premier Draghi sembrano inutili orpelli.

Nonostante qualche brutto pensiero, il lavoro su me stesso va avanti e sono ormai oltre la metà del corso di aggiornamento di Google (cioè questo). In aggiunta poi al lavoro che sto portando avanti sul blog, questa settimana sto partecipando ad una Challenge che si sta rivelando molto interessante. Negli ultimi mesi per svariati motivi, il mio utilizzo di supporti digitali, tra cui smartphone, tablet e PC è cresciuto a dismisura ed ha iniziato ad occupare anche dei momenti della mia giornata che invece dovrei dedicare alle altre persone oppure perché no a me stesso. Ecco allora che mi sono iscritto ad una Challenge (cioè ad una sfida) di Digital Detox, cioè ad una serie di comportamenti grazie ai quali si cerca di disintossicarsi dall’utilizzo ormai quasi compulsivo di questi mezzi digitali. Il semplice cambiamento di alcune abitudini quotidiane può farci riappropriare di momenti che normalmente spendiamo su internet, sui social, sulle chat. Togliere ad esempio tutta una serie di notifiche del telefono, smettere di appoggiarlo sulla tavola quando si pranza o si cena, non utilizzarlo più per leggere la sera prima di addormentarsi, aiuta a migliorare le interazioni con gli altri e la cura di sé stessi. In questi tempi in cui ormai tutto è mediato da un apparecchio, tornare a parlare con le persone senza farsi distrarre in continuazione dalle notifiche delle chat, è una bella boccata d’ossigeno. Vi consiglio di provarci! Vi piacerà!

Alla prossima puntata del diario!

5000 volte grazie!

Ieri sera, prima di andare a letto, ho aperto il sito e mi sono emozionato!

I numeri solitamente sono freddi, non raccontano nulla, non danno emozioni. Stavolta invece, non è assolutamente così. 5.000 (cinquemila!!!) persone hanno aperto il mio blog www.ilcornerdellungo.wordpress.com per leggere i miei pensieri, per riflettere con me, per commentare, interloquire, crescere insieme.

Cinquemila visualizzazioni in due mesi e mezzo per un sito fatto completamente da autodidatta (e magari si vede pure) con il mese di agosto nel mezzo. Mi viene in mente una sola parola: GRAZIE! Grazie davvero per questo senso di comunità che mi avete trasmesso e ci siamo trasmessi a vicenda. Il dialogo, il confronto, la conoscenza, sono gli unici antidoti alla violenza e rafforzano sempre la libertà di pensiero e di azione.

Nella speranza che, dopo aver messo un “mi piace” su Facebook facciate un giro sul blog per leggere i contenuti,  vi prometto che ci metterò tutto me stesso per tenere il blog aggiornato e per rispondere a tutti i vostri commenti!!

Dignità

Definizione: rispetto che l’uomo, conscio del proprio valore sul piano morale, deve sentire nei confronti di sé stesso. Così recita la Treccani se si cerca il significato del termine dignità. Tale parola è stata poi declinata in modi diversi in campo religioso, politico, economico, sociale. Ciò che non può però mai sfuggire a tale declinazione è che gran parte della dignità di una persona passa per la tranquillità economica e sociale. La libertà di poter fare determinate scelte grazie al proprio lavoro e grazie alla sicurezza che proviene dai propri diritti è probabilmente l’espressione più alta di dignità a cui si possa pensare.

Negli ultimi mesi della nostra vita, il Covid ha fortemente impattato sul concetto di dignità ed ha rimesso in discussione gran parte di quelle certezze che venivano date ormai per scontate negli ultimi anni. Le scelte politiche di continuare a tagliare e dunque a smantellare progressivamente la sanità pubblica, e di centralizzare sempre più servizi sanitari in strutture polifunzionali sono state, in questo periodo, sonoramente bocciate dalla storia. Lo Stato, grazie purtroppo alla gravissima emergenza che ha dovuto affrontare, è finalmente tornato ad investire nel personale sanitario e nelle attrezzature necessarie alla cura delle persone e, nel contempo, ha riscoperto la fondamentale importanza della medicina territoriale.

Nondimeno la dignità delle persone è stata colpita nel mondo del lavoro. Sinceramente, fino a marzo 2020, solo pronunciare l’espressione “cassa integrazione” mi faceva rabbrividire, ma sembrava comunque una possibilità talmente lontana da non dover essere nemmeno presa in considerazione. Poi è arrivato il Covid e, con esso, il blocco totale del settore nel quale lavoro. Da espressione lontana, di cui sentivo parlare solamente in televisione, la cassa integrazione è diventata la mia realtà quotidiana con la quale fare i conti. Dapprima due settimane, poi un mese, poi due. E’ difficile poter spiegare come ci si senta quando di punto in bianco si passa da avere obiettivi quotidiani a non averne nemmeno settimanali. Quando si passa da avere una vita caotica ad una completamente vuota. Quando si passa da una vita che sembra un puzzle in cui dover incastrare responsabilità familiari, orari lavorativi e passioni imperiture, ad una vita in cui si cerca di avere alcuni impegni per riempire gli spazi di una pagina completamente vuota e bianca. E tutto ciò accade in 48 ore, senza preavviso, senza preparativi, senza manuale di istruzione.

Ecco a cosa serve lo Stato, ecco a cosa serve essere COMUNITA: la cassa integrazione, il reddito di emergenza, il reddito di cittadinanza, il bonus per le partite IVA, quello per i baby sitter e per i centri estivi, qualunque forma di sostegno economico in un momento come quello è sinonimo di DIGNITA. Dobbiamo smettere di dire che sono soldi pubblici gettati al vento che servono solamente per far stare i giovani (ed anche i meno giovani) sul divano. Chi si ritrova da un giorno all’altro senza lavoro, senza sostentamento economico, senza la tranquillità necessaria per dormire, è una persona fragile da dover aiutare, non da schernire. Si chiama SOLIDARIETA, parola ormai desueta e fuori moda che però dovremmo recuperare non solamente nei momenti di pandemia ma in ogni singolo momento del nostro percorso di vita. La dignità passa per prima cosa dal lavoro e non sempre chi non lavora lo fa perché non ne ha voglia, anzi tutt’altro.

Questa nuova realtà scaturita dalla pandemia con cui ci dobbiamo confrontare chiamerà però tutti ad un bagno di umiltà: l’ascensore sociale si è bruscamente fermato e, per la prima volta dalla seconda guerra mondiale in poi, la nostra generazione non sarà capace di migliorare la propria condizione economica-sociale rispetto a quella dei propri padri.

Tornerà insomma di moda la frase che ripetevano spesso i miei nonni:

“Tutti i lavori, anche quelli più umili, sono dignitosi a patto che siano onesti”.