Il talento – parte undicesima

Mentre la rubrica volge ormai al termine, i candidati alla Presidenza della F.I.G.C. non sono ancora stati molto chiari in merito ai propri programmi per il prossimo quadriennio. Il 22 febbraio le componenti federali saranno chiamate a scegliere tra Gabriele Gravina, Presidente uscente, e Cosimo Sibilia, Presidente della Lega Nazionale Dilettanti nonché attuale vice Presidente.

Come spesso accade le idee in merito al futuro dell’Ente che si andrà a presiedere in caso di vittoria, sono oscurate dalle lotte di potere che anticipano la scadenza elettorale. Dal basso di questo pulpito, vorrei segnalare che il Settore Giovanile e Scolastico negli ultimi anni ha perso quella spinta propulsiva che aveva reso possibile un cambio di paradigma culturale nel lavoro delle scuole calcio e dei settori giovanili delle società dilettantistiche. Tale slancio è stato appannato da scelte sbagliate soprattutto nell’organizzazione delle competizioni, poiché è poi la gestione dei campionati che indirizza il lavoro delle società.

Detto dell’errore in merito alle società professionistiche, passiamo adesso ad analizzare la filiera dei campionati nel passaggio dall’ultimo anno degli Esordienti (facente parte ancora della scuola calcio) al primo anno della categoria Giovanissimi (primo anno di settore giovanile). Dovete considerare che le differenze tra queste due categorie sono molteplici e dunque tratterò solamente le più importanti:

  • Nella categoria Esordienti i bambini sono impegnati a giocare con squadre composte da 9 bambini mentre in quella successiva si inizia a disputare gare di calcio a 11
  • Nel nuovo campionato, Giovanissimi B, si introduce la figura dell’arbitro ufficiale con tutte le regole del “calcio dei grandi”: dunque oltre al fuorigioco, anche la presenza di cartellini gialli e rossi di cui troppo spesso si sottovaluta l’impatto emotivo e psicologico
  • Nella categoria Esordienti si giocano 3 tempi, mentre nei Giovanissimi se ne giocano 2
  • Nell’ultimo anno di scuola calcio (Esordienti) è obbligatorio far giocare tutti i bambini per almeno un tempo intero, mentre nella categoria Giovanissimi quest’obbligo scompare e dunque ci possono essere alcuni bambini che stanno tutto il tempo in panchina a guardare gli altri giocare.

Come si può evincere da quanto detto, è facilmente comprensibile come la competitività del nuovo campionato sia immensamente superiore rispetto a quello precedente. Credo che sia giusto iniziare a questa età (12 anni) con dei campionati veri e propri in cui siano presenti risultato e classifica poiché prima o poi i bambini devono essere messi davanti a quella competizione che poi sarà amica fedele in tutta la loro vita. Ciò che però trovo profondamente sbagliato è inserire, già nella categoria Giovanissimi B, oltre a risultato e classifica, le promozioni e le retrocessioni. In questa fascia di età infatti, l’annata è suddivisa tra il cosiddetto girone di merito (c’è chi lo chiama di prima categoria) ed i gironi “normali”. Chiaramente, alla fine dell’anno, ci sono delle squadre che retrocedono dal girone di merito o che in esso vengono promosse. Lo scalino tra il campionato Esordienti e quello dei Giovanissimi B così strutturato, mi sembra sinceramente troppo grande!

Si passa da un calcio a 9, senza arbitri né cartellini, senza risultati finali né classifiche a fine stagione, ad un calcio a 11 che scimmiotta in tutto e per tutto il calcio dei grandi. Io continuo a pensare, e non da oggi, che la prima categoria in uscita dalla scuola calcio debba essere una palestra che accompagni i bambini a diventare adolescenti non solo nella vita ma anche nello sport. Se invece li mettiamo di fronte a questo burrone subito, rischiamo di perderne tanti. Come si sentirà il bambino/adolescente che fino a ieri giocava ogni domenica e non aveva lo stress del risultato, quando appena qualche settimana dopo può passare mattinate intere a vedere giocare gli altri o magari essere rimproverato per aver fatto perdere una partita alla propria squadra?

Non sarebbe meglio passare da una categoria cuscinetto, in cui si introduce il cosiddetto calcio vero con risultati e classifiche ma si evitano almeno le promozioni e retrocessioni? Non basterebbe finire la stagione con delle finali, premiare i vincitori senza mortificare le squadre (e dunque i bambini) meno bravi?

Purtroppo non è la sola strada sbagliata intrapresa negli ultimi anni, ne vedremo altre al prossimo appuntamento!

Il talento – parte decima

Dopo aver fatto una carrellata, spero esauriente, sulle trasformazioni positive intervenute nel settore giovanile e scolastico e nella gestione delle scuole calcio fino alla prima decade degli anni 2000, passiamo a parlare di quanto successo negli ultimi anni.

Il grande spartiacque che determina un cambiamento filosofico e culturale nell’indirizzo del Settore Giovanile e Scolastico, è la riforma con la quale si viene a creare “lo sportello unico” per le società tra LND e SGS (https://www.lnd.it/it/la-lnd/storia). La riforma ha tantissimi aspetti positivi per le società che si trovano di fronte finalmente un solo erogatore di servizi ed un unico riferimento con il quale rapportarsi grazie al quale vengono a mancare inutili doppioni. Da tale unione però, viene meno la forza propulsiva di idee e di investimenti del Settore Giovanile e Scolastico stretto tra la Lega Nazionale Dilettanti che detiene la sola organizzazione dei campionati e la FIGC che, non avendo digerito la nuova gestione, non ha più intenzione di investire sulla formazione e sulla cultura del territorio. In questo modo, in pochi anni, si blocca completamente l’evoluzione del rapporto tra calcio e scuola (ancora oggi moltissimi progetti sono quelli dei primi anni 2000), ed anche all’interno delle scuole calcio viene sempre meno la capacità di innovazione e di rinnovamento sia delle persone, che delle metodologie di allenamento. Tale impoverimento permette a vecchi vizi e stereotipi di riaffiorare e di reintrodursi all’interno delle scuole calcio.

Fortunatamente ci sono ancora validissimi tecnici federali che si fanno in quattro per non soccombere, ma il vento è decisamente cambiato. Ci sono diversi campanelli d’allarme che sono suonati ormai da anni ma che molti fanno finta di non vedere. Il primo, che secondo me è la fotografia più nitida dell’inversione di tendenza, è la possibilità di far iscrivere le squadre professionistiche nelle categorie più basse della scuola calcio. E’ ormai considerato normale che, ad esempio in Toscana, le squadre di quartiere della categoria Pulcini (8-10 anni) debbano misurarsi con Fiorentina, Empoli, Livorno etc, con queste ultime che sono già selezioni di bambini che vengono anche da fuori provincia. Tale facoltà ha diversi aspetti assolutamente negativi: innanzitutto i bambini iniziano a trascurare ciò che sarebbe più importante in questa fascia di età, cioè la scuola ed il divertimento, ed inoltre le piccole società si vedono sottrarre i bambini più bravi già in tenerissima età senza che ad esse sia corrisposto alcunché. Trovo sinceramente indecente che tutto ciò sia permesso prima dell’ultimo anno di esordienti (12 anni) che reputo essere il momento giusto per far formare alle società professionistiche le prime squadre. Non ci dimentichiamo che, secondo gli ultimi studi, 1 bambino ogni 40.000 (ripeto uno su QUARANTAMILA!!!) diventa professionista (quindi si parla anche di serie C non solo di idoli strapagati), e spessissimo i bambini che entrano nelle società professionistiche precocemente sono anche i più a rischio abbandono perché, mancandogli il divertimento e la vita normale fuori dal calcio, si stufano prima degli altri se non arrivano a certi livelli. Basti pensare che un bambino di 8 anni in una società professionistica si allena 3 volte la settimana (spesso lontano da casa), più la partita del weekend.

Negli anni il tema è stato dibattuto più volte e le società dilettantistiche si sono fatte sentire, ma la toppa che è stata messa non è assolutamente sufficiente. La soluzione trovata, è stata quella di far giocare i bambini delle società dilettantistiche contro i bambini delle professionistiche di un anno più piccoli. Quindi se la squadra di quartiere gioca con i nati nel 2011, le professionistiche giocheranno con i 2012. Tale espediente è stato pensato per rendere le partite più equilibrate, ma ha creato altri due problemi. Innanzitutto le società professionistiche hanno iniziato a prendere i bambini di un anno più piccoli, e poi le gare vengono giocate con molta più animosità perché i bambini (e soprattutto gli allenatori) con la maglia viola, azzurra o granata, non accettano nemmeno lontanamente l’idea di poter perdere o pareggiare con le squadre “da giardini”.

Ma per i professionisti i favori non sono finiti: pensate che esiste anche il campionato esordienti professionisti. Aldilà dell’evidente ossimoro esistente nella dicitura “esordienti professionisti”, essendo questa una categoria della scuola calcio NON HA SENSO DI ESISTERE!! O è scuola calcio, o è professionismo….i due concetti insieme non possono stare!!! Volete dire alle squadre professionistiche ed ai loro allenatori che la partita non ha risultato? Che lo scopo della gara è dimostrare ciò che hanno imparato in settimana senza badare al risultato? L’unico aspetto positivo è che giocando fra di loro, le piccole squadre di quartiere non rischiano di imbarcare goleade controproducenti, ma per il resto proprio non ci siamo!

Nel prossimo appuntamento poi, vedremo che tali indirizzi purtroppo non esistono solamente tra le società professionistiche ma purtroppo, seppur con un peso decisamente minore, anche nei campionati di settore giovanile a cui partecipano le società dilettanti. Alla prossima!!