In tanti ne parlano, ma siamo sicuri di aver capito cosa sta succedendo? Il contributo di Simone Pesucci, mio amico e spalla nel podcast “Barlungo con Simone”, ci offre una lettura a tutto tondo del fenomeno dei dazi: economico, borsistico, politico.
Nelle ultime settimane tutto il mondo si è fermato attorno al giro di giostra sfrenato avviato dal Presidente degli Stati Uniti Donald Trump.
Tutto ruota attorno al lancio, l’applicazione e poi la revoca dei dazi applicati alle merci importate negli USA e provenienti da quasi tutto il mondo.
Si ma fermiamoci un istante: cosa sono i dazi?
Il dazio, che nel medioevo si chiamava gabella, è uno dei più antichi strumenti economici per gestire e livellare il flusso di merci da uno stato ad un altro. In pratica, per tutte le merci in entrata il paese applica una tassa che dovrebbe servire da un lato a compensare le mancate tasse che la società importatrice non gli deve (perché produce e lavora in altro stato) e dall’altro a ribilanciare il costo di tali merci con quelle prodotte internamente, così da proteggere il proprio mercato e dunque la produzione e i suoi lavoratori. Da questo punto di vista, l’idea di fondo di Trump non è nuova né sbagliata: aumento i dazi delle merci in entrata per scoraggiare l’acquisto dall’estero e per scoraggiare inoltre la produzione interna a delocalizzare, con l’obiettivo di riportare a casa fabbriche e forza lavoro.
E’ un concetto però semplicistico: il sistema economico infatti ormai vive da decenni la globalizzazione (che pure non è affatto esente da critiche) e conseguentemente ha sfruttato i vantaggi fiscali o il costo di mano d’opera di altri paesi per aumentare la produzione, i ricavi e quindi rispondere anche all’alta domanda di quel bene. Una contrazione improvvisa, se da un lato, appunto semplicisticamente, appare una soluzione per far virare le aziende e farle tornare a produrre a casa, dall’altro rischia di danneggiare tutta la filiera produttiva e quindi paradossalmente anche la parte di società che vive e lavora all’interno dello stato. Senza poi considerare le ripercussioni sul mercato azionario!
Ma torniamo un attimo indietro: se non lo ha fatto per questo motivo semplicistico, allora perché Trump ha messo i dazi? Il mercato azionario, dopo l’annuncio dei dazi ha reagito malissimo virando immediatamente verso la recessione. Lo scenario però – ove Trump avesse quindi pensato di mettere i dazi per questo scopo – è il seguente: il mercato crolla e la Federal Reserve (la Banca centrale americana) si trova costretta ad abbassare i tassi di interesse (altra battaglia della campagna elettorale trumpiana) e conseguentemente il debito degli Stati Uniti diminuisce. Mi spiego meglio: gli USA si finanziano grazie all’emissione di titoli di stato (lo facciamo anche noi, con i nostri BTP) che ovviamente vanno restituiti con gli interessi agli investitori: ad oggi gli USA hanno 7000 miliardi di debito in scadenza. Se dunque la Federal Reserve abbassa i tassi, gli Stati Uniti riescono a vendere titoli di stato pagando meno interessi. Quindi, un obiettivo di Trump è anche quello di poter collocare i titoli di stato con un tasso di interesse minore, andando a ridurre il debito complessivo USA.
Ma perché la Federal Reserve dovrebbe abbassare i tassi? Negli Stati Uniti, il 62% dei cittadini investe in Borsa e per loro è la principale fonte di investimento, ad alto rischio ma anche ad alto rendimento. Non solo investono direttamente, ma lo fanno anche tramite i grossi fondi. E ricordo che fondi pensione e assicurazioni in USA sono privati e tutti investono nel mercato finanziario. In caso di recessione dunque, tutti questi fondi sono a rischio e la Banca Centrale non può permetterselo (e questo spiega anche perché nessuno in USA è stato contento dell’applicazione dei dazi, neanche i sostenitori di Trump): quindi la Federal Reserve abbassa i tassi per compensare il crollo del mercato azionario.
Ma a questo punto, al culmine dell’operazione, Trump comincia, tramite il suo account social, a dare un segnale inverso: parla di ottime opportunità di investimento per chi volesse farlo (e ovviamente si riferisce proprio ai titoli di stato USA, che con la recessione costano poco ma non solo: anche il resto del mercato azionario USA, che ha subìto un crollo, potrebbe risalire a breve). Il solo messaggio è sufficiente, seppur per pochissime ore, a far risalire il mercato, finché non circola la notizia che si tratti di una fake news. Quindi per poche ore il mercato risale per poi precipitare di nuovo: a questo punto si apre l’asta per piazzare i titoli di stato USA e guarda caso c’è il tutto esaurito… Vengono venduti velocemente tutti! Tutti comprano tranne la Cina, che tradizionalmente invece investe molto in USA. A questo punto Trump annuncia la revoca dei dazi per 90 giorni a tutti tranne che verso la Cina.
Il mercato risale e chi ne ha approfittato, ci ha guadagnato. Ecco perché esiste il sospetto che Trump abbia volutamente manipolato il mercato azionario per fare quantomeno “un regalo” a chi ha investito nei suoi titoli di stato. E questo sospetto ha un nome: si chiama Insider Trading e viene pronunciato subito dai banchi dei parlamentari democratici al parlamento americano. Cosa si intende per insider trading? Questa tecnica consiste nella compravendita di titoli azionari sfruttando informazioni riservate e significative riguardanti una società quotata. Un insider, in questo contesto, è chi ha accesso a tali informazioni privilegiate (ad esempio, non si riferisce a Trump o a chi ha approfittato dell’informazione sui dazi per comprare prima di un rialzo).
Negli Stati Uniti l’insider trading non è sempre illegale. Se dirigenti, amministratori o azionisti rilevanti seguono specifiche regole di trasparenza, tale attività può essere considerata lecita. Gli individui sono tenuti a registrare ogni transazione presso la Securities and Exchange Commission (SEC) attraverso dichiarazioni preventive, che sono poi disponibili al pubblico nella banca dati Edgar della SEC. Diventa invece illegale quando qualcuno sfrutta informazioni riservate non rese pubbliche per ottenere profitto sui mercati. Non è necessario che la persona sia un dirigente aziendale, anche un conoscente occasionale può essere perseguito se agisce basandosi su informazioni ottenute in modo improprio.
Negli Stati Uniti, l’insider trading è soggetto a sanzioni sia civili che penali da parte della SEC e del Dipartimento di Giustizia con le sanzioni civili che possono includere multe fino a tre volte il guadagno realizzato o la perdita evitata, oltre alla restituzione dei profitti illeciti. Inoltre, possono essere imposte ingiunzioni che vietano ai colpevoli di ricoprire ruoli di vertice in aziende quotate, anche in modo permanente. Sul fronte penale, l’insider trading può comportare pene detentive fino a 20 anni per ogni violazione, a seconda della gravità e di eventuali precedenti. Le multe possono raggiungere i 5 milioni di dollari per gli individui e i 25 milioni per le aziende. Ma in realtà contro Donald Trump l’accusa è anche peggiore: perché qui si parla di Market Manipulation ovvero consapevole alterazione del mercato che può esprimersi in varie forme ma è sempre perseguibile sia civilmente che penalmente negli USA. Ecco quindi che l’ultima settimana che ha visto questa enorme e sfrenata giostra girata da Donald Trump, probabilmente avranno conseguenze che cominceremo a capire nei prossimi mesi.
Quel che è certo è che qualcuno si è arricchito enormemente in pochissimi giorni e non sono i piccoli risparmiatori, né i lavoratori delle aziende che producono in USA, né i suoi cittadini!

Nel famoso incontro con Zelensky Trump ha dato prova di una compostezza insospettabile. Prima ha cercato di far ragionare Zelensky con tutta la calma di cui era capace; poi quando una giornalista ha cercato in tutti i modi di portarlo a parlar male di Putin Trump ha risposto: “Poniamo che io ti accontenti, e che io dica che Putin è il peggior uomo sulla faccia della Terra. Se io faccio questo, poi quando lo chiamo e gli dico “Ehi Vladimir, cosa facciamo con l’Ucraina?” lui mi riattacca il telefono in faccia dopo un secondo”. In quella circostanza ho avuto l’impressione che Trump, dopo essersi a lungo distinto per i suoi discorsi roboanti, con la vecchiaia avesse messo giudizio, e avesse imparato l’arte della diplomazia e della moderazione.
Quest’impressione è stata clamorosamente smentita con la faccenda dei dazi. Non tanto per il provvedimento in sé (che può essere giusto o sbagliato, ma non dice nulla sulla ragionevolezza di una persona), quanto piuttosto per la conferenza stampa in cui l’ha difeso: in quell’occasione ha detto che non solo l’economia americana non sarà danneggiata dai dazi, ma anzi ci sono tanti premier esteri che fanno la fila per baciargli il culo. Parlare pubblicamente in questo modo delle persone con cui hai dei rapporti d’affari è il modo più sicuro per far sì che quei rapporti d’affari vengano troncati all’istante. E’ incredibile che Trump, nato proprio come businessman, abbia disimparato questa regola fondamentale. Probabilmente perché a forza di stare in una posizione di comando si è abituato a pensare “Sono gli altri che devono piacere a me, non io che devo piacere agli altri”. Può funzionare così quando Trump si rapporta al maggiordomo della Casa bianca, ma non quando si rapporta ad un premier estero.
Sorge spontanea una domanda: come mai Trump è stato così pacato con Zelensky e così spericolato nella conferenza stampa sui dazi? La spiegazione più semplice è che in una delle 2 occasioni si è scordato di prendere le medicine: a te ne viene in mente un’altra?
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Molto semplicemente perché Trump è un mercante al Quale non interessa assolutamente chi sia l’aggressore e l’aggredito ma solamente fare affari con la Russia. A lui interessano i soldi ed il business… né i diritti umani né le libertà personali né la sovranità territoriale. Solo i soldi.
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Il desiderio di accumulare sempre più soldi e beni materiali (quello che il nostro Dante chiama cupidigia) è un sentimento che non ho mai capito. A maggior ragione quando a provarlo è un uomo che ha già accumulato più soldi di quanti potrà mai spenderne. Io al contrario sono molto meno ricco di lui, ma non ho bisogno di una Lamborghini o di una villa con piscina per sentirmi realizzato: mi basta avere davanti una bella amatriciana e sono già contento come una Pasqua! 🙂
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👏👏👏👏 esattamente così! Vedi perché ci intendiamo? 😜
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