Revoca ni

Dopo alcuni giorni dalla chiusura della trattativa, è giunto il momento di approfondire i punti salienti relativi all’accordo trovato tra governo ed Autostrade in quella che è stata una delle transazioni più dure degli ultimi anni. Come sempre succede in Italia, tutti si dichiarano vincitori: chi voleva la revoca (Movimento 5 Stelle e Liberi e Uguali), chi ha sempre voluto mantenere i Benetton al timone (Italia Viva e parte minoritaria del Partito Democratico), chi è stato al governo con lo stesso premier di adesso ma non è riuscito a sbrogliare la matassa ed adesso dall’opposizione bombarda continuamente (la Lega di Salvini), chi ha firmato la concessione vigente ma sembra non ricordarlo (Forza Italia e Meloni). Il nostro obiettivo non è però assegnare la palma di vincitore, quanto quello di cercare di approfondire le problematiche relative al nuovo accordo ed allora ho cercato, con l’aiuto dei quotidiani, di selezionare i punti salienti dell’accordo provando ad entrare nel merito.

Punti relativi alla transazione


– la prima decisione che emerge dall’intesa è relativa alle misure compensative dovute ai mancati controlli ed alle inadempienze del concessionario: queste sono ad esclusivo carico di Aspi per un importo complessivo di 3,4 miliardi di euro. La penale relativa al crollo del Ponte di Genova ed ai mancati investimenti per la riqualificazione e l’ammodernamento della rete, viene dunque pagata interamente dal concessionario senza possibilità transattiva;
– differentemente da quanto affermato fino a poche ore prima dell’inizio del vertice decisivo, Aspi ha accettato anche la riscrittura delle clausole della convenzione al fine di adeguarle all’articolo 35 del decreto-legge “Milleproroghe” (decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162); obiettivo questo di fondamentale importanza per il governo perché con tale impegno il concessionario accetta esplicitamente la riduzione della penale da 23 a 7 miliardi di euro in caso di revoca unilaterale del contratto;
– nell’ottica di un miglioramento della sicurezza della rete autostradale, con il nuovo accordo si sottoscrive l’impegno per il rafforzamento del sistema dei controlli a carico del concessionario; 
– si procede poi ad individuare un aumento delle sanzioni anche in caso di lievi violazioni da parte del concessionario;
– altro punto a favore del governo, il concessionario rinuncia a tutti i giudizi promossi in relazione alle attività di ricostruzione del ponte Morandi, al sistema tariffario, compresi i giudizi promossi avverso le delibere dell’Autorità di regolazione dei trasporti (ART) e i ricorsi per contestare la legittimità dell’art. 35 del decreto-legge ‘Milleproroghe’;
– nonostante poi una forte resistenza, il concessionario accetta anche la disciplina delle tariffe introdotta dall’ART con una significativa moderazione della dinamica tariffaria. Si dovrebbe quindi assistere ad una riduzione del costo dei pedaggi non appena reso esecutivo l’accordo sottoscritto.


Punti relativi all’assetto societario del concessionario


L’accordo si rivolge anche a quello che sarà il nuovo contenitore che dovrà gestire la fase di passaggio e non solo. In vista della realizzazione di un pesantissimo piano di manutenzione e investimenti, contenuto nella stessa proposta transattiva e resosi necessario per le inadempienze degli ultimi anni, Atlantia S.p.a. e Aspi si sono impegnate a garantire:
– l’immediato passaggio del controllo di Aspi ad un soggetto a partecipazione statale (Cassa depositi e prestiti), attraverso la sottoscrizione di un aumento di capitale riservato da parte di Cdp e l’acquisto di quote partecipative da parte di investitori istituzionali;
– la cessione diretta di azioni Aspi ad investitori istituzionali di gradimento di Cassa depositi e prestiti, con l’impegno da parte di Atlantia a non destinare in alcun modo tali risorse alla distribuzione di dividendi; tale clausola è stata inserita dal governo per non permettere ad investitori che negli ultimi anni hanno creato profitti senza ottemperare a tutte le clausole contrattuali, di intascare parte dei soldi che arriveranno alla società concessionaria nella fase intermedia;
– successivamente all’entrata di Cassa depositi e prestiti nella società, si procederà alla scissione proporzionale di Atlantia, con l’uscita di ASPI dal perimetro di Atlantia e la contestuale quotazione di Aspi in Borsa. Gli azionisti di Atlantia valuteranno la smobilizzazione delle quote di Aspi, con conseguente aumento del flottante. In alternativa, Atlantia ha offerto la disponibilità a cedere direttamente l’intera partecipazione in Aspi, pari all’88%, a Cdp e a investitori istituzionali di suo gradimento. Tale ulteriore passaggio, permetterà al governo di centrare un altro obiettivo, cioè quello di far sì che la famiglia Benetton abbia una quota massima del 10-12% delle azioni, quota però insufficiente a poter entrare nel Consiglio di Amministrazione. Non siamo dunque di fronte ad una vera e propria revoca, ma la famiglia trevigiana non avrà più alcun tipo di controllo sulle autostrade italiane.

E’ chiaro dunque che la trattativa serrata portata avanti dal governo ha avuto un primo risultato: mettere il concessionario di fronte alle proprie responsabilità ed accettare tutta una serie di regole restrittive relativamente alla concessione e non solo. Resta da capire se la soluzione adottata per far uscire la famiglia Benetton ed ASPI dalla gestione di Autostrade funzionerà. Una volta che Cassa depositi e prestiti sarà entrata nel capitale della società, diventeranno fondamentali le scelte aziendali che dovranno restituire smalto e credito al concessionario per poi sbarcare in borsa come una vera e propria public company. Una volta tanto verrà messo alla prova il sistema paese, le proprie competenze e le proprie risorse.

Non so chi ha vinto e chi ha perso in questa battaglia e sinceramente nemmeno mi interessa, quello che si può sicuramente dire è che le nuove regole della concessione sono più equilibrate e non sono più fortemente sbilanciate a favore del concessionario. Uno Stato più presente nella gestione dei beni pubblici grazie anche a maggiori controlli nei settori strategici, è una buona notizia per chi vuol bene al nostro paese.

Revoca si, revoca no

E’ difficile cercare di essere sintetici quando si parla di una situazione così ingarbugliata come le concessioni autostradali. Dopo interminabili proposte, controproposte, trattative più o meno sotterranee, si avvicina sempre di più il momento della decisione finale rinviata già troppe volte. La questione è infatti aperta da quasi due anni, da quel maledetto 14 agosto 2018 in cui il Ponte Morandi crollò come un castello di carte. In quella tragedia morirono 43 persone ed ai deceduti ed alle rispettive famiglie, lo Stato deve assolutamente dare un risposta. Mentre la magistratura sta portando avanti il proprio lavoro in ambito penale, una cosa è stata chiara fin dai primi rilievi effettuati: la manutenzione e la tenuta in sicurezza del ponte è stata vergognosamente carente e su questo non ci possono essere dubbi.

La questione della possibile revoca delle concessioni autostradali è tornata prepotentemente in primo piano negli ultimi giorni e la causa scatenante, come spesso accade, è un puro pretesto: la decisione di affidare la gestione del nuovo ponte ad Autostrade è stata pressoché automatica perché nell’ordine delle cose. La  nuova struttura costruita a Genova infatti, per poter essere aperta al traffico a fine mese, ha chiaramente bisogno di essere regolamentata da una concessione. Poiché al momento è ancora vigente l’accordo con i privati la cui maggioranza è in mano ai Benetton, automaticamente la gestione del ponte è stata affidata a loro. Se si fosse scelto in modo diverso, il governo si sarebbe mosso in deroga alla concessione, con il rischio di ricorsi pressoché certi ed il ponte non sarebbe stato messo a disposizione dei genovesi nei tempi previsti e per chissà quanto tempo ancora. Tale affidamento però, ha scatenato un vespaio di polemiche rimettendo al centro della scena la questione della revoca della concessione.

La trattativa a quel punto è ripartita, con una nuova proposta dei concessionari e con le successive durissime dichiarazioni del premier Conte. La questione sembra però prevalentemente politica, una battaglia di principio tra forze di governo che vogliono piantare una bandierina da esporre ai rispettivi elettorati di riferimento: Movimento 5 Stelle e Liberi e Uguali sono per la revoca della concessione, Italia Viva è contraria mentre il Partito Democratico resta nel mezzo cercando di mediare ma con il gruppo dirigente che non riesce ad avere una posizione univoca a fianco degli uni o degli altri. Qualunque sarà la decisione finale del governo, probabilmente questa avrà degli effetti sugli equilibri interni alla maggioranza ed avrà degli strascichi anche al di fuori di essa. La revoca della concessione infatti, aprirebbe contenziosi lunghi e rischiosi per lo stato anche se grazie all’approvazione dell’ultimo decreto Milleproroghe il risarcimento dovuto ai concessionari in caso di risoluzione unilaterale del contratto è stato portato da 23 a 7 miliardi di euro, comunque un bel fardello. Secondo il premier Conte ed i sostenitori della revoca però, tale indennizzo non è dovuto poiché le mancanze e le colpe di Austostrade sono tali da giustificare tale azione. Gli stessi fautori della linea dura poi, si fanno forti anche della sentenza della Corte Costituzionale, arrivata pochi giorni fa, che ha dato ragione al governo che aveva estromesso Aspi e dunque i Benetton dalla ricostruzione dello ponte di Genova appena crollato. La situazione, già intricata di per sé sia dal punto di vista giuridico che politico, ha anche possibili ripercussioni economiche: negli ultimi giorni, il fondo Atlantia ha perso gran parte della propria capitalizzazione poiché gli investitori hanno venduto molti titoli sul mercato azionario spaventati dalla possibile azione di revoca del governo italiano. Un forte detrimento patrimoniale, potrebbe dunque portare al fallimento di Autostrade con la conseguente perdita di migliaia di posti di lavori e l’azzeramento del valore delle azioni di migliaia di piccoli risparmiatori.

La situazione è dunque intricatissima e difficile da sbrogliare poiché investe tanti interessi e tante persone.  Ciò che è assolutamente certo è che questa battaglia potrebbe però rappresentare un punto di svolta: per la prima volta si potrebbe (anzi si dovrebbe) far pagare dazio a chi ha sbagliato. Non è possibile che per anni ci siano stati aumenti tariffari e dunque incrementi spropositati dei profitti da parte di Autostrade senza che questi si siano trasformati in un miglioramento della qualità del servizio e soprattutto in AUMENTO DELLA SICUREZZA. Il contratto di concessione prevede che gli aumenti dei pedaggi, nella parte eccedente l’inflazione, debbano servire anzitutto per migliorare i controlli e dunque la sicurezza autostradale.

E’ lecito dire che in questo caso non ci sono stati né controlli, né gli investimenti necessari a tutelare la salute pubblica? Assolutamente si!!

Possiamo dire che una volta tanto sarebbe un grande segnale estromettere dalla gestione di un bene pubblico quelle persone e quelle aziende che sono colpevoli di quel disastro e quelle vittime? Assolutamente si!!

La politica, e più in generale la vita pubblica, è fatta anche di segnali e messaggi: per una volta si potrebbe dimostrare che, anche in Italia, chi sbaglia paga e si deve assumere le proprie responsabilità. In un paese in cui, solamente rimanendo agli ultimi anni, abbiamo dovuto convivere con la strage alla stazione ferroviaria di Viareggio, con il rogo della ThyssenKrupp, possiamo chiedere una volta un segnale in controtendenza?

Possiamo dire che non ne possiamo più dell’impunità dei potenti?

Spetta poi alla politica trovare la soluzione per gestire le criticità di una tale situazione ed interpretare un sentimento condiviso da più parti. La politica è l’arte del compromesso nel senso più alto e nobile del termine. Ciò che è sicuro è che non possiamo più tollerare che simili disastri si ripetano senza che i responsabili ne paghino le giuste conseguenze. Nello stesso tempo, in un momento di crisi economica come questo, non possiamo nemmeno distruggere centinaia di posti di lavoro e far azzerare il valore delle azioni in mano a tanti risparmiatori.

Revoca? Subentro? Indennizzo? Ancora pochi giorni e sapremo….. almeno si spera!!!