Appunti sparsi dal mondo della scuola (ultima parte)

Siamo giunti al termine del mandato da rappresentante del consiglio d’istituto.

Sono stati tre anni intensi, vivi, molto interessanti che mi hanno fatto crescere da tantissimi punti di vista, un’esperienza gratificante che consiglio a tutte quelle persone che hanno a cuore la crescita e lo sviluppo dei propri figli. Non sono necessarie competenze specifiche né titoli di studio, ma servono invece pazienza, entusiasmo, capacità di mediazione. Al termine di questo mandato, ho deciso a malincuore di non ricandidarmi, nonostante i tantissimi attestati di stima ricevuti, poiché (fortunatamente) i carichi di lavoro sono aumentati e dunque non avrei più il tempo necessario per fare le cose per bene; conciliare i tempi di vita con quelli familiari è sempre stato uno degli obiettivi della mia vita fin da quando con Claudia abbiamo deciso di avere figli ed avere il tempo necessario per Niccolò e Mattia indirizza da sempre le mie scelte.

E’ stato un percorso bellissimo che mi ha permesso di conoscere persone meravigliose che vivono per la scuola e per i nostri ragazzi, persone (insegnanti, personale della scuola ma anche genitori) che ricevono troppo spesso come unica gratificazione quella della serenità dei nostri figli nell’ambiente scolastico. Senza la passione e talvolta il senso di missione di queste persone, saremmo tutti più poveri non solo culturalmente ma anche dal punto di vista sociale.

Sono state tante le sfide di questi tre anni, dalla stesura del nuovo regolamento di istituto che ha mirato ad accompagnare le nuove esigenze delle studentesse e degli studenti, alla selezione di progetti più vicini ad un mondo che cambia così velocemente, dalla gestione dei fondi del PNRR alla risoluzione di tanti piccoli problemi che però si scontrano da sempre con una burocrazia allucinante, una burocrazia che non rappresenta però lo scoglio più grande: se dovessi individuare il nodo da risolvere al più presto infatti, denuncerei l’assenza di collaborazione, lo scollamento totale che talvolta esiste (nel nostro caso sicuramente) tra la parte amministrativa ed il resto della scuola. Un’assenza di coordinamento e di scambio di informazioni che mina alle fondamenta la possibilità di lavorare a pieno sugli obiettivi didattici, quelli ai quali si dovrebbe puntare per la crescita delle alunne e degli alunni.

La “battaglia” per la quale mi sono speso di più in questi tre anni è stata certamente quella per la rendicontazione e la pubblicizzazione del cosiddetto contributo volontario che i vari plessi annualmente chiedono ai genitori. Dal momento che la raccolta di questo contributo è divenuto sempre più difficoltoso sia per le condizioni economiche del nostro paese che per l’informatizzazione del meccanismo, diventa necessario far capire ai genitori quanto sia importante per la scuola poter contare su quei soldi. Risulta però necessario, per poter centrare l’obiettivo, comunicare a chi deve pagare che fine fanno quei soldi. Dopo tre anni, sono orgoglioso di dire che ogni plesso del nostro istituto comprensivo è in grado di raccontare ai genitori come sono stati spesi i soldi, quali progetti sono stati finanziati, come verranno impiegati gli introiti dei prossimi anni. Un aspetto ancora più importante se pensiamo che prestissimo la scuola non potrà più fare affidamento sui soldi del PNRR, soldi che hanno contribuito ad un rinnovamento eccezionale nelle aule e non solo.

Ecco dunque un altro aspetto da migliorare, la comunicazione tra scuola ed “utenza”: l’assenza di comunicazione non rende giustizia e merito al lavoro ed agli sforzi che quotidianamente tutti gli operatori del mondo della scuola mettono in campo per formare i cittadini di domani. Un tallone d’Achille che mina alle fondamenta la capacità da parte di tutti di conoscere e giudicare ciò che accade ogni giorno ai propri figli!

Chiudo infine con un auspicio per il futuro, un auspicio al quale avrei provato a lavorare se fossi stato in grado di candidarmi nuovamente: credo sia necessario che la scuola di domani si apra maggiormente al territorio, non abbia paura di contaminarsi con associazioni, esperti, professionisti che siano in grado di portare nelle aule i problemi della vita reale, dalla sicurezza stradale all’educazione affettiva, dall’utilizzo della tecnologia all’intelligenza artificiale. Una scuola che in questo modo riesca a parlare il linguaggio dei bambini e degli adolescenti, che sappia essere non solamente un centro di formazione ma anche di socializzazione e di aggregazione, una scuola che non resti con la testa rivolta all’indietro ma abbia i piedi ben saldi nel presente per poter immaginare il domani della nostra società.

Il buono, il brutto, il cattivo

JUVENTUS – FIORENTINA = 2 – 0

E’ stata una delle nottate più difficili degli ultimi anni, passata tra la delusione di una gara che non è mai veramente cominciata, e la speranza di un campionato in cui la Fiorentina ha ancora tutte le carte in regola per coronare il sogno Europa che sembrava una chimera all’inizio della stagione. Stavolta però, prevale nettamente l’arrabbiatura per una gara giocata sottotono nell’atteggiamento, sbagliata completamente nella formazione e nei cambi in corsa, dannosa nei messaggi lanciati alla squadra ed all’ambiente. In un momento stagionale in cui la Juventus aveva timore della compagine viola mentre quest’ultima volava sulle ali dell’entusiasmo, gli errori dei singoli, come Dragowski, e del tecnico di cui parleremo diffusamente qui sotto, non hanno consentito di coronare il sogno di una città. Adesso sarà assolutamente necessario che Torreira e compagni non accusino il colpo psicologico dell’eliminazione per ripartire dalla trasferta di Salerno con quel fuoco dentro che ieri sera sembrava improvvisamente scomparso.

IL BUONO

  • Martinez Quarta: dopo un lungo periodo di panchina, viene chiamato in causa per il forfait improvviso di Milenkovic e risponde presente. Non mostra la ruggine, riesce spesso ad anticipare sia Vlahovic che Morata e nel secondo tempo è il regista aggiunto quando la Fiorentina deve fare a meno di Torreira. Mostra grande personalità, non perde mai la testa. Se è nazionale argentino, ci sarà un motivo!
  • Igor: se qualcuno ancora nutrisse qualche dubbio sul difensore brasiliano, da ieri sera si ricreda. Nonostante giochi con un compagno di reparto diverso, resta praticamente insuperabile per gli attaccanti bianconeri. Lascia a Quarta le marcature preventive ed è impegnato maggiormente a scappare in profondità senza tradire. Pilastro.
  • Cabral: servito poco e male, si sbatte come un toro appena infilzato. Rischia di segnare due reti in una serata in cui non ha praticamente palloni giocabili in area di rigore. L’accelerazione da fermo con cui incenerisce due difensori bianconeri prima di scaricare la palla con potenza sui guantoni di Perin fa intravedere doti importantissime. Non resta che continuare a dare fiducia a Re Artù.

IL BRUTTO

  • Dragowski: nie chcę cię więcej widzieć!!! Per quei moltissimi, tra cui il sottoscritto, che non conoscono il polacco, significa “non ti voglio più vedere!!!”. Commette un’indecisione colossale che segna la partita della Fiorentina. Al netto della cervellotica decisione di Italiano di farlo giocare al posto di Terracciano, questo non lo autorizza a regalare il gol del vantaggio ai bianconeri ed a Bernardeschi, quello dei certificati medici in ritiro. Grazie a questa impresa, Dragowski si è meritato i miei imperituri insulti, come l’ottimo Sportiello che ebbe la grandissima idea di prendere rete su punizione sul suo palo proprio alla prima da ex viola del simpaticissimo nativo di Carrara. Spero Italiano mi regali la soddisfazione di vedere nuovamente il polacco passare sotto la Fiesole.
  • Vincenzo Italiano: inutile girarci attorno, il grande imputato è il tecnico viola. Era difficile riuscire a commettere tutti gli errori di ieri sera in una singola partita, ma ormai abbiamo capito che il nostro Mister non è un tipo da mezze misure. Cominciamo dalla formazione iniziale: l’idea di far giocare Saponara, Nico ed Ikonè insieme poteva anche avere un senso, ma la squadra avrebbe dovuto avere un altro atteggiamento, cioè meno passivo e più dedito al possesso palla. Inoltre avremmo dovuto impiegare Saponara nei tre nel mezzo e non Ikonè! Se abbiamo il miglior calciatore sull’esterno a destra (Nico Gonzalez), come penso di riuscire a fargli arrivare la palla nei tempi giusti se gioco con due mezze ali mancine e portatori di palla? Con Ikonè che controllava la palla sempre con l’esterno sinistro e si accentrava, la catena di destra diventava inesistente…come può non essersene accorto il Mister? La topica peggiore poi è quella relativa al portiere: ho sentito qualcuno dire che Dragowski ha giocato perché è il portiere di coppa ma all’andata ha giocato Terracciano!! Di che parlate? Si passa poi alla scelta di non rischiare Bonaventura ed Odriozola nemmeno per venti minuti in una gara da dentro-fuori pur avendo già altre assenze!! E non voglio infierire parlando di Callejon terzino destro che ci avrebbe fatto prendere una rete dopo 30 secondi dall’ingresso in campo ma è stato salvato dai centimetri del fuorigioco del francese. La verità è che anche per Italiano era la prima semifinale in carriera e sono convinto si sia reso conto degli errori fatti nella fase di preparazione della gara e nella scelta degli interpreti. L’errore però che adesso Firenze ed i fiorentini non devono commettere è quello di iniziare a far mancare quell’apporto e quell’amore che anche sabato scorso nella gara interna con il Venezia è stato riconosciuto come decisivo. Andiamo a prenderci l’Europa tutti insieme con Italiano al comando!

A domani con il Che si gioca!

Diario di un cassintegrato – parte venticinquesima

A grande richiesta (più o meno) torna la rubrica che ha fatto compagnia a me ed a tutti voi per quasi un anno!

Avevo promesso che sporadicamente avrei continuato a fare alcune riflessioni spero interessanti in modo da confrontarmi e, perché no, crescere grazie anche ai vostri commenti ed alle vostre idee. Nei mesi di pandemia e di sospensione dal lavoro, ho avuto modo di stringere nuove amicizie e coltivarne ulteriormente altre che ancora oggi mi fanno compagnia nella vita di tutti i giorni. La condivisione di quel periodo con persone come Leonardo ed Antonio restano la parte migliore di una parentesi tragica che spero sia chiusa per sempre! Ma proprio perché sono ancora miei compagni di viaggio, ho trovato nei loro racconti perfetta consonanza con ciò che sta accadendo anche a me adesso che sono rientrato nel vortice del lavoro al 100%.  Nei settori nei quali siamo impiegati, loro purtroppo ancora non a tempo pieno, la pausa forzata che abbiamo vissuto non è stata utilizzata come avevamo sperato: nessun aggiornamento, nessuna crescita professionale, nessun rafforzamento dei rapporti interpersonali all’interno dei luoghi di lavoro. Anzi, quando siamo rientrati ad ognuno di noi è stato chiesto qualcosa in più senza che fossimo preparati o fossimo preventivamente formati per svolgere il nuovo incarico.

La componente più difficile però, è stata ed è tuttora quella psicologica: rientrare nel vortice lavorativo dopo essere stati pressoché ignorati e dopo non aver visto i tuoi colleghi quasi continuativamente per un anno non è semplicissimo. Le persone con le quali lavori hanno maturato proprie riflessioni, proprie convinzioni non solamente in campo lavorativo ma anche e soprattutto relativamente a ciò che è successo negli ultimi 18 mesi. Dal green pass obbligatorio alla vaccinazione, dalle decisioni governative a quelle dell’azienda, dalla prevenzione del Covid nei luoghi di lavoro, all’uso della mascherina, ogni argomento è buono per dividersi, per dare una propria visione della problematica, per rimarcare la propria distanza dagli altri.

Ecco, rendersi conto di non essere più una squadra ma una somma di individui è probabilmente stato il pensiero dominante che ho avuto nelle prime settimane in cui sono rientrato al lavoro e non aver dato importanza al peso psicologico che ognuno di noi ha dovuto sopportare, credo sia l’aspetto più deludente e grave della questione.

Può mancare la riorganizzazione, si può rinunciare alla formazione permanente oppure anche alla routine quotidiana del recarsi al lavoro, ma ciò che non può mai mancare in un sano ambiente di lavoro è la cura dei rapporti interpersonali. Se non si ha un lavoro autonomo, dai momenti difficili si esce solamente insieme confrontandosi relativamente alle possibili soluzioni dei problemi. Senza questo, non se ne può uscire migliori, anche se tutti lo abbiamo voluto credere durante la pandemia!

Proprio per riflettere insieme in merito a tematiche sociali, economiche, politiche, per approfondire le decisioni governative o dei nostri amministratori locali, torna nelle prossime settimane il podcast del BarLungo con il nuovo compagno di viaggio Simone Pesucci. La gestazione è lunga, ma speriamo che il risultato non vi deluderà! Sarà un viaggio completamente diverso, un approfondimento su tematiche più o meno serie ma sempre legate all’attualità politica. Entro la fine del mese di ottobre si parte….State in campana!

Alla prossima!!!

Una partita difficilissima

Dopo la cocente delusione derivante dal pareggio interno contro il Brescia, la Fiorentina è chiamata a cercare un’impresa in trasferta. Contro una Lazio ferita dalla rimonta subita a Bergamo per mano dell’Atalanta, i viola affronteranno una compagine che non può più sbagliare se vuole continuare a sognare lo scudetto.

Sulla carta la gara si presenta quasi proibitiva, ma la squadra di Iachini potrebbe sfruttare degli oggettivi vantaggi derivanti dal calendario e non solo. I viola infatti hanno nelle gambe oltre 48 ore di riposo in più rispetto agli uomini di Inzaghi avendo giocato di Lunedì anziché di Mercoledì. Non dobbiamo poi dimenticare che la Fiorentina predilige giocare gare di rimessa contro le squadre che palleggiano molto e questo, unito alla maggiore freschezza, potrebbe essere la chiave di volta. I viola, con i propri attaccanti, potrebbe sfruttare gli errori biancocelesti in fase di impostazione per ripartire con veloci contropiede come già successo a Milano col Milan, a Parma con l’Atalanta o a Napoli. Perché ciò avvenga, sarà però necessaria una maggiore attenzione difensiva ed una migliore occupazione degli spazi in fase di non possesso rispetto alla gara interna contro il Brescia. I centrocampisti della Lazio sono mortiferi quando trovano gli spazi per verticalizzare: sarà necessario dare meno profondità possibile ai biancocelesti per lasciare poche occasioni da rete.

Ancora una volta Iachini si affiderà al 3-5-2 con i rientri di Milenkovic e Lirola al posto degli squalificati Caceres e Chiesa. Probabilmente Igor rimpiazzerà Ceccherini, mentre a centrocampo sembrano in ballottaggio per una maglia i redivivi Badelj e Benassi. Davanti probabilmente ancora spazio alla coppia Vlahovic – Ribery con la speranza che i 5 cambi a disposizione del mister gigliato siano sfruttati meglio e prima rispetto all’ultima occasione. La Lazio invece, fa la conta dei superstiti ma, seppur con le molte assenze, è in grado di mettere in campo una formazione meglio assortita e più forte tecnicamente dei viola. Basti pensare che la coppia Immobile – Caicedo ha fatto da sola più gol di tutta la Fiorentina (35 contro 33) e la qualità di Luis Alberto e Milinkovic Savic vale il prezzo del biglietto. I viola dovranno dunque cercare di tenere i ritmi alti e sfruttare l’oggettiva lentezza della retroguardia di Simone Inzaghi, pecca che è stata messa a nudo anche dagli attaccanti atalantini nella gara di Mercoledì.

Servirà una Fiorentina guerriera, con il coltello tra i denti e la bava alla bocca. Esattamente ciò che Beppe Iachini è sempre riuscito a trasmettere alle proprie squadre. Se poi anche la fortuna arridesse ai viola, si potrebbe davvero tentare l’impresa.