Diario di un cassintegrato – parte ventunesima

E come cantava Vasco, seppur con un significato diverso: “Io sono ancora qua….eh già!!”

Io sono ancora in cassa integrazione, uno dei pochissimi settori dove ci sono a giro gli untori visto che ormai quasi tutto è riaperto. Sento da più parti la fervente attesa del 26 Aprile, come se quest’anno la festa della Liberazione fosse stata posticipata di un giorno. Quasi tutta Italia in zona gialla, quasi tutti gli esercizi nuovamente aperti, finalmente i ristoranti che hanno spazi all’aperto in funzione anche a cena…vediamo se almeno così si potrà parlare anche di quei settori che non hanno potuto aprire nemmeno quando, durante la scorsa estate, loro lavoravano a pieno regime. Se poi si può evitare di occupare anche le autostrade, sarebbe cosa gradita!

La ripartenza dunque, il riavvicinamento alla normalità, la socialità che torna a far parte delle nostre vite. Ma esiste qualcuno in questo paese che pensa che le cose non ripartiranno come per magia? Possiamo ad esempio dire che ricominciare dopo tutti questi mesi non sarà facile come accendere un interruttore? Nel frattempo però si tolgono ristori, sussidi, aiuti, ma nessuno dice niente. E’ un insulto dire che prima di tornare alla normalità vera non si possono togliere gli aiuti a quei settori che sono stati chiusi per mesi? I teatri ad esempio non saranno in grado fin da subito di mettere in programma spettacoli perché una rappresentazione non la si inventa dalla sera alla mattina. Una stagione teatrale normalmente la si progetta con almeno 12 mesi di anticipo, non con 12 ore! Nel settore sportivo poi, le iscrizioni per prendere parte ai campionati ci sono tra luglio ed agosto, ma poi l’attività dura da settembre a giugno! Vabbè lasciamo stare, mica serviamo la carbonara noi!

Il decreto sulle riaperture in questione tra l’altro, ha innescato un corto circuito istituzionale che non vedevamo da tempo. Le Regioni contro il Governo, i ministri che non votano il decreto che hanno appena licenziato, i Governatori che accusano il Premier di voler aprire le scuole troppo presto (effettivamente i nostri ragazzi hanno perso pochissimi giorni…..) denunciando la mancanza di un piano di trasporti pubblici quando sono loro stessi ad esserne i gestori! Senza contare poi che, non più tardi di un anno fa, stavamo già parlando del nodo del trasporto pubblico ed anche io su questo blog avevo accusato l’ex Ministro Micheli per le sue mancanze. Avete capito? Sono passati 12 mesi e la questione è sempre sul tavolo! Una crisi istituzionale che sembra di difficile ricomposizione anche per la disomogeneità della compagine governativa in cui la Lega occupa i ministeri ma nel contempo fa anche opposizione.

In mezzo a questo marasma poi, sta per scadere anche il termine per la presentazione del PNRR che disegnerà l’Italia dei prossimi decenni grazie ai miliardi del Recovery Fund. Mentre alcuni paesi europei, come il Portogallo, hanno già presentato a Bruxelles il piano ed altri stanno invece discutendolo in Parlamento, da noi si conoscono solamente le veline passate ai giornali da Draghi and company. La forza politica (si elettori di Italia Viva sto parlando a voi!!) che aveva buttato giù Conte perché il piano non veniva discusso nelle sedi parlamentari è nel frattempo diventata completamente afona: saranno queste temperature invernali in primavera! A meno di una settimana dal termine per la presentazione, il Parlamento non è ancora stato chiamare a discutere il piano, non ha ancora a disposizione il testo e dunque non avrà certamente il tempo necessario e sufficiente per discutere, emendare ed approvare il progetto. Se a ciò si somma che stanno lavorando al piano quasi solamente i ministri tecnici scelti direttamente da Draghi, siamo o no di fronte all’usurpazione della funzione politica e parlamentare dei nostri rappresentanti? Com’era la storiella della necessità che tutti contribuissero alla scrittura del piano perché altrimenti era uno sfregio alla democrazia? Poi magari vi racconterò anche la leggenda dei commissari che verranno messi a capo di ogni singolo progetto…. Scommettiamo che saranno quasi tutti tecnici provenienti da multinazionali che hanno interessi nel settore?

In questi giorni di arrabbiature e scocciature però, ho avuto anche modo di vedere un film che vi consiglio: “Pelé”. La pellicola è troppo breve per raccontare l’avventura di questo fenomeno, è per quasi metà incentrata sui Mondiali di Svezia, ma ne tratteggia molto bene l’adolescenza e sottolinea giustamente l’occasione di riscatto che questo sport meraviglioso offre ed ha offerto a tanti ragazzi che sono partiti dalla strada. Non mi è però piaciuto il racconto della finale di quel campionato del mondo: alcuni fermo immagine dei protagonisti fanno ricordare più Holly e Benji che altro, mentre credo che sarebbe stato di forte impatto emotivo inserire video originali per mostrare ai ragazzi di oggi ciò che Pelé riusciva davvero a fare su di un campo da calcio. Resta comunque un film da vedere e far vedere anche ai bambini per permettere loro di riflettere su quanto lavoro e quanti sacrifici si debbano fare per ottenere risultati importanti e quanta strada sia stata fatta anche solo dal punto di vista tecnologico in 60 anni grazie allo studio ed alla ricerca.

Alla prossima pagina del mio diario!

Lo stato nell’economia

E’ notizia di queste ore l’accordo tra Cassa Depositi e Prestiti e Tim per lo sviluppo della rete unica a banda ultralarga in tutta Italia. Al di là di ciò che si possa pensare in merito all’accordo in sé, questa decisione, dopo quella presa in merito alle concessioni autostradali, sottolinea di nuovo il modus operandi che in questi mesi il governo sta utilizzando in campo di politica economica e ci interroga sul ruolo dello stato nel settore produttivo ed economico del paese. Questo esecutivo infatti, sta attuando precise scelte di politica economica che meritano un approfondimento non solo dal punto di vista procedurale, quanto semmai dal punto di vista filosofico. Personalmente credo che la scelta di mantenere una sorta di controllo pubblico sugli asset strategici del paese sia assolutamente condivisibile. Poiché parte delle spese per i lavori per la copertura della banda ultralarga saranno sostenute da fondi europei, la maggioranza azionaria della nuova società resterà in mano privata in modo da non incorrere nella procedura d’infrazione, mentre la governance verrà esercitata da un soggetto terzo individuato comunque in Cassa Depositi e Prestiti. Non mi dilungherò sulla composizione della nuova partnership che vedrà coinvolte anche Tiscali ed il fondo americano KKR con Fastweb perché, oltre ad essere complicato, molti aspetti sono ancora oscuri; ciò che interessa adesso è la chiave di lettura della politica economica del governo.

Il Conte2, che su diversi aspetti non ha cambiato linea politica (basti pensare che i decreti sicurezza tanto cari a Salvini sono rimasti sostanzialmente invariati), in sede di politica economica ha messo in atto dei provvedimenti in assoluta controtendenza rispetto al governo precedente ed anche a quelli che hanno guidato l’Italia negli ultimi anni. Sia nella gestione dell’emergenza Covid, sia nella gestione del caso Autostrade che in quello della rete unica, questo esecutivo ha rimesso lo Stato al centro del villaggio. Pur essendo fortemente contestato dal nuovo Presidente di Confindustria Bonomi (che ogni tanto dovrebbe pensare anche a tutte quelle aziende che hanno preso bonus a pioggia pur non avendone diritto e che evadono miliardi di euro di tasse), i ministri competenti Gualtieri e Patuanelli hanno messo in mano allo Stato la barra del comando economico. Del resto molteplici economisti ed in particolare Keynes e tutta la sua scuola, hanno basato le proprie teorie di politica economica sulla ciclicità: in economia ci sono cicli espansivi e cicli recessivi. Quando la ricchezza aumenta ed il mercato funziona, è giusto che lo Stato sia solamente un controllore, un arbitro che fa rispettare le regole, soprattutto quelle del mondo del lavoro. Quando invece ci troviamo in momenti di arretramento e crisi, la leva dello Stato può diventare decisiva per far ripartire l’economia e per aiutare lo sviluppo del paese.

I ministeri economici hanno il dovere di indirizzare le politiche governative in modo da dare un’idea di futuro al paese: detengono dunque l’onere e l’onore non solamente di legiferare al fine di facilitare la ripresa economica, ma anche di investire soldi pubblici in settori strategici. Nel nostro Paese ad esempio, credo sarebbe necessario far partire i cantieri per mettere in sicurezza il territorio dal dissesto idrogeologico e dai terremoti: con i soldi pubblici, quante ditte potremmo far lavorare? Quante persone potrebbero nuovamente tornare ad avere stipendi decenti? E se questi lavoratori tornassero ad avere un discreto tenore di vita, potrebbero ricominciare a consumare e dunque anche l’indotto potrebbe ripartire. E soprattutto, quanti morti e disastri potremmo evitare creando (tra l’altro) lavoro, ricchezza e dunque benessere? A cosa serve lo Stato se non ad aiutare la comunità nei momenti di difficoltà?  Non è sufficiente gestire la crisi solamente dal punto di vista sanitario, ma il governo deve assumere il comando, insieme all’opposizione responsabile, per far ripartire il paese.

Ecco che diventa uno snodo fondamentale la prossima compilazione del Recovery Plan con il dialogo e l’apporto di tutte le forze del nostro paese: come già detto altre volte, è un’occasione che l’Italia non può assolutamente fallire. Come e dove spendere i soldi del Recovery Fund dovrebbe essere il tema di cui dibattere 24 ore al giorno tra tutte le forze politiche ed in ogni giornale, sito internet o trasmissione televisiva. Da qui passa il futuro del nostro Paese e dei nostri figli!

Purtroppo invece, anche in questi giorni, si vive in una campagna elettorale perenne in cui tutte le forze cercano di spararla più grossa e le prossime elezioni regionali ed il referendum non aiutano certo nella ricerca della sobrietà.