Lo stato nell’economia

E’ notizia di queste ore l’accordo tra Cassa Depositi e Prestiti e Tim per lo sviluppo della rete unica a banda ultralarga in tutta Italia. Al di là di ciò che si possa pensare in merito all’accordo in sé, questa decisione, dopo quella presa in merito alle concessioni autostradali, sottolinea di nuovo il modus operandi che in questi mesi il governo sta utilizzando in campo di politica economica e ci interroga sul ruolo dello stato nel settore produttivo ed economico del paese. Questo esecutivo infatti, sta attuando precise scelte di politica economica che meritano un approfondimento non solo dal punto di vista procedurale, quanto semmai dal punto di vista filosofico. Personalmente credo che la scelta di mantenere una sorta di controllo pubblico sugli asset strategici del paese sia assolutamente condivisibile. Poiché parte delle spese per i lavori per la copertura della banda ultralarga saranno sostenute da fondi europei, la maggioranza azionaria della nuova società resterà in mano privata in modo da non incorrere nella procedura d’infrazione, mentre la governance verrà esercitata da un soggetto terzo individuato comunque in Cassa Depositi e Prestiti. Non mi dilungherò sulla composizione della nuova partnership che vedrà coinvolte anche Tiscali ed il fondo americano KKR con Fastweb perché, oltre ad essere complicato, molti aspetti sono ancora oscuri; ciò che interessa adesso è la chiave di lettura della politica economica del governo.

Il Conte2, che su diversi aspetti non ha cambiato linea politica (basti pensare che i decreti sicurezza tanto cari a Salvini sono rimasti sostanzialmente invariati), in sede di politica economica ha messo in atto dei provvedimenti in assoluta controtendenza rispetto al governo precedente ed anche a quelli che hanno guidato l’Italia negli ultimi anni. Sia nella gestione dell’emergenza Covid, sia nella gestione del caso Autostrade che in quello della rete unica, questo esecutivo ha rimesso lo Stato al centro del villaggio. Pur essendo fortemente contestato dal nuovo Presidente di Confindustria Bonomi (che ogni tanto dovrebbe pensare anche a tutte quelle aziende che hanno preso bonus a pioggia pur non avendone diritto e che evadono miliardi di euro di tasse), i ministri competenti Gualtieri e Patuanelli hanno messo in mano allo Stato la barra del comando economico. Del resto molteplici economisti ed in particolare Keynes e tutta la sua scuola, hanno basato le proprie teorie di politica economica sulla ciclicità: in economia ci sono cicli espansivi e cicli recessivi. Quando la ricchezza aumenta ed il mercato funziona, è giusto che lo Stato sia solamente un controllore, un arbitro che fa rispettare le regole, soprattutto quelle del mondo del lavoro. Quando invece ci troviamo in momenti di arretramento e crisi, la leva dello Stato può diventare decisiva per far ripartire l’economia e per aiutare lo sviluppo del paese.

I ministeri economici hanno il dovere di indirizzare le politiche governative in modo da dare un’idea di futuro al paese: detengono dunque l’onere e l’onore non solamente di legiferare al fine di facilitare la ripresa economica, ma anche di investire soldi pubblici in settori strategici. Nel nostro Paese ad esempio, credo sarebbe necessario far partire i cantieri per mettere in sicurezza il territorio dal dissesto idrogeologico e dai terremoti: con i soldi pubblici, quante ditte potremmo far lavorare? Quante persone potrebbero nuovamente tornare ad avere stipendi decenti? E se questi lavoratori tornassero ad avere un discreto tenore di vita, potrebbero ricominciare a consumare e dunque anche l’indotto potrebbe ripartire. E soprattutto, quanti morti e disastri potremmo evitare creando (tra l’altro) lavoro, ricchezza e dunque benessere? A cosa serve lo Stato se non ad aiutare la comunità nei momenti di difficoltà?  Non è sufficiente gestire la crisi solamente dal punto di vista sanitario, ma il governo deve assumere il comando, insieme all’opposizione responsabile, per far ripartire il paese.

Ecco che diventa uno snodo fondamentale la prossima compilazione del Recovery Plan con il dialogo e l’apporto di tutte le forze del nostro paese: come già detto altre volte, è un’occasione che l’Italia non può assolutamente fallire. Come e dove spendere i soldi del Recovery Fund dovrebbe essere il tema di cui dibattere 24 ore al giorno tra tutte le forze politiche ed in ogni giornale, sito internet o trasmissione televisiva. Da qui passa il futuro del nostro Paese e dei nostri figli!

Purtroppo invece, anche in questi giorni, si vive in una campagna elettorale perenne in cui tutte le forze cercano di spararla più grossa e le prossime elezioni regionali ed il referendum non aiutano certo nella ricerca della sobrietà.

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