La conferma di Beppe

Dopo un casting durato settimane, e dopo che sembrava ormai in dirittura d’arrivo l’accordo con Eusebio Di Francesco, la Fiorentina ha scelto la continuità. Anche nella stagione 2020/2021 Beppe Iachini siederà sulla panchina viola. La decisione, come nelle migliori tradizioni di una città come Firenze, ha da subito diviso e fatto discutere. Certamente è una conferma che in pochi ormai si aspettavano e che lascia aperti diversi punti interrogativi. Il primo ed anche il più grande è quello relativo agli obiettivi della prossima stagione. Con Beppe sembra ci si debba aspettare una squadra che lotterà sempre col coltello tra i denti ma continuerà ad avere quell’atteggiamento da provinciale di cui abbiamo già parlato diverse volte anche su questo blog. Se l’obiettivo della proprietà era scaldare l’entusiasmo della piazza, temo che la scelta si rivelerà un boomerang.

Se guardiamo alla carriera del mister di Ascoli Piceno, nelle sue esperienze in Serie A, quando è partito dall’inizio della stagione è riuscito a concludere il proprio mandato solamente una volta (a Palermo) chiudendo all’undicesimo posto. Non che abbia mai guidato delle corrazzate, ma i numeri sono lampanti: Iachini sembra essere un mister bravissimo a rianimare squadre cotte, ottimo per vincere i campionati di Serie B, ma in difficoltà nella serie maggiore. Se poi guardiamo anche all’esperienza viola, fino alla vittoria con il Lecce la media punti di Iachini era pressoché identica a quella di Montella anche se l’atteggiamento dei calciatori era certamente diverso. Ciò che è evidente è che la decisione della società è stata condizionata da un gruppo che ha dimostrato più volte l’attaccamento al mister col cappellino e questo non può e non deve essere sottovalutato.

I dubbi in merito alla conferma di Iachini sono però molti:

  • Se davvero la Fiorentina era così entusiasta del lavoro di Beppe, perché non confermarlo subito dopo la vittoria con il Lecce che ha praticamente regalato ai viola la salvezza? Ciò avrebbe dato la possibilità di sperimentare anche in vista del prossimo anno calciatori, moduli e magari trame di gioco un po’ più innovative rispetto a ciò che abbiamo visto ad esempio nella trasferta di Roma. Non è che la conferma è arrivata così tardi solo per l’assenza di alternative? Speriamo che la scelta sia stata fatta con convinzione altrimenti al danno potrebbe aggiungersi la beffa
  • Il calcio di Iachini è vecchio, datato e sinceramente spesso noioso. C’è da dire che non appena la squadra ha raggiunto la matematica salvezza, i giocatori si sono sciolti ed hanno dimostrato qualcosa in più ma la fase offensiva è chiaramente improvvisata. Diamo la palla a Ribery (o Chiesa in assenza del francese) e qualcosa succederà. Quando la squadra si difende, lo fa sempre negli ultimi 30 metri di campo schierando almeno 10 calciatori sotto palla in modo che, una volta recuperata la sfera, per arrivare al tiro occorrono tanti passaggi ed una buona dose di fortuna. In più la squadra è centrata su 5 difensori (vedasi Chiesa costretto a fare il terzino destro a Roma) e quando và in svantaggio fa tantissima fatica a recuperare. I palloni giocabili per gli attaccanti poi, sono sporadici e quasi sempre frutto di intuizioni personali dei vari Ribery, Castrovilli o dei calci piazzati di Pulgar
  • I proclami (forse troppi) del magnate Commisso avevano convinto Firenze che si potesse tornare a sognare. “I soldi non sono un problema”, “l’anno prossimo si torna a lottare per l’Europa”…. con Iachini si può? La decisione di oggi suona come un brusco risveglio, una doccia fredda. Dopo che si è sbandierata la voglia di prendere top player ed allenatori vincenti, la prossima stagione ci ritroviamo con Iachini in panchina (ottimo per salvarsi ma mai cimentatosi in una lotta del genere) ed una squadra da rinforzare in ogni reparto
  • Iachini poi è un maniaco del 5-3-2 ma in questo sistema di gioco Chiesa dove lo mettiamo se abbiamo già Ribery? Non certo quinto a destra come a Roma (uno scempio), ma nemmeno attaccante insieme a Ribery! Possiamo prescindere da Chiesa? O la Fiorentina riesce a venderlo per rinforzare la squadra o altrimenti anche il prossimo anno rischiamo la riproposizione del tormentone Chiesa si – Chiesa no: anche basta please!
  • Il gruppo creato da Iachini sembra granitico e questo è certamente una nota di merito importante. Tutti i calciatori, anche quelli meno impiegati, sembrano essere coinvolti e questo ha certamente avuto un ruolo decisivo nella scelta societaria: basterà per tornare stabilmente nelle prime 8 del campionato?

Devo confessare che io non avrei mai confermato Iachini. Credo che il calcio che abbiamo visto in questi mesi sotto la sua guida, sia quello di una provinciale che mira a vivacchiare a metà classifica ed a salvarsi, ed io avevo capito che questa proprietà voleva esattamente il contrario. La Fiorentina che si chiude a riccio e gioca solo di contropiede non è degna della bellezza di una città d’arte come Firenze. Se tanto non si deve vincere nulla, se non si deve nemmeno lottare per l’Europa, almeno che si faccia vedere uno spettacolo degno di questo nome! Se poi Beppe e la squadra sapranno smentirmi in tema di spettacolo e di risultati, sarò il primo ad esserne felice.

Voglio trovare un senso a questa situazione

Anche se questa situazione un senso non ce l’ha

(Vasco Rossi)

Il buono, il brutto e il cattivo

FIORENTINA – BOLOGNA = 4 – 0

In una gara di fine stagione, la Fiorentina ritrova finalmente un Chiesa devastante e schiaccia un Bologna già in vacanza. Tante note positive per Iachini che si ritrova finalmente nella parte sinistra della classifica.

IL BUONO

  • Chiesa: la prima tripletta in serie A certifica la serata magica del calciatore viola. Raggiunge la doppia cifra in campionato disputando una prova perfetta. Schierato al posto di Ribery, lotta e sgomita per guadagnarsi un posto al sole e finalmente riesce a dimostrare tutte le proprie doti. Perché solo adesso?
  • Milenkovic: nel nuovo clean sheet della difesa viola, il buon Nikola svetta ancora una volta. Tosto, cattivo, arcigno, attento, dimostra nuovamente di essere il perno difensivo viola. Mette l’accento sulla propria prestazione siglando anche il gol n. 5 della stagione. Imprescindibile
  • Dalbert: dopo alcune prove a dir poco insoddisfacenti, gioca una gara completa. Limita discretamente le sortite bolognesi e soprattutto serve diversi palloni interessanti agli attaccanti viola. Risulta decisivo nell’azione del primo gol. Assist man
  • Iachini: in mezzo alle voci di allenatori dati in arrivo a Firenze, dimostra una professionalità fuori dal comune. Gioca con tutti i titolari e vuole fare più punti possibili per guadagnarsi la conferma. Gli abbracci, le pacche con i propri giocatori, dimostrano incontrovertibilmente il rapporto che il mister ha col gruppo. Gli esordi di Brancolini e Terzic poi, mirano a premiare un gruppo che rema in modo compatto dalla stessa parte. Conferma più vicina?

IL BRUTTO

  • Ghezzal: continua ad essere un pesce fuor d’acqua in un ruolo che non è il suo. Conquista un comico cartellino giallo per una simulazione da “Paperissima”. Non c’è proprio nulla di meglio?
  • Il Bologna: il buon Sinisa che ha avuto parole di fuoco nei confronti di Firenze probabilmente non è riuscito a trasmettere ciò che pensava alla squadra. A parte l’occasione di Sansone, i rossoblu sono stati in balia dei viola per quasi tutta la partita. In vacanza con 180 minuti di anticipo
  • La società Fiorentina: con una salvezza ormai acquisita da diverse partite, Commisso, Barone e soci non danno alcun messaggio chiaro in merito al futuro viola. Chi sarà il nuovo allenatore? Che mercato verrà fatto? Quali saranno gli obiettivi? Attenzione che l’entusiasmo può scemare velocemente!

L’Europa batte un colpo!

Finalmente possiamo tornare a sperare in un’Unione Europea propriamente detta e non solamente in un’espressione geografica

Ciò che è accaduto a Bruxelles può rappresentare una svolta nel lungo percorso di integrazione europea. Per la prima volta negli ultimi anni, i leaders europei, al termine della maratona negoziale più lunga della storia, hanno assunto delle decisioni tale da far sentire meno soli i paesi più colpiti dalla pandemia. Quante volte nei mesi di marzo ed aprile Italia e Spagna hanno denunciato l’assenza di solidarietà? Quante volte abbiamo tutti pensato che l’Europa ci aveva lasciato soli nel momento dell’emergenza? Certamente c’era del vero in quel grido accorato, come adesso invece possiamo gioire del cambio di direzione.

Andando nello specifico dell’accordo sul Recovery Fund ci sono alcuni aspetti positivi ed altri più critici che cercherò di approfondire con voi:

  • Il primo risultato da sottolineare è il raggiungimento di un accordo in tempi relativamente brevi. Se solo ripensiamo a come i paesi europei sono arrivati al vertice decisivo, dobbiamo ricordare che tutti gli analisti politici scommettevano su un rinvio decisionale. Quasi nessuno pensava possibile che, partendo i paesi da posizioni così distanti, fosse possibile raggiungere un compromesso. Da una parte i cosiddetti paesi frugali che arrivavano a Bruxelles schernendo coloro i quali parlavano di debito comune europeo, dall’altra Italia, Spagna e Francia che volevano accelerare in tutti i modi per portare a casa il prima possibile risorse preziose per le rispettive economie. In questo caso il ruolo negoziale del Presidente del Consiglio Europeo Michel è stato decisivo nell’avvicinare le posizioni
  • Altro aspetto straordinario è che, per la prima volta nella storia europea moderna, i 27 paesi hanno deciso di mettere il debito in comune, e questa è la vittoria più grande del governo italiano e di Conte. Il tambureggiare continuo del Presidente del Consiglio Italiano da maggio ad oggi, unito all’opera di Macron e di Sanchez, non ha dato tregua a quei paesi che continuavano a parlare di soli prestiti anche per i paesi più colpiti. L’appoggio poi della Merkel è stato decisivo e dunque, almeno in questo frangente, possiamo parlare di Comunità Europea nel senso più alto del termine: la messa in comune del debito è un segnale fondamentale che dà speranza per il futuro dopo i disastri commessi negli anni scorsi ad esempio in Grecia con la Troika
  • Passando ai numeri l’Italia, che nelle prime stime del Recovery Fund doveva ottenere circa 173 miliardi di euro (di cui 85 a fondo perduto ed 88 in prestiti a tassi vantaggiosi), è uscita dal vertice di Bruxelles con una dote di 208,8 miliardi di euro. Tanto per fare un paragone, circa 7 leggi finanziarie! Di questi soldi, la parte relativa ai finanziamenti a fondo perduto è leggermente scesa ad 82 miliardi di euro mentre i prestiti hanno raggiunto la cifra di 127 miliardi. Dunque Conte, Amendola, il governo ed i cittadini italiani hanno incassato addirittura 36 miliardi di euro in più rispetto a quanto ci si aspettava: io sinceramente capisco la dialettica politica, l’antipatia personale, o l’avversità ideologica, ma dire che Conte è stato sconfitto perché è andato a giro con il cappello in mano (Salvini) o che avrebbe potuto ed anzi dovuto ottenere di più (Meloni), fa semplicemente sorridere. Ma non è possibile una volta tanto gioire tutti insieme non solo per un ottimo risultato in campo internazionale del governo italiano, ma anche per una vittoria europea?
  • L’Italia riceve dunque il 28 per cento del totale del Recovery Fund e tra l’altro i 36 miliardi in più ottenuti sono pressappoco la stessa cifra che il MES metterebbe a disposizione del nostro paese per le spese sanitarie. Un caso o un altro aiuto al nostro governo che sul MES balla ormai da mesi?
  • Non è però tutto oro quel che luccica. Il primo problema è quello temporale: i fondi dall’Unione Europea arriveranno solamente dalla metà del 2021 in poi e, nel frattempo, l’Italia dovrà comunque affrontare una crisi economica devastante. Intanto si punta ad un nuovo scostamento di bilancio di almeno 20 miliardi per continuare a sostenere lavoratori ed imprese ma non potremo accumulare debito pubblico all’infinito considerando anche che prima o poi i parametri del trattato di Maastricht torneranno a farsi sentire. Vedendo poi come si sono comportati già in queste trattative paesi come Olanda, Austria, Danimarca e Svezia ho il fondato timore che cercheranno di rimettere i paletti il prima possibile
  • Altro problema che prima o poi tornerà fuori è quello della netta spaccatura tra paesi europei. I cosiddetti frugali hanno un’idea di Europa in cui i paesi nazionali contano più delle istituzioni sovranazionali e la cessione della sovranità deve essere ridotta al minimo indispensabile. Da qui l’accesa contesa sulla messa in comune del debito e sulla volontà di frenare in ogni modo i finanziamenti a fondo perduto. L’Olanda, attraverso il premier Rutte, aveva addirittura proposto di sottoporre ad un voto all’unanimità la possibilità di finanziare i progetti presentati dai diversi paesi. La ferma opposizione di Italia, Spagna e Francia ha avuto fortunatamente la meglio e dunque il cosiddetto super freno voluto dai paesi frugali è stato fortemente ammorbidito
  • I soldi poi saranno ovviamente vincolati. Una delle più grosse stupidaggini che siamo stati obbligati ad ascoltare, è che l’Italia esce da questo vertice con un MES 2 che condizionerà e limiterà la nostra libertà nazionale. Questa tesi sarebbe suffragata dal fatto che i soldi verranno stanziati su progetti ben definiti che vadano verso la direzione dell’economia verde, della digitalizzazione del paese, della riforma della giustizia e di quella dell’amministrazione alfine di diminuire il peso della burocrazia. Se questo è il contratto capestro, sono felice di averlo sottoscritto. Quanti anni sono che in questo paese si dice che la burocrazia è un ostacolo allo sviluppo? Da quanto si cerca di snellire la giustizia civile? Quanti di noi sono contrari ad un’economia più clemente con l’ambiente che permetta di non distruggere l’ecosistema? Vorrei sottolineare che i finanziamenti verranno erogati sulla base di queste riforme e che i progetti verranno valutati e finanziati in corso d’opera: ma non è lo stesso metodo che utilizziamo quando ristrutturiamo casa nostra pagando ad avanzamento lavori? E dove sarebbe la troika? Nel caso, se le riforme non vanno avanti, se l’Italia non riesce a presentare progetti credibili, non arrivano i soldi… tutto qua. Non arriva alcuna troika che mette sotto controllo i conti italiani o che ci obbliga a fare macelleria sociale come accaduto in Grecia. Penso anzi che questa sia una sfida meravigliosa per immaginare e disegnare l’Italia di domani. Se vogliamo essere un grande paese, dobbiamo essere in grado di immaginare il futuro, di anticipare i cambiamenti, di governare il domani. Quale sfida più affascinante di questa?

L’Italia torna dunque da Bruxelles con tante opportunità che potranno tramutarsi in una bella vittoria o in una cocente delusione. Spetta al nostro paese dimostrare di essere capace di fare un salto nel futuro e se, una volta tanto, riuscissimo a farlo tutti insieme con l’aiuto di ciascuno, la vittoria si trasformerebbe in trionfo.

Il buono, il brutto, il cattivo

ROMA – FIORENTINA = 2 – 1

La solita Fiorentina rinunciataria e chiusa nella propria area di rigore, viene punita da un errore macroscopico dell’arbitro Chiffi che, prima non ferma il gioco pur avendo deviato la palla, poi regala un rigore incredibile alla squadra giallorossa con il pallone già fuori dal rettangolo di gioco. Resta una prestazione viola mediocre da squadra di provincia che bada solamente a non prenderle.

IL BUONO

  • Il trio difensivo: anche oggi, la difesa a 3 si dimostra il pezzo forte della casa. Caceres chiude più volte la diagonale, Pezzella lotta su tutti i palloni con Dzeko e colpisce anche un palo, Milenkovic limita Mkhitaryan in tutte le zone del campo, segna il gol del momentaneo pareggio e guerreggia con tutti, compreso il povero Pellegrini. Il terzetto difensivo non molla mai e si fa sempre trovare pronto. Sicuri si possa smembrare il prossimo anno?
  • Ribery: gioca un tempo ma delizia tutti con giocate da fuoriclasse. E’ il vero regista della squadra, richiama tutti e fa sempre ripartire l’azione: probabilmente lo Stadio Olimpico lo ispira particolarmente. Un campione a tutto tondo
  • Ghezzal: schierato ancora una volta da interno di centrocampo risulta tra i più convincenti. Gioca tanti palloni e fa ripartire spesso l’azione con precisione. Un calciatore ritrovato
  • Terracciano: stavolta subisce due reti anche se solamente da calcio di rigore. La deviazione decisiva sul tiro di Mkhitaryan che poi sbatte contro il palo è però da campione. Esce con sicurezza sui palloni alti. Qualcosa più di un numero 12

IL BRUTTO

  • Lirola: dopo un primo tempo giocato discretamente a sinistra, disputa una ripresa disastrosa. Provoca il primo rigore con un fallo tanto inutile quanto ingenuo. Da lì in poi, sbaglia tutto ciò che può e, complice anche la mancata sostituzione da parte del tecnico, non si riprende più. Urge un turno di riposo
  • Kouamè: dopo alcune prove convincenti, stasera contro Smalling non la struscia mai. Non tiene palla, non trova mai gli spazi giusti, non gioca con i compagni. 45 minuti sono anche troppi
  • Duncan: in un centrocampo a 3 dimostra ancora una volta di faticare. Probabilmente l’ex Sassuolo ha bisogno di più spazio per correre e giocando a 2 le sue doti sono maggiormente premiate. Ne azzecca poche ma nonostante tutto gioca 90 minuti. Da rivedere
  • Iachini: dopo 6 risultati utili consecutivi la Fiorentina cade a Roma solo per un doppio errore arbitrale macroscopico. Dapprima Chiffi avrebbe dovuto fermare l’azione per la propria deviazione della palla, poi non avrebbe mai dovuto fischiare perché il rigore è inesistente. Ciò detto, la squadra viola gioca la solita gara di sola difesa e contropiede come se dovesse guadagnare un punto necessario alla salvezza. Il tecnico viola non dà spazio alle seconde linee (Igor, Sottil, Agudelo, Vlahovic) ma non riesce comunque a fare risultato. Vedere Milenkovic a uomo per tutto il campo su Mkhitaryan e Chiesa fare il terzino destro fa male al cuore. Il numero 25 viola tra l’altro, non essendo abituato a giocare in quel ruolo, tiene tutti in linea nell’azione del primo rigore e condanna la propria squadra. La Fiorentina gioca un calcio di una noia mortale in cui tutti i giocatori sono sempre sotto la linea della palla e, una volta riconquistata, devono fare almeno 50 metri di campo per creare qualcosa. Nonostante la salvezza sia già stata raggiunta, lo spartito non è cambiato, né credo cambierà. La mancata sostituzione di un Lirola completamente allo sbando grida poi vendetta. Speriamo finisca presto

Beppe o non Beppe?

In molti, ed io sono tra questi, credono che dalla scelta dell’allenatore della prossima stagione si capiranno le reali intenzioni della società. Le dichiarazioni di Commisso nel momento dello stop per il Covid avevano fatto pensare che la conferma di Iachini fosse appesa ad un filo e da quel momento il toto-allenatore è diventato lo sport più praticato a Firenze.

Si sono sentiti tantissimi nomi uscire sui giornali ma alcuni di questi si sono già accasati oppure hanno deciso di restare dove sono. Da Juric che ha scelto di rimanere a Verona, a Emery che torna in Spagna sulla panchina del Villarreal, adesso i nomi sul mercato non sembrano essere troppi. Alcuni di essi presuppongono un mercato di primissima fascia (Spalletti), altri probabilmente si accontenterebbero di molto meno perché si devono rilanciare dopo aver fallito in altre piazze (Giampaolo o Di Francesco), oppure perché comincerebbero la propria carriera da mister a Firenze (De Rossi). Ci sono poi altri nomi che circolano, da Blanc a Marcelino, qualcuno sussurra Allegri. Ciò che poi dobbiamo ricordare è che il casting del regista avviene quando una buona parte degli attori sono già stati scelti. Nel mercato di gennaio la Fiorentina si è mossa pesantemente con l’acquisto di calciatori che certamente saranno la spina dorsale della nuova compagine viola. Da Amrabat a Duncan, da Kouamè a Igor fino a Cutrone, sono giocatori che indipendentemente dal nuovo allenatore faranno parte della rosa della prossima stagione. Una stagione che partirà prestissimo e che non darà tanto tempo per programmare.

Nelle ultime settimane poi, anche a causa della striscia di risultati utili, le quotazioni di Iachini sono in netta risalita. Il buon Beppe ha fatto ciò che gli era stato chiesto: ha salvato la squadra con 4 giornate di anticipo, ha rivitalizzato un gruppo spento dalla gestione Montella, si è fatto ben volere da tutti, anche da chi non sempre ha giocato come Cutrone, Chiesa o Ghezzal. Certo Beppe è Beppe, lo conosciamo come un libro già letto. Le sue squadre sono toste, corrono molto, fanno dell’attenzione difensiva un mantra. Anche quando la Fiorentina ha schierato le tre punte, in realtà Chiesa ha fatto il quinto a destra oppure Ghezzal il terzo centrocampista centrale. Sicuramente ha tanti pregi, come la conduzione lineare del gruppo e la cultura del lavoro, ma ha anche grandi limiti. Quasi mai le sue squadre impongono il gioco e la fase offensiva è da sempre affidata alle giocate individuali dei singoli. Se la Fiorentina vuole continuare ad essere una squadra con la mentalità operaia e provinciale di chi se la gioca con tutti ma sempre con le stesse armi, Iachini è la persona giusta ma se invece si vuole diventare una compagine europea allora meglio cambiare. È una scelta filosofica e come tale deve essere affrontata. Quale Fiorentina vuole vedere la proprietà? Quale messaggio devono dare i viola? Quale idea si vuole portare avanti? La scelta sta tutta lì.

Se dovessi decidere io non avrei dubbi e punterei sul gioco, sulla sfrontatezza di una Fiorentina che se la gioca a viso aperto su ogni campo d’Italia, una squadra di cui essere orgoglioso. Una viola che punti a far riscoprire il divertimento ai tifosi dopo anni funesti. Ci sarebbe bisogno di un allenatore capace di dare alla squadra una propria idea di gioco, che sia in grado di lavorare con i giovani ed abbia esperienza nella costruzione di un’identità di squadra. Il nome? Maurizio Sarri. Allenatore con esperienza in tutte le categorie, nato a due passi da Firenze, che sa lavorare con i giovani e che fa divertire il pubblico ed i calciatori. Credo che, a meno di miracoli in Champions, l’esperienza bianconera potrebbe già essere al capolinea. Sarri potrebbe ritrovare quella fame operaia, quella voglia di sfidare il mondo con il gioco, che a Napoli ed Empoli lo aveva fatto diventare il profeta del nuovo calcio spettacolo. Abituato a lavorare con i giovani, pronto ad utilizzare più moduli, avrebbe a Firenze tutto il tempo di sperimentare e di tornare ad essere quello che è sempre stato: un allenatore in tuta che pensa solamente al campo.

Se invece si vuole il nome internazionale punterei su Rafa Benitez. Un profilo diverso, più abituato ai grandi nomi, è riuscito a portare a Napoli calciatori di profilo europeo ed ha posizionato la squadra partenopea stabilmente nelle posizioni da Champions. Abbastanza flessibile, sarebbe probabilmente un target più alto ma darebbe fin da subito l’idea di una proprietà che non si accontenta. Certamente sono due profili difficili da raggiungere per una Fiorentina che ha fallito miseramente le ultime tre stagioni, ma se non si riparte da un allenatore che faccia del gioco il proprio mantra, il rischio di un’ennesima annata anonima di transizione potrebbe diventare una triste realtà.

Il buono, il brutto, il cattivo

INTER – FIORENTINA = 0 – 0

Con il sesto risultato utile consecutivo, la Fiorentina esce imbattuta da San Siro e si toglie una bella soddisfazione. Il punto serve a poco ma i passi in avanti in fase difensiva sono notevoli.

IL BUONO

  • Terracciano : mi ripeto molto volentieri. Il miglior numero 12 del campionato. Esce imbattuto da San Siro grazie ad alcuni interventi notevoli. Il principe dei sottovalutati
  • Il terzetto difensivo: nel primo tempo Milenkovic ed in parte Caceres reggono la baracca e coprono anche le falle di Pezzella, che si mangia anche un gol di testa al 37′. Nel secondo tempo poi, il capitano viola cresce a dismisura e fa veramente la differenza. Lukaku, che nel primo tempo lo aveva fatto diventare matto, viene pressoché annullato. Reparto da incorniciare
  • Duncan: finché ha birra nelle gambe è un trattore che ribalta l’azione non solo con la forza ma anche con la tecnica. Esce dopo 60 minuti ed in mezzo al campo i viola perdono metri e palloni. Commette un grave errore al 51′ quando da un suo pallone perso arriva il palo di Sanchez. Imprescindibile
  • Castrovilli : in netta crescita rispetto alle ultime gare, delizia il prato di San Siro con alcune perle ma continua a non essere abbastanza incisivo sottoporta. Urge migliorare

IL BRUTTO

  • Ghezzal : entrato al posto di Duncan, si mostra troppo lezioso. Sbaglia molto in uscita dalla difesa e regala spesso possibilità di contropiede nerazzurri. Inadatto al ruolo di interno di centrocampo contro le grandi.
  • Fase offensiva viola: ancora una volta la Fiorentina si chiude, lascia campo ed iniziativa agli avversari e riparte solo in contropiede. La forza fisica di Kouamè, la classe di Ribery, la caparbietà di Cutrone e gli strappi di Chiesa permettono comunque di creare qualche occasione ma considerata la salvezza ormai raggiunta ed un’Inter non al top mi sarei aspettato più coraggio. La solita Provinciale che viene per il pareggio.

Revoca ni

Dopo alcuni giorni dalla chiusura della trattativa, è giunto il momento di approfondire i punti salienti relativi all’accordo trovato tra governo ed Autostrade in quella che è stata una delle transazioni più dure degli ultimi anni. Come sempre succede in Italia, tutti si dichiarano vincitori: chi voleva la revoca (Movimento 5 Stelle e Liberi e Uguali), chi ha sempre voluto mantenere i Benetton al timone (Italia Viva e parte minoritaria del Partito Democratico), chi è stato al governo con lo stesso premier di adesso ma non è riuscito a sbrogliare la matassa ed adesso dall’opposizione bombarda continuamente (la Lega di Salvini), chi ha firmato la concessione vigente ma sembra non ricordarlo (Forza Italia e Meloni). Il nostro obiettivo non è però assegnare la palma di vincitore, quanto quello di cercare di approfondire le problematiche relative al nuovo accordo ed allora ho cercato, con l’aiuto dei quotidiani, di selezionare i punti salienti dell’accordo provando ad entrare nel merito.

Punti relativi alla transazione


– la prima decisione che emerge dall’intesa è relativa alle misure compensative dovute ai mancati controlli ed alle inadempienze del concessionario: queste sono ad esclusivo carico di Aspi per un importo complessivo di 3,4 miliardi di euro. La penale relativa al crollo del Ponte di Genova ed ai mancati investimenti per la riqualificazione e l’ammodernamento della rete, viene dunque pagata interamente dal concessionario senza possibilità transattiva;
– differentemente da quanto affermato fino a poche ore prima dell’inizio del vertice decisivo, Aspi ha accettato anche la riscrittura delle clausole della convenzione al fine di adeguarle all’articolo 35 del decreto-legge “Milleproroghe” (decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162); obiettivo questo di fondamentale importanza per il governo perché con tale impegno il concessionario accetta esplicitamente la riduzione della penale da 23 a 7 miliardi di euro in caso di revoca unilaterale del contratto;
– nell’ottica di un miglioramento della sicurezza della rete autostradale, con il nuovo accordo si sottoscrive l’impegno per il rafforzamento del sistema dei controlli a carico del concessionario; 
– si procede poi ad individuare un aumento delle sanzioni anche in caso di lievi violazioni da parte del concessionario;
– altro punto a favore del governo, il concessionario rinuncia a tutti i giudizi promossi in relazione alle attività di ricostruzione del ponte Morandi, al sistema tariffario, compresi i giudizi promossi avverso le delibere dell’Autorità di regolazione dei trasporti (ART) e i ricorsi per contestare la legittimità dell’art. 35 del decreto-legge ‘Milleproroghe’;
– nonostante poi una forte resistenza, il concessionario accetta anche la disciplina delle tariffe introdotta dall’ART con una significativa moderazione della dinamica tariffaria. Si dovrebbe quindi assistere ad una riduzione del costo dei pedaggi non appena reso esecutivo l’accordo sottoscritto.


Punti relativi all’assetto societario del concessionario


L’accordo si rivolge anche a quello che sarà il nuovo contenitore che dovrà gestire la fase di passaggio e non solo. In vista della realizzazione di un pesantissimo piano di manutenzione e investimenti, contenuto nella stessa proposta transattiva e resosi necessario per le inadempienze degli ultimi anni, Atlantia S.p.a. e Aspi si sono impegnate a garantire:
– l’immediato passaggio del controllo di Aspi ad un soggetto a partecipazione statale (Cassa depositi e prestiti), attraverso la sottoscrizione di un aumento di capitale riservato da parte di Cdp e l’acquisto di quote partecipative da parte di investitori istituzionali;
– la cessione diretta di azioni Aspi ad investitori istituzionali di gradimento di Cassa depositi e prestiti, con l’impegno da parte di Atlantia a non destinare in alcun modo tali risorse alla distribuzione di dividendi; tale clausola è stata inserita dal governo per non permettere ad investitori che negli ultimi anni hanno creato profitti senza ottemperare a tutte le clausole contrattuali, di intascare parte dei soldi che arriveranno alla società concessionaria nella fase intermedia;
– successivamente all’entrata di Cassa depositi e prestiti nella società, si procederà alla scissione proporzionale di Atlantia, con l’uscita di ASPI dal perimetro di Atlantia e la contestuale quotazione di Aspi in Borsa. Gli azionisti di Atlantia valuteranno la smobilizzazione delle quote di Aspi, con conseguente aumento del flottante. In alternativa, Atlantia ha offerto la disponibilità a cedere direttamente l’intera partecipazione in Aspi, pari all’88%, a Cdp e a investitori istituzionali di suo gradimento. Tale ulteriore passaggio, permetterà al governo di centrare un altro obiettivo, cioè quello di far sì che la famiglia Benetton abbia una quota massima del 10-12% delle azioni, quota però insufficiente a poter entrare nel Consiglio di Amministrazione. Non siamo dunque di fronte ad una vera e propria revoca, ma la famiglia trevigiana non avrà più alcun tipo di controllo sulle autostrade italiane.

E’ chiaro dunque che la trattativa serrata portata avanti dal governo ha avuto un primo risultato: mettere il concessionario di fronte alle proprie responsabilità ed accettare tutta una serie di regole restrittive relativamente alla concessione e non solo. Resta da capire se la soluzione adottata per far uscire la famiglia Benetton ed ASPI dalla gestione di Autostrade funzionerà. Una volta che Cassa depositi e prestiti sarà entrata nel capitale della società, diventeranno fondamentali le scelte aziendali che dovranno restituire smalto e credito al concessionario per poi sbarcare in borsa come una vera e propria public company. Una volta tanto verrà messo alla prova il sistema paese, le proprie competenze e le proprie risorse.

Non so chi ha vinto e chi ha perso in questa battaglia e sinceramente nemmeno mi interessa, quello che si può sicuramente dire è che le nuove regole della concessione sono più equilibrate e non sono più fortemente sbilanciate a favore del concessionario. Uno Stato più presente nella gestione dei beni pubblici grazie anche a maggiori controlli nei settori strategici, è una buona notizia per chi vuol bene al nostro paese.

Il buono, il brutto, il cattivo

FIORENTINA – TORINO= 2 – 0

Era dal 12 gennaio che la Fiorentina non vinceva in casa ma stavolta i 3 punti sono arrivati! Tre punti che significano salvezza matematica accompagnati anche da un gioco discreto finché le gambe lo hanno permesso. A quattro gare dalla fine, la società può iniziare a programmare il futuro.

IL BUONO

  • Ribery: disegna calcio per sé stesso e per gli altri. Sforna assist a ripetizione compreso quelli per Kouame’ e Cutrone, è ancor di più il leader riconosciuto del branco. Da clonare
  • Kouame’: in settimana aveva detto che voleva aspettare la Fiesole piena per la prima gioia personale. Sarà per questo che la rete non gli è stata assegnata. Resta il movimento da attaccante e la cattiveria nell’attaccare la porta. Piacevolissima sorpresa
  • Cutrone: sembra averci preso veramente gusto con la terza rete consecutiva. Non sarà un fenomeno ma vede la porta, è giovane, ha grandissimi margini di miglioramento ed in più aiuta la squadra ed è entusiasta di essere a Firenze. Serve altro?
  • Terracciano: indubbiamente il miglior numero 12 del campionato, riesce a tenere la porta inviolata anche con un po’ di fortuna come nell’occasione del palo. Sempre sicuro in presa alta, guida bene la difesa. Clean sheet
  • Iachini : è arrivato a Firenze per salvare la squadra e ci è riuscito con 4 gare di anticipo. Dopo il pareggio al 96′ contro il Verona, la squadra probabilmente si è tolta di dosso la paura ed ha iniziato anche a giocare un calcio più divertente. Beppe viola nel cuore

IL BRUTTO

  • Chiesa : pur essendo cercato ripetutamente dai compagni nel primo tempo, non trova mai la giocata decisiva. Appare contrariato al momento del cambio, ma è la logica conseguenza della prova incolore. Sulle montagne russe
  • Ghezzal: dopo alcune prove assolutamente convincenti, oggi non riesce a dare continuità al suo periodo positivo. Spesso avulso dalla manovra, non incide mai nemmeno su palla inattiva. Qual è quello vero?

Gasp e Juric a tutto gas

Negli ultimi fine settimana mi sono concentrato a studiare maggiormente due squadre, la sorpresa Atalanta di Gasperini e l’Hellas Verona di Juric.

La squadra bergamasca è interessante perché senza dubbio è la migliore realtà del campionato di Serie A delle ultimi stagioni, mentre il Verona è stata la sorpresa della stagione ed ha stuzzicato la fantasia di Firenze perché il suo tecnico, Juric, era tra i nomi più accreditati per la panchina viola.

Le due compagini cercano di proporre una calcio piuttosto simile certamente influenzato dal fatto che l’attuale mister del Verona ha giocato per Gasperini al Genoa. Poi dopo essere stato un suo calciatore, ha iniziato la propria carriera da allenatore facendo il secondo di Gasp ed ha lavorato alla Primavera dei grifoni quando l’altro era il tecnico della prima squadra. Atalanta e Verona giocano un calcio simile che unisce attitudini difensive che richiamano al cosiddetto calcio all’italiana, con l’occupazione totale degli spazi del calcio olandese, con la ricerca dell’immediata profondità alle spalle delle squadre avversarie che è forse l’arma più nuova.

Aldilà delle innegabili differenze qualitative tra Atalanta e Verona, c’è però un’idea comune di gioco che viene a galla piuttosto nettamente. Seppur giocare a calcio con Zapata, Muriel, Ilicic, De Roon, Castagne e Gosens sia diverso da farlo con Di Carmine, Pazzini, Zaccagni, Verre, Faraoni e Lazovic la filosofia è la stessa. Le due squadre si schierano sempre con una difesa a 3 che è composta da difensori non velocissimi ma arcigni in marcatura, dotati di grande fisicità e forti di testa. Sia Atalanta che Verona hanno abbandonato la difesa a zona per giocare con la marcatura a uomo in ogni zona del campo con i difensori che cercano spesso l’anticipo per far ripartire velocemente l’azione trasformando la fase difensiva in offensiva con una transizione molto rapida. La difesa gioca sempre molto alta, rischia spesso il fuorigioco ed è fondamentale nel tenere la squadra corta. Avendo meno spazi da coprire, la squadra riesce a mantenere ritmi più alti più a lungo proprio perché ha meno campo da coprire. Mantenendo poi la difesa così alta e riuscendo a fare grande pressione sugli avversari, le compagini di Gasperini e Juric costringono spesso gli avversari ad alzare la palla perché in difficoltà nel fraseggio ed in quel modo i difensori bravi in anticipo riescono a rubare palla per far ripartire velocemente l’azione. Chiaramente tenere la difesa così alta comporta anche alcuni rischi, tanto che spesso Gollini e Silvestri risultano essere tra i migliori in campo, ma i risultati stanno dando ragione a questo modo di interpretare il gioco.

Passando al centrocampo, Atalanta e Verona non vivono dei soli esterni, come invece spesso si sente dire. Gosens, Hateboer, Castagne, Lazovic, Faraoni sono certamente ottimi giocatori e sono esplosi in questa stagione ma è fondamentale ciò che riesce a fare tutto il reparto. Il segreto credo sia che entrambe queste squadre non difendono arroccandosi nella propria metà campo, ma anzi difendono correndo in avanti e pressando alti. De Roon ed Amrabat soprattutto, sono delle piovre che arpionano decine di palloni quasi sempre nella metà campo avversaria. Se provate a vedere quando inizia la pressione dei centrocampisti di Gasperini e Juric e quando ad esempio quelli di Fiorentina ed Inter, vedrete che i primi attaccano la palla almeno 30 metri più avanti. Questo permette loro di entrare in possesso della palla molto più vicini alla porta e trovare spesso le difese avversarie poco coperte poiché si stanno allargando per far ripartire l’azione su tutta l’ampiezza del campo. In questo modo, con un contro movimento o con una verticalizzazione fatta bene si riesce già a creare una potenziale azione da gol. Attaccare la palla più avanti ha anche un altro indubbio vantaggio: il reparto nevralgico della squadra corre meno perché deve coprire meno campo e dunque può mantenere dei ritmi molto più alti degli altri. Anche per questo spesso sembra che Atalanta e Verona volino e mentre gli altri camminano. Ultima particolarità, ma comunque fondamentale, è il ricorso quasi ossessivo al tiro da fuori. Conquistando palla più avanti, hanno meno campo da coprire, restano più lucidi e spesso possono calciare in porta senza avere di fronte la difesa schierata. 

Parlando poi della fase offensiva vera e propria, le squadre che stiamo analizzando giocano con 1 punta e 2 trequartisti dietro. Da una parte Ilicic, Gomez, Pasalic e Malinowsky, dall’altra Pessina, Zaccagni, Verre, Eysseric e Borini: è chiaro che la qualità dei calciatori è molto diversa ma spesso è differente anche l’utilizzo degli interpreti. Mentre l’Atalanta gioca sempre con un punto di riferimento davanti (Zapata o Muriel), il Verona ha disputato diverse partite senza un centravanti vero. Di Carmine e Pazzini, gli attaccanti a disposizione di Juric, sono partiti spesso dalla panchina con i gialloblu che giocavano solamente con giocatori di movimento a guidare la fase offensiva. Spesso sono stati schierati nel ruolo di attaccanti Verre o Zaccagni e questo ha permesso al Verona di giocare con la palla sempre nello spazio creato dal movimento dei finti attaccanti anziché addosso ai compagni. Entrambe le squadre giocano in funzione degli spazi lasciati liberi dalle difese avversarie soprattutto tra le linee dei difensori e dei centrocampisti. Ma mentre l’Atalanta sfrutta spesso le spizzate e le sponde dell’attaccante di riferimento per mandare poi in porta Gosens o Hateboer con rapidi cambi di fronte, il Verona attacca maggiormente sull’ampiezza del campo premiando le qualità atletiche di Faraoni e Lazovic. E’ un diverso modo di arrivare alla porta ma con la stessa filosofia: aggressione degli spazi lasciati liberi attraverso veloci verticalizzazioni.   

Siamo dunque di fronte a due squadre simili per filosofia, ma diverse nell’interpretazione del gioco, ed in particolare nella fase offensiva. Ciò che certamente si può dire, è che Juric e Gasperini sono due tecnici interessanti che negli ultimi anni hanno modificato in parte il modo di far giocare le squadre, ma che hanno bisogno di una società alle spalle che crede in ciò che i tecnici fanno. Entrambi infatti hanno bisogno di calciatori che sappiano interpretare alla perfezione quel sistema di gioco e che credano fermamente in ciò che fanno. Alcuni atleti che hanno fatto o stanno facendo benissimo da altre parti, non sono stati in grado di emergere in questo sistema di gioco. Ultimo esempio Musa Barrow che a Bologna si sta imponendo, ma che a Bergamo ha avuto grande difficoltà ad inserirsi nei meccanismi della squadra.

Calcio organizzato, società seria alle spalle e tanto lavoro: il segreto, forse, sta tutto qui.

Il buono, il brutto, il cattivo

LECCE – FIORENTINA = 1 – 3

La Fiorentina vince e convince conquistando tre punti che regalano una quasi automatica salvezza. Un primo tempo attento, ben giocato, in cui i viola sono riusciti a concretizzare le azioni offensive ha fatto finalmente la differenza. Quarantacinque minuti di vero calcio che hanno permesso ai tifosi viola di non dover soffrire fino al novantesimo.

IL BUONO

  • Ghezzal: in una serata in cui tutto gira alla perfezione, la carta a sorpresa di Iachini risulta il migliore in campo. Fa un movimento perfetto per agevolare il gol di Chiesa, guadagna il rigore e poi calcia una punizione semplicemente perfetta. Una splendida sorpresa
  • Chiesa: finalmente!!! Segna il gol del vantaggio, serve l’assist a Cutrone e spacca la difesa avversaria in continuazione. Gioca ad un livello inarrivabile per i difensori del Lecce e copre la fascia destra in modo egregio anche in fase difensiva. Bentornato
  • Cutrone: quando l’attaccante viene messo nelle condizioni di fare il proprio lavoro tutto diventa più facile. Un assist delizioso per Chiesa in occasione del primo gol, una rete di sinistro che chiude la partita. Concretizza la stessa occasione che aveva fallito a Parma. In netta crescita
  • Duncan: con lui e grazie a lui la Fiorentina è un’altra squadra. Gioca una partita straripante dal punto di vista fisico riuscendo a ribaltare sempre l’azione. Arriva anche al tiro senza precisione. Insostituibile
  • Primo tempo viola: una volta tanto la Fiorentina detta i tempi di gioco e disegna calcio. La salvezza è ormai ad un passo. Era l’ora

IL BRUTTO

  • Babacar: al prodotto del vivaio viola vogliamo tanto bene ma resta sempre uguale a se stesso. Grandi doti fisiche, tecnicamente eccezionale ma inconcludente e quasi ma decisivo. Riuscirà mai a crescere?
  • Liverani: se la gara di stasera poteva essere un esame anche per la panchina viola, lo scolaro Fabio è stato sonoramente bocciato. La squadra salentina ha una sua identità e non smette mai di proporre gioco, ma si dovrebbe curare anche una fase difensiva imbarazzante. Alla prossima
  • Gol subito: anche in questa gara la retroguardia viola non riesce a rimanere imbattuta. Tra un Caceres non sempre sicuro ed i compagni di reparto che si sono rilassati, nel secondo tempo la Fiorentina regala la prima gioia in Serie A a Shakov. A quando un clean sheet?