Il rompete le righe è finalmente arrivato anche per il consiglio d’istituto ma, come in ogni scuola che si rispetti, avremo da fare i compiti per casa!
Come avevo già scritto anche nello scorso articolo, il mondo della scuola, almeno dal punto di vista progettuale, sembra non fermarsi mai e spesso le decisioni in merito alla conclusione di un anno scolastico si intersecano ed hanno conseguenze anche su quello successivo. Ecco perché è fondamentale cercare di tenere tutto insieme, cercando di mantenere la coerenza e la continuità in tutto l’istituto comprensivo: tale comportamento permette ai nostri ragazzi di non soffrire il cambio di scuola, di insegnanti, di professori o comunque di non avere agenti esterni che possano metterli in difficoltà. E’ per questo che stiamo cercando di offrire una progettualità arricchita da professionisti esterni solo e soltanto se quelle attività valorizzano la strada già segnata dai nostri insegnanti. Questo è purtroppo un tema assolutamente sottovalutato poiché troppo spesso si vuole solamente sbandierare progetti per cercare di rendere maggiormente appetibile la propria scuola senza però pensare alla continuità didattica che dovrebbe essere sempre salvaguardata.
I due spunti più interessanti della riunione sono stati certamente la rendicontazione del contributo volontario e l’adesione ad un progetto di cui vi parlerò. Quanto al primo punto, dopo numerosi solleciti, siamo finalmente riusciti ad ottenere una bozza del rendiconto di quanto le singole scuole abbiano speso o progettato di spendere relativamente ai soldi che tutti gli anni le famiglie versano “volontariamente” all’Istituto Comprensivo. Più volte infatti, avevamo lamentato la totale assenza di risposte in merito alla destinazione di tali soldi e, soprattutto, il mancato utilizzo degli stessi. Le nostre istanze sono state finalmente accolte e, da una parte i docenti hanno progettato le spese, dall’altra abbiamo avuto risposte ancora incomplete ma comunque importanti. Questo soprattutto perché ci siamo accorti che il numero di genitori che versa il contributo sta velocemente diminuendo in parte proprio perché non conoscono la destinazione di questi soldi. Nel prossimo anno scolastico speriamo sia più semplice per i rappresentanti di classe andare a chiedere il versamento del contributo a fronte delle spese effettuate per migliorare la nostra proposta didattica attraverso l’acquisto di macchinari e l’ausilio di professionisti esterni.
Se l’ottenimento della rendicontazione è stata una bella iniezione di fiducia, l’adesione al piano “Agenda Nord” ha nascosto invece una bella doccia fredda. Abbiamo infatti scoperto che il nostro istituto, al pari di tanti altri, in base ai test INVALSI degli ultimi anni, ha subìto un calo strutturale dei risultati conseguiti. Questo progetto mira a ridurre il potenziale abbandono scolastico attraverso il potenziamento delle competenze per combattere il calo generalizzato del sapere degli alunni al quale stiamo assistendo. Ciò è certamente in parte dovuto al sempre maggior numero di bambini stranieri nelle nostre classi ma anche e soprattutto dagli effetti che ci trasciniamo ancora dietro dal periodo delle chiusure dovute alla pandemia. Purtroppo i nostri ragazzi scontano le lezioni in DAD, l’impossibilità di frequentare le aule, le ore di insegnamento e socializzazione perse. Per tutti questi motivi, il progetto sembra un’ottima idea per provare ad invertire la tendenza cercando di potenziare non solamente le tre materie più importanti (italiano, matematica ed inglese), ma anche la socializzazione. Certo non sarà una singola iniziativa a risolvere il problema, ma tutto ciò che prova a ridurre la divaricazione di apprendimento all’interno delle nostre scuole deve essere sostenuto senza alcun tentennamento!
Buona estate a tutti i consigli d’istituto d’Italia!

Errata corrige: quante cicatrici abbiano lasciato sugli STUDENTI le chiusure dovute alla pandemia.
"Mi piace""Mi piace"
Si si era chiaro Wwayne, anzi grazie del tuo contributo! Effettivamente la dipendenza dal cellulare è un problema molto grave che spesso i genitori contribuiscono ad acuire facendo in modo che il telefono sia il baby Sitter del figlio. Mi permetto poi di dire che la scuola ha purtroppo acuito il problema con la digitalizzazione esasperata del registro elettronico. Il ragazzo è obbligato a consultarlo continuamente perché tutto è lì dentro. Non ti nego che io, per limitarne l’utilizzo, ho imposto ai miei figli di scrivere su un foglio i compiti da fare, come facevamo col diario, in modo da non avere continuamente il telefono in mano. A ciò poi si aggiungono quei professori che hanno il canale YouTube e spiegano i compiti a casa invitando i ragazzi a guardare i video. Cosa vogliamo sperare se gli insegnanti per primi mettono tutto sul registro elettronico? È necessaria una collaborazione tra scuola e famiglia altrimenti non ne usciamo…. Gli strumenti comunque ci sono: io limito il tempo di utilizzo giornaliero del telefono e glielo faccio funzionare mai più tardi delle 22 e non prima delle 7,15. Sono palliativi ma qualcosa dobbiamo pur fare. In questa settimana i bambini sono a fare un centro estivo in cui non è consentito l’uso del telefono. L’unica volta che abbiamo sentito i nostri figli mi hanno detto che erano entusiasti per tutte le attività all’aperto che avevano fatto….che sia un primo passo?
"Mi piace""Mi piace"
Quello del professore è un lavoro che presuppone il parlare davanti a un pubblico, e questo attira verso la nostra professione una marea di egocentrici e di esibizionisti. Nei casi più gravi a questi narcisisti non basta essere protagonisti in classe: vogliono esserlo anche sul web, e quindi aprono un canale Youtube. Ovviamente (come hai detto tu) fanno in modo che i loro studenti siano praticamente obbligati a consultarlo, perché così crescono le visualizzazioni, e per l’ego di questi professori vedere il numero dei clic che sale è un piacere incommensurabile.
Riguardo al registro elettronico, purtroppo per noi professori scrivere tutto lì dentro è un obbligo. Perché se un professore fa un compito o un’interrogazione senza aver specificato a chiare lettere sul registro elettronico cosa c’era da studiare e per quale giorno, sai cosa succede? Che a fine anno i genitori degli studenti bocciati si attaccheranno a quest’inadempienza per fare ricorso contro la bocciatura, sostenendo che se i professori avessero compilato in modo più puntuale il registro elettronico il loro figlio sarebbe stato messo nelle condizioni di studiare adeguatamente e non sarebbe stato bocciato. E’ più facile che un avvocato che si attacchi a questo che ai voti, perché sa che le valutazioni sono insindacabili, le inadempienze invece no.
"Mi piace""Mi piace"
Non stavo assolutamente dando la colpa ai professori ci mancherebbe! È proprio il sistema che secondo me è sbagliato. Il registro elettronico dovrebbe essere un supporto, non l’unico strumento! Ad esempio trovo diseducativo avere sempre in primo piano la media voti… Mette ansia e crea una competitività smodata tra i ragazzi che non fa bene soprattutto a coloro i quali hanno qualche difficoltà in più. So di alcune scuole che stanno un po’ tornando indietro almeno su questa storia dei voti…per me sarebbe opportuno.
"Mi piace""Mi piace"
E’ vero che il registro elettronico, mettendo in primo piano la media voti, accentua il senso di inadeguatezza degli alunni più deboli. Tuttavia, va detto che la loro frustrazione ci sarebbe comunque, perché si genera anche solo stando in classe e vedendo che loro vanno male e i loro compagni invece prendono tutti dei gran votoni. Noi professori proviamo a fargli capire che la scuola è un percorso individuale, che non devono fare confronti tra di loro eccetera, ma non c’è niente da fare: se uno studente si accorge di essere indietro rispetto al resto dei suoi compagni, tenderà comunque a buttarsi giù.
Va detto comunque che per uno studente debole la frustrazione più grande è data non dai voti, ma dalle spiegazioni. Quando uno studente prova a seguire ciò che sta dicendo un professore e si accorge che per lui quelle parole sono arabo, la frustrazione che prova nel rendersi conto che non ci sta capendo niente è molto più forte di quella che prova per un brutto voto. Perché il brutto voto può dipendere da tante cose (un mancato studio, una verifica troppo difficile eccetera), mentre invece se i tuoi compagni capiscono ciò che sta dicendo il professore e tu invece non afferri neanche un concetto la motivazione può essere soltanto una.
Alle superiori questo problema degli studenti che non capiscono si pone molto di frequente. Perché in molti casi ciò che spieghiamo alle superiori si basa su ciò che è stato spiegato alle medie, che a sua volta si basa su ciò che è stato spiegato alle elementari. Di conseguenza, se uno studente ha passato le elementari e le medie a grattarsi la pancia poi quando arriva alle superiori si rende conto che è troppo tardi per mettersi a studiare, e quindi l’unica è aspettare di compiere 16 anni per poi andare a lavorare. Ti auguro di cuore che nessuno dei tuoi figli si ritrovi mai in questa situazione.
"Mi piace""Mi piace"
Considerazione interessantissima!
"Mi piace""Mi piace"
Anch’io da insegnante mi sono reso conto di quante cicatrici abbiano lasciato sugli le chiusure dovute alla pandemia. Ad esempio, l’anno scolastico 2022/2023 è stato il primo anno senza DAD, e quindi l’abbiamo passato in aula dal primo all’ultimo giorno. Tu dirai: gli alunni ne saranno stati entusiasti. Invece no, perché questo per loro significava stare chiusi tra 4 mura dalle 8 di mattina all’una del pomeriggio, e questo gli faceva rivivere il trauma del lockdown. E infatti in quell’anno scolastico era un continuo chiedere di andare in bagno: appena tornava uno, altri 5 chiedevano di andarci dopo di lui. Nessuno di loro aveva realmente bisogno di andare in bagno: ciò di cui avevano realmente bisogno era evadere da un’aula che per loro era come una prigione, e mettersi a vagare 5 minuti per i corridoi dell’istituto.
Ovviamente, come hai detto tu, un altro problema che i nostri giovani si portano dietro dai tempi della DAD è l’incapacità di socializzare con i compagni e di rapportarsi correttamente con i professori. Queste cose si imparano a scuola, ma se a scuola loro non ci sono stati è chiaro che non le hanno mai imparate.
Un terzo problema che la DAD ha causato agli studenti è il fatto di aver peggiorato la loro dipendenza da cellulare. Quando c’era la DAD nella maggior parte delle loro case era disponibile un solo computer, e ne avevano bisogno la mamma o il babbo per fare lo smart working: di conseguenza, tutti loro seguivano le videolezioni da cellulare. E il pomeriggio lo usavano per i videogiochi. Risultato: hanno passato l’intero periodo della pandemia attaccati al cellulare dalla mattina alla sera, e adesso anche in classe non riescono più a staccarsene. Lo vedo quotidianamente a scuola: nei casi di dipendenza più gravi lo studente sta attaccato al cellulare dal primo all’ultimo minuto di lezione, nei casi più leggeri lo studente lo consulta una volta ogni 5 minuti, ma i ragazzi che sono capaci di tenerlo in cartella senza consultarlo mai (come prevederebbe in teoria il regolamento) si contano sulle dita di una mano.
L’episodio più sconvolgente a cui abbia assistito è successo giusto 2 mesi fa durante una mia lezione. Un ragazzo con una grave dipendenza da cellulare stava facendo un videogioco, e una sua compagna della fila davanti per scherzo gli ha levato il cellulare di mano: non l’avesse mai fatto! Per riprenderselo lui ha scavalcato il banco e si è tuffato su di lei con tutto il peso del corpo, con gli occhi iniettati di sangue di un drogato a cui era appena stata strappata di mano la sua dose.
Come si risolve tutto questo? Beh, è chiaro che alcuni dei problemi che ho descritto (dalla claustrofobia alla dipendenza da cellulare) sarebbero competenza di uno psicologo, ma è altrettanto ovvio che quasi nessuna famiglia ha soldi da investire in una terapia. Ergo, bisogna arrangiarsi con metodi alternativi. Ad esempio, se un genitore vuole curare la dipendenza da cellulare del figlio può bloccare l’utilizzo del suo smartphone almeno per gli orari di lezione. Alcuni genitori ne bloccano l’utilizzo anche per le ore pomeridiane, perché sanno che altrimenti il loro figliolo non si metterà a fare i compiti. Ma a mio giudizio non basta impedire materialmente ad un figlio di consultare il suo telefonino: bisogna risolvere il problema alla radice, facendogli capire quant’è brutto essere schiavi di qualcosa, e quant’è bello invece avere altri interessi nella vita che non siano i videogiochi del cellulare. Probabilmente alla maggior parte degli adolescenti questi discorsi entrerebbero da un orecchio e uscirebbero dall’altro, ma qualcuno che ci rifletterebbe sopra secondo me ci sarebbe.
"Mi piace""Mi piace"