Nella carrellata dei migliori numero uno con la maglia viola addosso, non poteva mancare uno dei protagonisti del secondo scudetto! Non solamente per il titolo ottenuto, ma anche per la decennale esperienza in Fiorentina, non ci possiamo certamente dimenticare di
FRANCO SUPERCHI
A difendere la rete viola dalla stagione 1965-1966 fino al 1975-1976, resterà per sempre nella storia per il conseguimento del secondo scudetto. Ultimo grandissimo interprete della dinastia dei portieri viola, dopo Costagliola, Sarti e Albertosi, ha disputato ben 295 gare tra i pali toscani rimanendo imbattuto ben 114 volte, cioè nel 38,6% delle occasioni. Le 266 reti totali subite sono veramente poche se rapportate alle gare giocate, con una media pari a 0,90 gol presi, solo leggermente più alta di quella di Albertosi. Con Superchi si chiude un periodo d’oro per la porta viola che troverà nuovamente interpreti eccellenti negli anni a seguire, ma senza più una continuità come quella appena raccontata nelle prime 4 puntate della rubrica.
Dopo aver parlato del portiere del primo scudetto, passiamo adesso al suo successore, altro grandissimo interprete del ruolo. Pur non essendo riuscito a vincere lo scudetto a Firenze, e nonostante abbia giocato prima e dopo due mostri sacri, i numeri e l’affetto dei tifosi viola, parlano assolutamente per
ENRICO (RICKY) ALBERTOSI
In maglia viola dalla stagione 1958-1959 (quando era il secondo di Sarti) a quella 1967-1968, ha preso il testimone di Giuliano Sarti senza farlo rimpiangere grazie anche alla vittoria di 2 Coppe Italia ed 1 Coppa delle Coppe! Ha disputato 227 partite totali nella Fiorentina subendo 187 reti alla incredibile media di 0,82 gol a partita rimanendo imbattuto in ben 108 occasioni, cioè nel 45% dei casi. Statistiche incredibili che lo issano certamente nell’olimpo dei più grandi portieri viola di tutti i tempi!!
Dopo Leonardo Costagliola, tocca ad un portiere che con Fiorentina ed Inter ha vinto praticamente tutto. È stato il numero 1 del primo scudetto viola, di una Coppa Italia ed 1 Coppa delle Coppe oltre ai trofei conquistati con i nerazzurri (tra cui due Coppe dei Campioni e due Coppe Intercontinentali). Avrete già capito che sto parlando di
GIULIANO SARTI
In maglia viola dalla stagione 1954-1955 per sostituire Costagliola a quella 1962-1963, è stato un vero simbolo della squadra viola e di Firenze, città in cui si fermerà a vivere anche dopo il ritiro. Ha disputato 240 partite totali nella Fiorentina subendo 235 reti alla straordinaria media di 0,98 gol a partita rimanendo imbattuto in ben 98 occasioni, cioè nel 40,8% dei casi. Una media eccezionale anche per una Fiorentina tra le migliori della storia.
In questa carrellata cercherò di presentare velocemente ed innanzitutto con le statistiche, i migliori estremi difensori visti a Firenze. Il primo è certamente
LEONARDO COSTAGLIOLA
In maglia viola dalla stagione 1948-1949 a quella 1954-1955, è stato il primo vero interprete del ruolo. Ha disputato 230 gare totali nella Fiorentina subendo 292 reti alla media di 1,27 gol a partita rimanendo imbattuto in ben 76 occasioni, cioè nel 33% dei casi, ottima media per un calcio in cui spesso le reti fioccavano!
Dal 4 marzo 2018 la partita tra Fiorentina e Cagliari non può più essere considerata una gara come tutte le altre. Da quel maledetto giorno, due squadre, due città, due tifoserie, sono unite sotto un’unica stella, quella di Davide Astori: ottimo calciatore, splendida persona sempre pronto ad offrire un sorriso a tutti.
Se si parla di calcio, e si guarda alla rosa delle due squadre, ci accorgiamo che i punti di contatto, oltre al capitano, sono diversi. Il portiere dei sardi Alessio Cragno ad esempio, è nato a due passi da Firenze in quel di Fiesole ed è un prodotto di uno dei settori giovanili più illustri del capoluogo toscano, la San Michele Cattolica Virtus. Più volte accostato ai viola nelle ultime stagioni, è diventato una colonna portante dei rossoblu.
Se dal reparto arretrato ci spostiamo a centrocampo, la colonia dei viola mancati per un soffio diventa più nutrita. L’ex direttore sportivo viola Corvino ha inseguito a lungo uno dei centrocampisti rivelazione di questa stagione, quel Nahitan Nandez che più volte dal Boca Juniors sembrava in procinto di sbarcare a Firenze. Come spesso è accaduto nel secondo mandato di Corvino però, la proprietà viola in regime di autofinanziamento ha tergiversato di fronte ad una clausola rescissoria di 18 milioni che appariva troppo esosa. Dopo molti abboccamenti, è arrivato il Cagliari che ha soddisfatto la richiesta della società argentina ed ha portato a casa uno dei centrocampisti più continui di questa stagione: interno o esterno di un centrocampo a 3 o a 5, macina chilometri abbinando il consueto carattere uruguagio ad una più che discreta qualità tecnica. Acquisto tanto sottovalutato, quanto azzeccato.
Altro pallino del vecchio direttore sportivo e della vecchia proprietà è stato certamente Marko Rog. Centrocampista incursore, tra i giovani talenti della scuola croata, è stato più volte nel mirino della Fiorentina sia prima di approdare al Napoli che successivamente. Finora ha reso molto meno di quanto tutti si aspettassero. Da quando è in Italia ha giocato sotto la guida di diversi tecnici ma non è ancora esploso. Dotato di grande corsa e tempo di inserimento, probabilmente non ha ancora trovato quella continuità che potrebbe farlo sbocciare definitivamente. Arrivato in Italia con la nomea di essere un centrocampista che vede bene la porta, finora non ha inciso molto: speriamo non si sblocchi proprio contro la Fiorentina.
In un centrocampo a 3 con Nandez e Rog potrebbe giocare anche uno dei più grandi rimpianti della prima campagna acquisti dell’era Commisso, cioè Radja Nainggolan. Tornato in questa stagione agli splendori di Roma, decisivo nel suo giocare a tutto campo senza risparmiarsi mai, quando è in forma unisce qualità e quantità come quasi nessuno in Italia. Vede la porta, lancia i compagni, vince contrasti, ribalta il gioco senza paura. In una dimensione come Cagliari è tornato il gladiatore che avevamo ammirato a Roma e che avrebbe fatto tanto comodo a Firenze. La sua leadership, in una compagine giovane come quella viola, sarebbe stata dominante ed avrebbe probabilmente evitato tanti dei passaggi a vuoto subiti in questa brutta stagione.
Dai possibili acquisti mai definiti, passiamo adesso alla cessione principe del mercato estivo della Fiorentina, quella di Simeone proprio alla compagine sarda. Calciatore tanto generoso quanto battagliero, il Cholito non è certamente ricordato per la precisione sotto porta: esempio per tutti il gol fallito di testa a porta vuota nella trasferta di Genova contro i grifoni lo scorso anno. La realtà però è probabilmente più complessa e chiama in causa anche l’oggettiva pochezza del gioco offensivo della Fiorentina. Non sarà un caso se negli ultimi anni in casa viola non è mai sbocciato un nuovo bomber. Il giocattolo si è poi definitivamente rotto quando l’attaccante argentino ha avuto la bruttissima idea di zittire il pubblico della Curva Fiesole dopo un gol segnato: gesto inaccettabile che ha probabilmente messo la parola fine alla storia di Simeone a Firenze. Quest’anno però, il Cholito ha raggiunto la doppia cifra grazie ad una squadra che, con Maran prima e Zenga poi, cerca spesso la via del gol con giocate in verticale e con tanti cross dal fondo: proprio ciò che esalta le doti di un calciatore che certamente non è un bomber di razza ma che comunque non sfigura nella Serie A attuale.
Sono dunque molti i temi della prossima gara di campionato, ma questa era, è e resterà per sempre la partita di Davide Astori, il calciatore che con la maglia della Fiorentina e del Cagliari ha vissuto le sue migliori stagioni. E proprio per questo, in ricordo di un campione nella vita, di un esempio per tutti, viola e rossoblu hanno deciso che mai più nessuno potrà indossare quella maglia numero 13 che Davide Astori ha portato in modo unico ed irripetibile.
Ciao Davide, le tue squadre ed i tuoi tifosi non ti dimenticheranno mai.
Definizione: rispetto che l’uomo, conscio del proprio valore sul piano morale, deve sentire nei confronti di sé stesso. Così recita la Treccani se si cerca il significato del termine dignità. Tale parola è stata poi declinata in modi diversi in campo religioso, politico, economico, sociale. Ciò che non può però mai sfuggire a tale declinazione è che gran parte della dignità di una persona passa per la tranquillità economica e sociale. La libertà di poter fare determinate scelte grazie al proprio lavoro e grazie alla sicurezza che proviene dai propri diritti è probabilmente l’espressione più alta di dignità a cui si possa pensare.
Negli ultimi mesi della nostra vita, il Covid ha fortemente impattato sul concetto di dignità ed ha rimesso in discussione gran parte di quelle certezze che venivano date ormai per scontate negli ultimi anni. Le scelte politiche di continuare a tagliare e dunque a smantellare progressivamente la sanità pubblica, e di centralizzare sempre più servizi sanitari in strutture polifunzionali sono state, in questo periodo, sonoramente bocciate dalla storia. Lo Stato, grazie purtroppo alla gravissima emergenza che ha dovuto affrontare, è finalmente tornato ad investire nel personale sanitario e nelle attrezzature necessarie alla cura delle persone e, nel contempo, ha riscoperto la fondamentale importanza della medicina territoriale.
Nondimeno la dignità delle persone è stata colpita nel mondo del lavoro. Sinceramente, fino a marzo 2020, solo pronunciare l’espressione “cassa integrazione” mi faceva rabbrividire, ma sembrava comunque una possibilità talmente lontana da non dover essere nemmeno presa in considerazione. Poi è arrivato il Covid e, con esso, il blocco totale del settore nel quale lavoro. Da espressione lontana, di cui sentivo parlare solamente in televisione, la cassa integrazione è diventata la mia realtà quotidiana con la quale fare i conti. Dapprima due settimane, poi un mese, poi due. E’ difficile poter spiegare come ci si senta quando di punto in bianco si passa da avere obiettivi quotidiani a non averne nemmeno settimanali. Quando si passa da avere una vita caotica ad una completamente vuota. Quando si passa da una vita che sembra un puzzle in cui dover incastrare responsabilità familiari, orari lavorativi e passioni imperiture, ad una vita in cui si cerca di avere alcuni impegni per riempire gli spazi di una pagina completamente vuota e bianca. E tutto ciò accade in 48 ore, senza preavviso, senza preparativi, senza manuale di istruzione.
Ecco a cosa serve lo Stato, ecco a cosa serve essere COMUNITA’: la cassa integrazione, il reddito di emergenza, il reddito di cittadinanza, il bonus per le partite IVA, quello per i baby sitter e per i centri estivi, qualunque forma di sostegno economico in un momento come quello è sinonimo di DIGNITA’. Dobbiamo smettere di dire che sono soldi pubblici gettati al vento che servono solamente per far stare i giovani (ed anche i meno giovani) sul divano. Chi si ritrova da un giorno all’altro senza lavoro, senza sostentamento economico, senza la tranquillità necessaria per dormire, è una persona fragile da dover aiutare, non da schernire. Si chiama SOLIDARIETA’, parola ormai desueta e fuori moda che però dovremmo recuperare non solamente nei momenti di pandemia ma in ogni singolo momento del nostro percorso di vita. La dignità passa per prima cosa dal lavoro e non sempre chi non lavora lo fa perché non ne ha voglia, anzi tutt’altro.
Questa nuova realtà scaturita dalla pandemia con cui ci dobbiamo confrontare chiamerà però tutti ad un bagno di umiltà: l’ascensore sociale si è bruscamente fermato e, per la prima volta dalla seconda guerra mondiale in poi, la nostra generazione non sarà capace di migliorare la propria condizione economica-sociale rispetto a quella dei propri padri.
Tornerà insomma di moda la frase che ripetevano spesso i miei nonni:
“Tutti i lavori, anche quelli più umili, sono dignitosi a patto che siano onesti”.
La tradizione è la tradizione ed il 24 Giugno, San Giovanni patrono di Firenze, il fiorentino verace va a fare un giro in centro.
Anche quest’anno, nonostante le limitazioni dovute al Covid abbiano fatto saltare il Calcio Storico ed i tradizionali “fochi”, non ho resistito alla bellezza della nostra città. Stavolta però ho trovato un centro diverso: svuotato, silenzioso, con tante serrande abbassate o negozi desolatamente vuoti. Il brulicare di turisti che negli ultimi anni aveva sempre più popolato Firenze è svanito come neve al sole ed adesso ci scopriamo più soli, ma soprattutto più poveri e la colpa non può certamente essere addossata solo alla pandemia.
La realtà è che la nostra città è stata lentamente trasformata in una vetrina buona quasi esclusivamente per i turisti e per un turismo spesso nemmeno di qualità. Dalla giunta Renzi in poi, le scelte sono andate tutte in questo senso e negli ultimi 10-12 anni Firenze ha preso le sembianze sempre più di un luna park per i soli turisti. Il primo passo è stato la liberalizzazione selvaggia delle licenze che ha prodotto un’apertura indiscriminata di minimarket, paninoteche, ristoranti per turisti, senza dimenticare i negozi dediti solamente alla vendita di osceni ed inutili souvenirs. E’ stata in questo modo cancellata completamente dal centro la bottega artigiana e sono stati costretti a chiudere esercizi di ristorazione di qualità travolti dalle nuove aperture. Tutto ciò non era però sufficiente per svuotare completamente il centro dai fiorentini: serviva anche togliere alcune delle più importanti funzioni che portavano giovani e meno giovani, professionisti ed impresari ad abitare ancora dentro le mura. La scelta folle di trasferire il tribunale è stato il primo errore madornale, ma trasferire l’Università è stato il colpo finale. In un attimo, gli studenti fuori sede che popolavano il centro mattina, pomeriggio e sera sono spariti e sono stati rimpiazzati da frotte di turisti del mordi e fuggi con i quali le casse comunali si sono velocemente ingrassate. Dalla tassa di soggiorno ai ticket per i bus, abbiamo trovato la gallina dalle uova d’oro. Intanto i fiorentini hanno venduto o affittato gli appartamenti e, nel contempo, si sono trasferiti altrove. Un delitto perfetto che adesso paghiamo a caro prezzo.
Perché un fiorentino oggi dovrebbe vivere in centro? Senza servizi, con il trasporto pubblico che di notte non funziona, con i parcheggi che non bastano mai e la movida che imperversa indisturbata. E’ giusto amare la propria città ma così è decisamente troppo!!
Finalmente, una volta che il Covid ha fatto aprire gli occhi a tutti, sembra si voglia iniziare a pensare e disegnare una nuova idea di città: sopravviverà il desiderio di cambiamento al ritorno dei turisti? Oppure una volta tornati a crescere gli introiti delle casse comunali, tutti i buoni propositi cadranno nel dimenticatoio?
Una cosa comunque è certa: i fochi di San Giovanni…..erano meglio l’anno scorso!!!!
Sono passati 10 anni da quella maledetta notte tra il 1 ed il 2 Giugno del 2010 quando Lorenzo Guarnieri fu travolto ed ucciso mentre tornava in scooter a casa dopo una serata con amici. Molti di voi conosceranno la battaglia eroica che la famiglia di Lorenzo ha combattuto fino alla vittoria ed all’ottenimento della legge sull’omicidio stradale. Chi volesse saperne di più può consultare www.lorenzoguarnieri.com.
Basterebbe la lettura di una piccola parte di questa straziante storia per ammirare la forza, l’intraprendenza, la meravigliosa ed instancabile cocciutaggine dei genitori e della sorella di Lorenzo, ma in questo blog vorrei ricordare il bello di questa storia, LORENZO.
Durante la mia breve ma intensa “carriera” di istruttore di scuola calcio e di allenatore di settore giovanile ho avuto la fortuna di conoscere tantissimi bambini e ragazzi splendidi, tra questi Lorenzo Guarnieri. Arrivava da un altro sport, la pallavolo, era alla prima esperienza nel calcio e spinto da alcuni amici venne a provare nella squadra che all’epoca allenavo. Era un ragazzo educatissimo, ligio alle regole, con una famiglia solida e presente alle spalle. Gli bastava uno sguardo per capire l’esercitazione, il gioco, l’approccio da avere nell’allenamento. Era mancino, amava correre, saltare e tirare in porta, ma soprattutto amava imparare. Subito dopo la spiegazione dell’esercizio, non si vergognava mai a domandare ciò che non aveva capito e non aveva mai paura di sperimentare e dunque di sbagliare.
Se ci pensate, questa è una delle prerogative delle persone intelligenti: invece di guardare gli altri e copiare ciò che facevano, Lorenzo si metteva sempre in gioco in prima persona…..nel calcio, come nella vita, non basta scimmiottare gli altri ma si deve tendere all’interpretazione personale del gesto tecnico. Se si riesce ad interiorizzare il gesto attraverso il proprio modo di realizzarlo, sarà automatico eseguirlo nuovamente risolvendo il problema che ci troveremo davanti grazie ad una propria interpretazione. Lorenzo non era certo un fuoriclasse nel calcio, ma l’ostinata ricerca della comprensione del gioco e del gesto, lo rendeva un ragazzo speciale, un ragazzo di vaLore.
Inizialmente giocava poco, ma anche quando era in panchina accanto a me, era solito fare domande ed interessarsi a ciò che succedeva in campo. All’epoca, essendo l’ultimo anno della scuola calcio, insegnai alla squadra i primi dettami della tattica individuale e di reparto proponendo il sistema di gioco del 4-4-2 a zona. Lorenzo giocava indistintamente esterno sinistro in difesa ed a centrocampo: lui prediligeva giocare più avanti per cercare la via della rete, ma gli avevo spiegato che grazie alle sue capacità atletiche con il tempo sarebbe diventato un ottimo esterno sinistro a tutto campo e dunque doveva imparare bene la fase difensiva….si convinse a seguire le mie idee e nella seconda parte della stagione crebbe molto giocando sempre più spesso.
Ogni tanto però, gli concedevo di giocare più avanti e durante un torneo di fine stagione fece anche gol. Ricordo ancora che quando rientrammo negli spogliatoi gli dissi:
“Allora Lore non sei così scarso davanti…mi sa che non ci ho capito nulla”….il sorriso con cui si rivolse verso di me rimane il ricordo più caro di un ragazzo eccezionale.