Appunti sparsi dal mondo della scuola (ultima parte)

Siamo giunti al termine del mandato da rappresentante del consiglio d’istituto.

Sono stati tre anni intensi, vivi, molto interessanti che mi hanno fatto crescere da tantissimi punti di vista, un’esperienza gratificante che consiglio a tutte quelle persone che hanno a cuore la crescita e lo sviluppo dei propri figli. Non sono necessarie competenze specifiche né titoli di studio, ma servono invece pazienza, entusiasmo, capacità di mediazione. Al termine di questo mandato, ho deciso a malincuore di non ricandidarmi, nonostante i tantissimi attestati di stima ricevuti, poiché (fortunatamente) i carichi di lavoro sono aumentati e dunque non avrei più il tempo necessario per fare le cose per bene; conciliare i tempi di vita con quelli familiari è sempre stato uno degli obiettivi della mia vita fin da quando con Claudia abbiamo deciso di avere figli ed avere il tempo necessario per Niccolò e Mattia indirizza da sempre le mie scelte.

E’ stato un percorso bellissimo che mi ha permesso di conoscere persone meravigliose che vivono per la scuola e per i nostri ragazzi, persone (insegnanti, personale della scuola ma anche genitori) che ricevono troppo spesso come unica gratificazione quella della serenità dei nostri figli nell’ambiente scolastico. Senza la passione e talvolta il senso di missione di queste persone, saremmo tutti più poveri non solo culturalmente ma anche dal punto di vista sociale.

Sono state tante le sfide di questi tre anni, dalla stesura del nuovo regolamento di istituto che ha mirato ad accompagnare le nuove esigenze delle studentesse e degli studenti, alla selezione di progetti più vicini ad un mondo che cambia così velocemente, dalla gestione dei fondi del PNRR alla risoluzione di tanti piccoli problemi che però si scontrano da sempre con una burocrazia allucinante, una burocrazia che non rappresenta però lo scoglio più grande: se dovessi individuare il nodo da risolvere al più presto infatti, denuncerei l’assenza di collaborazione, lo scollamento totale che talvolta esiste (nel nostro caso sicuramente) tra la parte amministrativa ed il resto della scuola. Un’assenza di coordinamento e di scambio di informazioni che mina alle fondamenta la possibilità di lavorare a pieno sugli obiettivi didattici, quelli ai quali si dovrebbe puntare per la crescita delle alunne e degli alunni.

La “battaglia” per la quale mi sono speso di più in questi tre anni è stata certamente quella per la rendicontazione e la pubblicizzazione del cosiddetto contributo volontario che i vari plessi annualmente chiedono ai genitori. Dal momento che la raccolta di questo contributo è divenuto sempre più difficoltoso sia per le condizioni economiche del nostro paese che per l’informatizzazione del meccanismo, diventa necessario far capire ai genitori quanto sia importante per la scuola poter contare su quei soldi. Risulta però necessario, per poter centrare l’obiettivo, comunicare a chi deve pagare che fine fanno quei soldi. Dopo tre anni, sono orgoglioso di dire che ogni plesso del nostro istituto comprensivo è in grado di raccontare ai genitori come sono stati spesi i soldi, quali progetti sono stati finanziati, come verranno impiegati gli introiti dei prossimi anni. Un aspetto ancora più importante se pensiamo che prestissimo la scuola non potrà più fare affidamento sui soldi del PNRR, soldi che hanno contribuito ad un rinnovamento eccezionale nelle aule e non solo.

Ecco dunque un altro aspetto da migliorare, la comunicazione tra scuola ed “utenza”: l’assenza di comunicazione non rende giustizia e merito al lavoro ed agli sforzi che quotidianamente tutti gli operatori del mondo della scuola mettono in campo per formare i cittadini di domani. Un tallone d’Achille che mina alle fondamenta la capacità da parte di tutti di conoscere e giudicare ciò che accade ogni giorno ai propri figli!

Chiudo infine con un auspicio per il futuro, un auspicio al quale avrei provato a lavorare se fossi stato in grado di candidarmi nuovamente: credo sia necessario che la scuola di domani si apra maggiormente al territorio, non abbia paura di contaminarsi con associazioni, esperti, professionisti che siano in grado di portare nelle aule i problemi della vita reale, dalla sicurezza stradale all’educazione affettiva, dall’utilizzo della tecnologia all’intelligenza artificiale. Una scuola che in questo modo riesca a parlare il linguaggio dei bambini e degli adolescenti, che sappia essere non solamente un centro di formazione ma anche di socializzazione e di aggregazione, una scuola che non resti con la testa rivolta all’indietro ma abbia i piedi ben saldi nel presente per poter immaginare il domani della nostra società.

Appunti sparsi dal mondo della scuola (parte 12)

Anche se le vacanze estive sono ormai un lontanissimo ricordo, il mondo della scuola ha i propri tempi ed i propri riti e dunque il primo consiglio di istituto di questo anno scolastico si è tenuto solo pochi giorni fa.

Saranno le pile ricaricate, sarà un’oggettiva buona gestione del nostro istituto comprensivo, ma il primo ritrovo dopo oltre tre mesi ha riconfermato il clima sano e collaborativo che abbiamo quasi sempre avuto nelle nostre riunioni. Ho sempre pensato, e questa esperienza me lo sta confermando, che quando la gestione dei problemi è dettata da scelte di ampio respiro e di lungo periodo, tutto è più semplice. Se invece, al contrario, si vivacchia prendendo decisioni solo dettate dall’emergenza, non si può essere capaci di dare una visione complessiva ed una direzione; inoltre non si riesce nemmeno a valorizzare le competenze del gruppo di persone con le quali si lavora proprio perché si tappa solamente i buchi dell’oggi senza pensare al domani.

Nell’ultimo consiglio di istituto abbiamo affrontato un altro punto del programma triennale di mandato che ci eravamo prefissati: dopo aver cambiato ed aggiornato il regolamento di tutto il comprensivo, adesso tocca al regolamento degli organi collegiali a distanza. Questa specificità, la cui importanza è aumentata a dismisura sia durante che dopo la pandemia, ha preso piede arrivando ad essere il metodo preferito da tantissime scuole sul territorio: nel nostro caso però, vorremmo limitarne l’uso ai casi in cui sia necessario, poiché come consiglio d’istituto crediamo ancora fermamente alla cura dei rapporti interpersonali ed allo scambio a quattr’occhi come mezzo di crescita professionale.

Dopo aver sbrigato alcune faccende burocratiche, abbiamo però deliberato in merito a due cose che mi hanno reso orgoglioso del percorso che stiamo facendo. Negli ultimi anni, i casi di disturbi alimentari nei ragazzi stanno aumentando vertiginosamente e non basta più l’approccio personale al problema. Il nostro istituto, e nello specifico la nostra scuola secondaria di primo grado, è stata coinvolta in un progetto pilota che potrebbe rivelarsi fondamentale nella metodologia di intervento nei confronti di questi problemi. L’ospedale Meyer infatti, ha scelto il quartiere 2 come quartiere di riferimento per uno studio metodologico, e la nostra scuola media come uno degli istituti coinvolti. Durante questo anno scolastico, verranno attuati dei protocolli di prevenzione di intervento che saranno monitorati grazie ad alcuni test ed incontri con specialisti del settore che provvederanno anche a formare i docenti. Grazie poi ad alcuni laboratori, sarà possibile coinvolgere attivamente i ragazzi non solamente facendoli riflettere sulle dinamiche di questi disturbi, ma anche offrendo loro strumenti operativi per poter affrontare queste difficoltà e, nel caso, aiutare compagni affetti da queste problematiche. Il progetto poi, ha l’ambizione di coinvolgere anche le associazioni sportive del nostro quartiere in modo da creare una sinergia operativa in grado di creare una rete di intervento che possa aiutare i nostri ragazzi in ogni ambito si ritrovino a dover convivere con questo problema.

Dopo il voto unanime a favore dell’importante progetto, siamo passati all’esame di una questione che mi sta molto a cuore, quella dell’utilizzo dei cellulari e del registro elettronico. In quello utilizzato dalla scuola media del nostro istituto è sempre apparsa la media dei voti delle nostre ragazze e ragazzi in bella evidenza come prima immagine appena aperta la app. Oltre che creare grande ansia nella stragrande maggioranza di studenti e famiglie, ci siamo chiesti quale utilità potesse avere un arido numero in bella vista e la discussione che ne è nata è stata franca ed approfondita. Il dirigente scolastico ad esempio, ha fin da subito espresso il proprio parere favorevole alla soppressione della visibilità del voto anche perché (e questo non lo sapevo), la media generale dei voti è un valore che non ha senso di esistere, visto che non esistono circolari o regolamenti scolastici che lo prevedano. Non solo, ma tale media, non serve nemmeno in vista dell’esame di terza e dunque, oltre a creare ansia, è anche del tutto inutile! Insieme all’altra rappresentante della scuola media, ho perorato la causa della cancellazione trovando grande comprensione sia dal corpo docente che dagli altri rappresentanti. Oltre a ciò, abbiamo anche discusso delle medie delle varie materie ma siamo stati quasi tutti concordi nel mantenerle perché hanno innanzitutto un valore legale, e poi fotografano l’andamento del ragazzo in quella disciplina. Non mi sono fatto però sfuggire l’occasione per cercare di sensibilizzare maestre e professori in merito ad un utilizzo più parsimonioso del registro elettronico: negli ultimi anni infatti, una delle emergenze più importanti che sta emergendo nei nostri ragazzi, è quella della dipendenza dai mezzi elettronici. L’utilizzo, come unico canale di comunicazione, del registro elettronico, credo non possa far altro che acuire il problema.

Una Firenze unica sulle ali della musica

Quando lo scorso anno mia moglie Claudia mi ha proposto di andare in riva all’Arno ad ascoltare dell’ottima musica che proveniva da una zattera ho pensato sinceramente che l’ideatore di quella rassegna musicale fosse un fantastico sognatore.

La serata che ho vissuto poi, mi ha regalato emozioni, vibrazioni positive arrivate grazie alle note musicali, alle luci, all’atmosfera fantastica che si respirava in quell’ambiente così particolare eppure così intimo e familiare. Quell’esperienza mi ha spinto scrivere un pezzo sul blog, un articolo talmente apprezzato dal sognatore di cui sopra, Nicola Mazzoleni, da farmi ricevere tanti complimenti ed anche una richiesta di un (piccolissimo) aiuto per l’edizione che sta per arrivare, il prossimo 19 luglio. Un’edizione che cambia location, approdando in un luogo storico fiorentino come il Ponte Vecchio sotto al quale ci sono quei Canottieri che rappresentano un angolo della città che ogni amante di Firenze non può non conoscere; cambia anche il format della rassegna concentrandosi in un’unica esplosiva serata di quattro ore in cui si esibiranno solamente artiste femminili.  Ai Canottieri si potrà inoltre cenare (prenotando), bere, aperitivare, fare qualunque cosa sia concessa ma sempre con l’accompagnamento di un’ottima musica ed un’atmosfera che solo Firenze sa regalare….siete pronti??? Vi assicuro che vivrete una serata unica!

Per tutte le info cliccate sul link qui sotto

https://liveontheriver.it/

Appunti sparsi dal mondo della scuola (parte 11)

Il rompete le righe è finalmente arrivato anche per il consiglio d’istituto ma, come in ogni scuola che si rispetti, avremo da fare i compiti per casa!

Come avevo già scritto anche nello scorso articolo, il mondo della scuola, almeno dal punto di vista progettuale, sembra non fermarsi mai e spesso le decisioni in merito alla conclusione di un anno scolastico si intersecano ed hanno conseguenze anche su quello successivo. Ecco perché è fondamentale cercare di tenere tutto insieme, cercando di mantenere la coerenza e la continuità in tutto l’istituto comprensivo: tale comportamento permette ai nostri ragazzi di non soffrire il cambio di scuola, di insegnanti, di professori o comunque di non avere agenti esterni che possano metterli in difficoltà. E’ per questo che stiamo cercando di offrire una progettualità arricchita da professionisti esterni solo e soltanto se quelle attività valorizzano la strada già segnata dai nostri insegnanti. Questo è purtroppo un tema assolutamente sottovalutato poiché troppo spesso si vuole solamente sbandierare progetti per cercare di rendere maggiormente appetibile la propria scuola senza però pensare alla continuità didattica che dovrebbe essere sempre salvaguardata.

I due spunti più interessanti della riunione sono stati certamente la rendicontazione del contributo volontario e l’adesione ad un progetto di cui vi parlerò. Quanto al primo punto, dopo numerosi solleciti, siamo finalmente riusciti ad ottenere una bozza del rendiconto di quanto le singole scuole abbiano speso o progettato di spendere relativamente ai soldi che tutti gli anni le famiglie versano “volontariamente” all’Istituto Comprensivo. Più volte infatti, avevamo lamentato la totale assenza di risposte in merito alla destinazione di tali soldi e, soprattutto, il mancato utilizzo degli stessi. Le nostre istanze sono state finalmente accolte e, da una parte i docenti hanno progettato le spese, dall’altra abbiamo avuto risposte ancora incomplete ma comunque importanti. Questo soprattutto perché ci siamo accorti che il numero di genitori che versa il contributo sta velocemente diminuendo in parte proprio perché non conoscono la destinazione di questi soldi. Nel prossimo anno scolastico speriamo sia più semplice per i rappresentanti di classe andare a chiedere il versamento del contributo a fronte delle spese effettuate per migliorare la nostra proposta didattica attraverso l’acquisto di macchinari e l’ausilio di professionisti esterni.

Se l’ottenimento della rendicontazione è stata una bella iniezione di fiducia, l’adesione al piano “Agenda Nord” ha nascosto invece una bella doccia fredda. Abbiamo infatti scoperto che il nostro istituto, al pari di tanti altri, in base ai test INVALSI degli ultimi anni, ha subìto un calo strutturale dei risultati conseguiti. Questo progetto mira a ridurre il potenziale abbandono scolastico attraverso il potenziamento delle competenze per combattere il calo generalizzato del sapere degli alunni al quale stiamo assistendo. Ciò è certamente in parte dovuto al sempre maggior numero di bambini stranieri nelle nostre classi ma anche e soprattutto dagli effetti che ci trasciniamo ancora dietro dal periodo delle chiusure dovute alla pandemia. Purtroppo i nostri ragazzi scontano le lezioni in DAD, l’impossibilità di frequentare le aule, le ore di insegnamento e socializzazione perse. Per tutti questi motivi, il progetto sembra un’ottima idea per provare ad invertire la tendenza cercando di potenziare non solamente le tre materie più importanti (italiano, matematica ed inglese), ma anche la socializzazione. Certo non sarà una singola iniziativa a risolvere il problema, ma tutto ciò che prova a ridurre la divaricazione di apprendimento all’interno delle nostre scuole deve essere sostenuto senza alcun tentennamento!

Uno splendido ritorno alle origini

Dal punto di vista professionale, è stata una delle avventure più stimolanti della mia vita, un vero ritorno alle origini.

Chi mi segue su questo blog fin dagli inizi o chi conosce la mia storia professionale, sa che la mia “carriera” lavorativa nasce nel calcio di base, nelle scuole calcio, nelle categorie più basse della piramide dei dilettanti, quelle in cui si và al campo quasi quotidianamente solo per la voglia di stare con gli altri, di condividere una passione, di provare a trasmetterla ai bambini sia che la si sperimenti in un rettangolo di gioco, sia che la si provi in una palestra di una scuola. Quando ho finito di giocare infatti, la mia sete di calcio non era stata soddisfatta (ed ormai credo non lo sarà mai) ed allora ho iniziato da una parte ad allenare in una scuola calcio e dall’altra a collaborare con la FIGC organizzando manifestazioni per bambini ed andando nelle scuole materne, elementari e medie ad insegnare attività motoria propedeutica al gioco del calcio. A contatto con i bambini, le bambine, le famiglie, le insegnanti ho toccato con mano l’importanza che lo sport, qualunque esso sia, ha per la nostra società: aiuta un migliore sviluppo del corpo umano, insegna le regole della convivenza, supera le differenze di lingua, di colore, di genere, insegna il rispetto per gli altri, abitua insomma alla democrazia.

Ho avuto il piacere e la gioia di rivivere tutto questo grazie al progetto che come addetto stampa del Comitato Regionale Toscano della Lega Nazionale Dilettanti ho potuto condividere con una persona splendida, il diacono Tommaso Giani. Quando lo scorso mese di settembre fummo contattati per mail da Tommaso, il Presidente del C.R.T. Paolo Mangini ed io, fui subito trasportato dall’entusiasmo che il racconto del progetto trasmetteva. Il diacono infatti, ci diceva di essere un grande appassionato di calcio, una persona che aveva sempre avuto un debole per la Terza Categoria: l’ultima serie, quella dove non si può retrocedere ma solo essere promossi, ma anche l’unica categoria dove ogni squadra nuova si può iscrivere. Il livello più basso del calcio, quello “pane e salame” (come diceva il mai abbastanza compianto Emiliano Mondonico), dove nessuno ci guadagna ma dove si gioca solo per amore e per passione. Dove chi scende in campo nel fine settimana gioca a fare il calciatore, ma nel resto della settimana si spende nello studio e nei posti di lavoro più svariati. La categoria, la Terza, che vale meno di tutte tecnicamente e sportivamente, ma che pure manda in scena il maggior numero di partite rispetto a tutte le altre serie. Uno o più gironi per ogni provincia, dalla periferia delle grandi città fino al campetto in mezzo alla campagna o il paesino sperduto in cima al monte, dove purtroppo sono andate via pure la farmacia, l’asilo o l’ufficio postale, la Terza Categoria continua imperterrita a scendere in campo, a costruire aggregazione sociale, a tessere relazioni umane.

Per questo Tommaso aveva scelto di prendersi una pausa dal calcio e dagli stadi delle serie professionistiche per buttarsi a capofitto nella Terza Categoria. E’ stato un viaggio entusiasmante che, con la collaborazione del Comitato Regionale Toscano Lega Nazionale Dilettanti ed alcuni sponsors, lo ha portato a girare tutta la Toscana in una località sempre diversa, su un campo sempre diverso, in una provincia diversa, con due squadre diverse. In una stagione, l’avventura ha permesso a Tommaso di conoscere 64 squadre in 32 partite: dalla Lunigiana al Casentino, dalle colline di Siena all’angiporto livornese, dal derby della discarica di Peccioli al ghiaccio di Zeri in Lunigiana. E, particolare fondamentale, Tommaso aveva deciso di non arrivare a queste partite al piano terra della Toscana pallonara a mani vuote, ma con una lauta merenda post-partita da offrire a entrambe le squadre e all’arbitro: una sorta di sala stampa a cielo aperto con mangiata inclusa!

La mossa, simile a quella che si effettua normalmente nel rugby, si è dimostrata una perfetta cornice nella quale i giocatori e gli addetti ai lavori sono riusciti a sbollire le emozioni dei 90 minuti, a fare amicizia fra loro e con Tommaso, a parlare insieme di calcio ma anche delle loro vite, ed a mettere in tavola (insieme a pizzette e schiacciatine) anche la loro Toscana, i loro paesi di appartenenza, i loro vissuti, i loro sogni. Un giro della nostra regione che potete recuperare sui social (https://www.facebook.com/lndtoscana) e sul sito del Comitato Regionale (https://toscana.lnd.it/), dato che settimanalmente è stato pubblicato un fotoreportage con immagini e racconti relativi alle partite in cui Tommaso si è presentato a sorpresa.

Sono felice ed orgoglioso di aver dato il mio contributo per pubblicizzare l’iniziativa poiché la sua idea rimette al centro i veri valori del calcio dilettantistico facendo conoscere le realtà meno reclamizzate del nostro mondo. Tommaso ha effettuato un giro per i campi della Toscana grazie al quale è riuscito a far conoscere personaggi, storie, tradizioni del nostro territorio. L’idea del terzo tempo poi, è la perfetta sintesi di uno sport in cui la lealtà ed il fair play camminano di pari passo con la competizione e la voglia di superarsi. E dunque, per dare la giusta importanza a questa manifestazione, dove potevamo celebrare la giornata conclusiva se non nel tempio del calcio italiano, quel Centro Tecnico Federale di Coverciano in cui si preparano da sempre i migliori calciatori e tecnici d’Italia? L’incontro tra la base e l’apice del mondo calcistico, con la presenza anche del Presidente degli allenatori italiani Renzo Ulivieri, è stata la chiusura perfetta di un progetto che ha cercato di ricordare a tutti la vera essenza del magico gioco del calcio.

La speranza è che i semi piantati in questa splendida cavalcata regalino germogli attraverso i quali il calcio torni ad essere un gioco, uno sport, un’occasione di socializzazione che faccia crescere ogni singolo partecipante alla partita indipendentemente dal proprio ruolo e dal risultato finale.

Appunti sparsi dal mondo della scuola (parte 10)

Mentre i ragazzi stanno festeggiando la fine dell’anno scolastico, ad eccezione di quelli impegnati negli esami, i lavori dietro le quinte vanno avanti per programmare il nuovo inizio.

L’obiettivo come sempre è quello di organizzare al meglio la ripartenza nei limiti delle proprie competenze, provando ad accogliere nel miglior modo possibile i nuovi arrivati e ad accompagnare in continuità chi sta già frequentando il proprio plesso. Sarà emozionante per i piccoli di 3 anni iniziare il proprio percorso dalla materna, così come sarà impegnativo per i nuovi scolari alla primaria ed alla secondaria riuscire ad ambientarsi con regole, interrelazioni e discipline completamente diverse nei temi trattati e negli approcci educativi. Provare a far loro trovare un ambiente accogliente e che li aiuti a superare le innegabili difficoltà che affronteranno, deve essere l’obiettivo primario di tutto il mondo scuola e dunque anche quello del consiglio di istituto.

L’ultima riunione è servita innanzitutto per approvare il conto consuntivo che ci ha mostrato buoni risultati. L’istituto comprensivo, spero anche per il lavoro effettuato in Giunta Esecutiva, ha diminuito quell’avanzo di gestione che avevamo segnalato più volte ed è riuscito a spendere con maggiore celerità. Sia i finanziamenti relativi al PNRR, che la scuola è riuscita a destinare nei tempi previsti ai progetti individuati, sia i fondi derivanti dai contributi volontari delle famiglie, sono stati programmati ed in gran parte spesi. La destinazione d’uso è stata ovviamente individuata dai docenti e dal dirigente ma ciò che conta è che, grazie ad essi, siamo riusciti a rafforzare l’offerta formativa, a dotare le aule di apparecchiature degne del 2024 ma soprattutto abbiamo regalato alle studentesse ed agli studenti in difficoltà finanziarie l’opportunità di partecipare a tutte le attività proposte. Senza questo aiuto infatti, sarebbero stati costretti a rinunciare ad occasioni di formazione e socializzazione fondamentali per la loro crescita.

Dispiace però dover segnalare che alcuni fondi i cui progetti sono stati tanto strombazzati da governi e ministri abbiano delle criticità importanti. Faccio riferimento a quei soldi che sono stati stanziati per l’apertura delle scuole nel periodo estivo: il tema è dibattuto da anni e l’iniziativa è assolutamente lodevole a patto però che sia dato il tempo alle nostre scuole di programmare le attività. Se invece, come accaduto per questo anno scolastico, si arriva a dover decidere cosa fare nel periodo estivo ed in quale modo solo ad aprile inoltrato, viene il dubbio che si tratti di uno spot e non di una misura a favore dei nostri ragazzi. Fortunatamente abbiamo un dirigente ed un corpo docenti proattivo sempre pronto a recepire ogni novità, ma cosa sarà successo nelle altre scuole? Con dirigenti che spesso cambiano istituto velocemente ed insegnanti precari, pensiamo davvero che in questa estate molte famiglie potranno usufruire del progetto scuole aperte? Da noi si è deciso di puntare sul rafforzamento della socializzazione in questa estate, proprio perché impossibilitati a buttar giù un programma di attività completo, mentre prossimamente l’obiettivo sarà quello di rafforzare le competenze di base sia nella scuola primaria che in quella secondaria. Resta comunque un’idea lodevole che merita di essere portata avanti, nella speranza che i finanziamenti siano continuativi e la programmazione prenda il posto dell’improvvisazione.

Questo mandato del consiglio di istituto si è certamente caratterizzato per un’ottima collaborazione ed una ricerca di condivisione delle scelte prese quasi sempre all’unanimità, ma sul calendario dell’anno scolastico 2024/2025 ciò non è stato possibile. Talvolta ho l’impressione che il corpo docente, composto certamente anche da tantissime madri e padri, non riescano a fare i conti con le realtà familiari in continuo cambiamento. Sono ormai un numero esiguo i genitori che fanno un lavoro di ufficio con orari che consentano di essere presenti sia all’entrata che all’uscita di scuola e, anche quelli che ci riescono, sono comunque costretti a salti mortali che necessitano di programmazione. Ecco perché, quando è arrivata in consiglio la proposta dell’adattamento del calendario scolastico con l’aggiunta del ponte del 25 aprile alle vacanze di Pasqua 2025 (per un totale di quasi due settimane consecutive di vacanza), abbiamo deciso di far sentire il peso delle famiglie che rappresentiamo. Pur sapendo che votare in dissenso ad una decisione del corpo docenti avrebbe potuto generare qualche frizione, non abbiamo avuto altra scelta se non bocciare la proposta e decidere in un altro senso. Per le famiglie, che già hanno immense difficoltà a gestire i figli nei tre mesi abbondanti di vacanze estive, sarebbe stato impossibile oltreché incomprensibile avere un’altra pausa di quasi due settimane. La fortuna vuole che comunque, in questo consiglio, anche quando le decisioni vengono prese a maggioranza, il clima resta buona per la capacità di mediazione del dirigente e del presidente e per la volontà da parte di tutti di trovare sempre un terreno comune di confronto: ottime prerogative per fare un buon lavoro.

Alla prossima!

Un libro che merita di essere letto

Dopo mesi che non lo facevo per assenza di tempo ma anche di stimoli nei confronti di un libro che non fosse quello al quale ho collaborato, il mio collega Francesco, un altro malato di calcio purtroppo ormai disilluso, ha trovato il titolo giusto per farmi tornare a leggere con piacere.

Tifo La passione sportiva in Italia

Edito nel 2022 dalla casa editrice Il Mulino, di Daniele Marchesini e Stefano Pivato, è un lavoro che indaga in maniera piuttosto approfondita un fenomeno che è stato troppe volte sottovalutato, quello della passione sportiva nel nostro paese e lo fa senza limitarsi allo sport nazionale, il calcio, ma saltando dal ciclismo al pugilato con lo stesso approccio e la stessa misurata profondità. “Tifo” è un libro che mi ha fatto appassionare anche alla nascita dei primi stadi, dei primi luoghi di ritrovo tra appassionati, quegli sferisteri in cui ci si radunava per vedere dal vivo uno sport che ormai non esiste più, il pallone col bracciale, che già tra il Settecento e l’Ottocento richiamava migliaia di tifosi sugli spalti (se così li vogliamo chiamare): quegli sferisteri che poi diventeranno stadi, ring o velodromi per seguire da vicino il grande Torino, Primo Carnera o Coppi e Bartali.

Un inizio di libro esaltante che però poi non mantiene le promesse quando si passa ad analizzare l’utilizzo dei campioni da parte dei regimi che negli anni Trenta dominano tutta Europa. In questa sezione della pubblicazione ho trovato francamente debole l’approfondimento sociologico del fenomeno che resta limitato ad episodi conosciuti da tutti come l’utilizzo da parte del fascismo del gigante “bianco” Carnera o la contrapposizione, nel dopoguerra, tra Bartali e Coppi, tra il democristiano Ginettaccio ed il libertino Fausto che si accompagnò ad una donna già sposata. Manca purtroppo, ed è il difetto più importante del libro, un approfondimento sulla strumentalizzazione che ad esempio il regime fascista in Italia fece deliberatamente del mondo dello sport e della passione sportiva veicolata come un’arma a disposizione delle camicie nere per arruolare giovani leve in una folle rincorsa bellicista a quel ruolo di superpotenza che non arrivò mai. L’altra parte che sinceramente non mi ha convinto del libro è quella relativa al gossip sportivo; se da una parte il lavoro di Marchesini e Pivato sembra cercarne il distacco, dall’altra il pettegolezzo è presente in ogni affresco dedicato ai campioni ed alle grandi squadre del passato. Questa irrisolta diatriba tra racconto e retroscena, mina un po’ il lavoro di ricerca che per certi versi è invece entusiasmante. La parte dedicata ai dolori collettivi, con un’analisi doverosa del grande Torino, è uno spaccato di quello che dovrebbe essere il giornalismo sportivo, così come il ritratto di Vittorio Pozzo e di Tazio Nuvolari, due leggende italiane non solamente sportive.

“Tifo” resta insomma un titolo molto interessante che però mette forse troppa carne al fuoco rispetto alle pagine dedicate al libro: un excursus meritorio che avrebbe avuto probabilmente bisogno di una scelta più appropriata delle tematiche da trattare. Finito di leggere, si resta nell’amletico dubbio se sia stata un’occasione persa oppure uno stimolo per approfondire le parti più interessanti del libro.

Alla prossima!