La scuola nostra Cenerentola

Sembra ieri che, caduto il governo Conte, tutti chiedevano che fosse avvicendata prima tra tutti la ministra Azzolina di cui si sottolineava la fallimentare gestione dell’anno scolastico più difficile di sempre, quello della pandemia. Dalla polemica sull’acquisto dei banchi a rotelle a quella sulla didattica a distanza utilizzata a sproposito e ben poco organizzata, era tutto un pullulare di persone che discernevano su come sarebbe ripartita la scuola una volta che il vero problema fosse stato risolto alla radice. Chiaramente non potevano mancare i soliti discorsi tesi a sottolineare la centralità della cultura e della scuola per tutta la società e per i nostri bambini e ragazzi in particolare.

Nel frattempo i mesi sono passati e tanti addetti ai lavori hanno più volte cercato di spronare il governo affinché risolvesse i problemi rimasti sul tavolo dopo il termine dello scorso anno scolastico. Siamo ad Agosto, cioè a poco più di un mese dalla ripartenza e non sembra che i nodi di cui si parlava a giugno 2020 (cioè più di 1 anno fa!!!) ed a giugno 2021 siano stati sciolti.

A spulciare i giornali (perché i titoli scandalizzati di allora adesso non riesco a trovarli) sembra che i presidi non siano molto ottimisti. I problemi degli angusti spazi scolastici non sono stati risolti, mentre il trasporto pubblico è fermo esattamente alla situazione di 15 mesi fa. Si parla nuovamente di entrate scaglionate, di tempi di vita delle città, di didattica a distanza a giorni alterni… E sono passati 15 mesi!!! Qualcuno ha notizia di quegli intellettuali, di quei giornalisti, di quei parlamentari che si stracciavano le vesti per le incapacità del governo precedente?

Adesso si parla della riforma della giustizia, del piano vaccinale, del PIL che riparte, delle imprese azzurre alle Olimpiadi, ma di scuola poco o per niente. A proposito della vaccinazione di massa che sta obiettivamente riscuotendo un buon successo poi, vorrei sommessamente ricordare che il generale Figliuolo aveva promesso che al 31 luglio una quota tra il 70 ed il 75 per cento della popolazione italiana sarebbe stata immunizzata con la doppia dose. Peccato che il ministero della sanità (non certo quei cattivoni di questo blog) ha affermato che la percentuale si è fermata a poco più del 60. Conoscete mica qualcuno che voglia fare qualche domanda? Qualcuno che intenda chiedere spiegazioni?

Quanto alle vaccinazioni poi, nelle ultime settimane continua il dibattito intorno alla possibile obbligatorietà per gli insegnanti. Sgombero subito il campo dagli equivoci: io sono assolutamente a favore! Come accade per i camerieri o per coloro i quali lavorano al pubblico che devono per forza avere il green pass, perché non dovrebbe essere richiesto lo stesso requisito per le persone che stanno accanto ai nostri bambini e ragazzi? E poi dico… considerando che il corpo insegnante è stato tra le categorie privilegiate che hanno avuto la possibilità fin da subito di lavorare da casa grazie alla didattica a distanza (quando funzionava) e non hanno perso un euro di stipendio, un giorno di lavoro, un’ora di permesso o di ferie, è plausibile chiedere qualcosa in cambio oppure no? La stessa domanda poi andrebbe fatta a quei sindacati che già si erano coperti di ridicolo proclamando uno sciopero generale mentre la stragrande maggioranza degli italiani era a casa in cassa integrazione o con un contratto non rinnovato per tutelare ancora di più gli statali, ma che non sembrano aver compreso la lezione! Si sono fin da subito dichiarati contrari all’obbligo vaccinale: forse perché il settore statale è rimasto tra i pochi sindacalizzati? Una cosa assolutamente inconcepibile!! E la cosa diventa ancora più incredibile quando lo stato chiede ai genitori di fare vaccinare anche i ragazzi della fascia di età 12-18 anni! Da qualche parte si inizia addirittura a parlare di possibili vaccinazioni per la fascia 6-12 per non fare perdere giorni di scuola ai bambini…. ma se invece abbiamo la maestra o il maestro no vax invece è tutto ok? Stiamo scherzando o cosa?  

La verità è che ancora una volta ci troviamo ad affrontare un colpevolissimo ritardo che non ha scusanti né giustificazioni. Per l’ennesima volta la scuola è stata messa in coda, dimenticata come se fosse secondaria anche da un governo che doveva dare la precedenza alle vere priorità del paese. Ad oggi ancora non abbiamo certezze né sull’inizio dell’anno scolastico né sulla gestione di una nuova possibile ondata di contagi con le quarantene e con tutto ciò che abbiamo già conosciuto negli ultimi 18 mesi.

Una brutta macchia sul governo Draghi che speriamo riesca nel miracolo di fare tornare alla normalità bambini e ragazzi che hanno già sofferto fin troppo. 

Il talento – parte undicesima

Mentre la rubrica volge ormai al termine, i candidati alla Presidenza della F.I.G.C. non sono ancora stati molto chiari in merito ai propri programmi per il prossimo quadriennio. Il 22 febbraio le componenti federali saranno chiamate a scegliere tra Gabriele Gravina, Presidente uscente, e Cosimo Sibilia, Presidente della Lega Nazionale Dilettanti nonché attuale vice Presidente.

Come spesso accade le idee in merito al futuro dell’Ente che si andrà a presiedere in caso di vittoria, sono oscurate dalle lotte di potere che anticipano la scadenza elettorale. Dal basso di questo pulpito, vorrei segnalare che il Settore Giovanile e Scolastico negli ultimi anni ha perso quella spinta propulsiva che aveva reso possibile un cambio di paradigma culturale nel lavoro delle scuole calcio e dei settori giovanili delle società dilettantistiche. Tale slancio è stato appannato da scelte sbagliate soprattutto nell’organizzazione delle competizioni, poiché è poi la gestione dei campionati che indirizza il lavoro delle società.

Detto dell’errore in merito alle società professionistiche, passiamo adesso ad analizzare la filiera dei campionati nel passaggio dall’ultimo anno degli Esordienti (facente parte ancora della scuola calcio) al primo anno della categoria Giovanissimi (primo anno di settore giovanile). Dovete considerare che le differenze tra queste due categorie sono molteplici e dunque tratterò solamente le più importanti:

  • Nella categoria Esordienti i bambini sono impegnati a giocare con squadre composte da 9 bambini mentre in quella successiva si inizia a disputare gare di calcio a 11
  • Nel nuovo campionato, Giovanissimi B, si introduce la figura dell’arbitro ufficiale con tutte le regole del “calcio dei grandi”: dunque oltre al fuorigioco, anche la presenza di cartellini gialli e rossi di cui troppo spesso si sottovaluta l’impatto emotivo e psicologico
  • Nella categoria Esordienti si giocano 3 tempi, mentre nei Giovanissimi se ne giocano 2
  • Nell’ultimo anno di scuola calcio (Esordienti) è obbligatorio far giocare tutti i bambini per almeno un tempo intero, mentre nella categoria Giovanissimi quest’obbligo scompare e dunque ci possono essere alcuni bambini che stanno tutto il tempo in panchina a guardare gli altri giocare.

Come si può evincere da quanto detto, è facilmente comprensibile come la competitività del nuovo campionato sia immensamente superiore rispetto a quello precedente. Credo che sia giusto iniziare a questa età (12 anni) con dei campionati veri e propri in cui siano presenti risultato e classifica poiché prima o poi i bambini devono essere messi davanti a quella competizione che poi sarà amica fedele in tutta la loro vita. Ciò che però trovo profondamente sbagliato è inserire, già nella categoria Giovanissimi B, oltre a risultato e classifica, le promozioni e le retrocessioni. In questa fascia di età infatti, l’annata è suddivisa tra il cosiddetto girone di merito (c’è chi lo chiama di prima categoria) ed i gironi “normali”. Chiaramente, alla fine dell’anno, ci sono delle squadre che retrocedono dal girone di merito o che in esso vengono promosse. Lo scalino tra il campionato Esordienti e quello dei Giovanissimi B così strutturato, mi sembra sinceramente troppo grande!

Si passa da un calcio a 9, senza arbitri né cartellini, senza risultati finali né classifiche a fine stagione, ad un calcio a 11 che scimmiotta in tutto e per tutto il calcio dei grandi. Io continuo a pensare, e non da oggi, che la prima categoria in uscita dalla scuola calcio debba essere una palestra che accompagni i bambini a diventare adolescenti non solo nella vita ma anche nello sport. Se invece li mettiamo di fronte a questo burrone subito, rischiamo di perderne tanti. Come si sentirà il bambino/adolescente che fino a ieri giocava ogni domenica e non aveva lo stress del risultato, quando appena qualche settimana dopo può passare mattinate intere a vedere giocare gli altri o magari essere rimproverato per aver fatto perdere una partita alla propria squadra?

Non sarebbe meglio passare da una categoria cuscinetto, in cui si introduce il cosiddetto calcio vero con risultati e classifiche ma si evitano almeno le promozioni e retrocessioni? Non basterebbe finire la stagione con delle finali, premiare i vincitori senza mortificare le squadre (e dunque i bambini) meno bravi?

Purtroppo non è la sola strada sbagliata intrapresa negli ultimi anni, ne vedremo altre al prossimo appuntamento!

Manuale di integrazione

“Adesso come facciamo a farli socializzare?” Quante volte abbiamo sentito questa domanda!

Quando sono stato la prima volta a Londra, nel 1995, ricordo che il mix di culture, colori, odori, look, pettinature, mi colpì profondamente. Mi colpì ancor più del Tower Bridge, del museo delle cere, del cambio della guardia a Buckingham Palace, di Harrod’s, dello stadio di Highbury. Dopo aver provato con mano la forza e la bellezza della mescolanza tra culture diverse, promisi a me stesso che mi sarei impegnato a trasmettere messaggi di integrazione con gesti, parole ed azioni.

Negli anni universitari poi, ho avuto la fortuna ed il privilegio di lavorare, su incarico della FIGC, nelle scuole materne e primarie di Firenze facendo l’insegnante di attività motoria. Mi è capitato spesso di svolgere la mia attività nelle scuole di confine, dei quartieri meno agiati della città come Brozzi o Peretola. Zone difficili in cui quella stessa combinazione di più culture, idiomi e sistemi di vita, rischia di essere un limite anziché una straordinaria ricchezza.

Perché dico tutto questo?

Una delle prime scuole in cui ho lavorato, mi aveva affidato, tra le altre, una classe di 24 bambini il cui gruppo era molto disomogeneo poiché era composto da 15 bambini italiani, 6 bambini cinesi e 3 bambini del Nord-Africa. Se non bastasse la difficoltà ad approcciarmi ad una nuova classe ed a farlo come insegnante di attività motoria (dunque visto solamente come il ragazzo che viene a farci giocare a pallone), la comunicazione tra me ed il gruppo classe e quella tra bambini era particolarmente complicata. Dei 6 bambini cinesi ad esempio, 2 erano già integrati, mentre 4 non parlavano italiano anche se capivano qualcosa e lo stesso problema era riscontrabile con i bambini marocchini e tunisini.

Ricordo ancora che l’inizio della prima lezione fu la più faticosa della mia vita. I primi 20 minuti li passai in cerchio provando a presentarmi, a far capire loro quello che avrei voluto fare insieme, tentando di comprendere i loro nomi. Sudavo perché mi rendevo conto che la classe non era coesa e non riuscivo ad avere la loro attenzione. I bambini iniziavano a spazientirsi, a dividersi in gruppetti e soprattutto stavo completamente perdendo coloro che non conoscevano la nostra lingua. Mentre parlavo avevo una palla in mano e, in segno di nervosismo, iniziai a palleggiarla a terra.

EUREKA!

Tutti i bambini iniziarono a seguire la palla ed io capii immediatamente di aver trovato la chiave. Per di più, anche chi non parlava la nostra lingua ebbe la stessa reazione! Iniziai a proporre, con il solo esempio e senza tante parole, giochi con la palla dividendo la classe in gruppi più piccoli mescolando nazionalità, idiomi, culture. Cinesi, marocchini, italiani tutti dietro ad una palla, lo strumento di integrazione, di comunicazione e socializzazione che mi aprì i cuori dei bambini e formò un vero gruppo classe.

A volte ho sentito persone chiedersi perché la palla sia tonda…..io credo di saperlo: la rotondità non ha spigoli, non fa male, rotola con tutti e su tutti. E’ il simbolo di fratellanza per antonomasia, è il simbolo della terra su cui viviamo, è il simbolo della perfezione.

“Come spiegherei ad un bambino la felicità? Gli darei un pallone per farlo giocare” (Eduardo Galeano)