Una nuova Italia?

Dove eravamo rimasti?

Dopo la mancata qualificazione ai Mondiali del Qatar svanita contro la Macedonia del Nord, la nazionale guidata (ancora) da Roberto Mancini, sembrava aver ritrovato il filo del discorso grazie alla Nations League, manifestazione verso la quale ho un rifiuto direi quasi ancestrale. Nel frattempo però, sono stati sorteggiati i gironi per le qualificazioni ai prossimi Europei, dove gli azzurri si presenterebbero da campioni in carica e le squadre inserite nel raggruppamento non sembrano certo insuperabili. E’ vero infatti che i ragazzi di Mancini hanno pescato l’Inghilterra, ma è anche vero che le altre tre compagini da affrontare sono Macedonia del Nord (do you remember?), Malta ed Ucraina: considerando che al termine del girone saranno qualificate direttamente le prime due, non disputare nemmeno il prossimo Europeo sarebbe una disfatta paragonabile a quella del Mondiale del 1966 quando gli azzurri si fecero eliminare dalla Corea del Nord di Pak Doo-ik.

Negli scorsi giorni l’Italia ha affrontato le prime due fatiche ed ha raggranellato tre punti frutto della sconfitta contro l’Inghilterra allo Stadio Maradona di Napoli e della vittoria in terra maltese per 2 – 0. Sono state due prestazioni completamente diverse che hanno lasciato vari spunti che cercheremo di approfondire per singolo reparto in questo articolo: mentre contro i finalisti dell’ultimo Europeo gli azzurri hanno meritatamente perso ma hanno dato segnali incoraggianti nella seconda metà di gara, contro Malta l’encefalogramma della squadra è sembrato quasi completamente piatto. Chiaro che gli stimoli delle due partite erano completamente diversi così come la qualità degli avversari e la formazione schierata da Mancini. L’Italia è stata surclassata nel gioco e nell’intensità nei primi 45 minuti contro un‘Inghilterra che ha mostrato ancora una volta un gran bel mix tra giovani ed esperti con tanta qualità in ogni reparto. Solamente nel secondo tempo, già sotto di due reti, gli azzurri hanno dimostrato di volerci almeno provare grazie ad un cambio di passo e di ritmo che ha riequilibrato le sorti della partita ma nel complesso la vittoria di Kane e compagni è certamente meritata. E’ rimasto comunque negli occhi l’atteggiamento di una compagine che si è resa conto dei propri limiti ma che ha cercato di rimontare con le proprie armi e con la forza di volontà, seppur senza quelle trame di gioco che avevano incantato agli ultimi Europei. In trasferta contro Malta invece, l’Italia ha giocato una partita complessivamente insufficiente che ha portato i 3 punti solo per l’oggettiva inconsistenza degli avversari che però avrebbero potuto addirittura portarsi in vantaggio dopo pochi minuti. La rete dell’oriundo Retegui (2 gol in 2 partite) ha fortunatamente messo la contesa sui binari giusti per portare a casa tre punti importantissimi al termine di 90 minuti per lunghi tratti inguardabili. Veniamo adesso all’analisi della nostra nazionale reparto per reparto.

PORTIERI:

Se per alcuni anni sembrava che dietro Buffon e Toldo ci fosse il deserto, credo che in questo momento storico l’Italia possa dormire sonni tranquilli. Da un Donnarumma che anche quest’anno ha dimostrato diverse pecche soprattutto in Champions League, ad un Meret che a Napoli sta vincendo lo scudetto e convincendo per la continuità di rendimento, l’abbondanza finalmente non manca. Dietro questi due infatti, ci sono Carnesecchi, Vicario, Falcone e perché no Provedel….insomma per qualche anno, almeno tra i pali, siamo a posto!

DIFENSORI:

Il discorso cambia un pò invece in difesa, soprattutto per le scelte di Mancini. Sinceramente vedere schierati contro l’Inghilterra due difensori centrali di una difesa a 4 come Toloi e Acerbi (che normalmente giocano nei club a 3) che hanno complessivamente 68 anni mi ha fatto riflettere. Se davvero dopo la mancata qualificazione ai mondiali volevamo ripartire con un nuovo ciclo non era possibile trovare qualcun altro più abituato a giocare a 4 e soprattutto più giovane? Anche sugli esterni stessa cosa…in Under 21 giocano con grande profitto a sinistra un terzino goleador come Udogie oppure un piede educatissimo come Parisi, possibile non trovare posto per loro? Troppo giovani? Ed allora Pafundi che ha giocato 9 minuti totali in Serie A con l’Udinese? Sinceramente mi sembra ci sia una grande confusione tra la voglia di cambiare pagina ed un senso di gratitudine che ormai dovrebbe essere stato spazzato via dalla sconfitta con la Macedonia del Nord. E non solo, siamo proprio sicuri che la difesa sia immodificabile? Tolto Di Lorenzo che è oggettivamente inamovibile, gli altri difensori chiamati da Mancini sono più abituati ai meccanismi della difesa a 3 ed allora perché non provare quella disposizione?

CENTROCAMPISTI:

I dubbi relativi ai difensori divengono certezze quando passiamo alla zona nevralgica del campo. L’Italia campione d’Europa ha dominato il gioco grazie ad un terzetto di centrocampisti che in quel momento era in uno stato di grazia ma, dopo quelle gare, avete più visto giocare Jorginho e Verratti in maglia azzurra a quei livelli? Io francamente no ed inoltre siamo proprio sicuri che le squadre che sono state sconfitte dagli azzurri non ci abbiano nel frattempo studiati e non abbiano ideato delle contromosse? Il giro palla azzurro sembrava inconcludente perfino con Malta, figuriamoci con l’Inghilterra! Magari mi sbaglierò ma mi sembra che l’idea di gioco che abbiamo interpretato agli Europei sia ormai da mettere in soffitta per svariati motivi. Innanzitutto perché gli altri ci hanno studiato ed hanno capito come affrontare quel trio di calciatori e quel sistema di gioco. Poi perché oggettivamente il calcio sta rapidamente cambiando e nei campionati nazionali così come nelle competizioni fuori confine, il calcio sta tornando all’uno contro uno in tutte le zone del campo con pressione feroce sulla palla e poco tempo per pensare. Siamo proprio sicuri che quello sia il centrocampo giusto per affrontare questi cambiamenti? E da ultimo, con una squadra che fa così tanta fatica a segnare, avere due centrocampisti come Verratti e Jorginho che non vedono la porta e calciano a rete praticamente mai siamo sicuri sia la scelta giusta? Oppure sarebbe preferibile riempire l’area di rigore con un maggior numero di calciatori ed avere centrocampisti più bravi nella fase di inserimento?

ATTACCANTI:

Se la parentesi dedicata alle nazionali ha portato una buona notizia a quella azzurra è la convocazione di Mateo Retegui: innanzitutto complimenti a chi lo ha scovato ed a chi ha avuto il coraggio di una scelta impopolare in un paese in cui lo Ius Soli sembra ancora un obiettivo irraggiungibile. Certo non sarà un fenomeno, non sarà un giocatore generazionale, ma è una punta e sa fare la cosa più importante per un numero 9: fare gol! In una nazionale in cui l’attaccante principe, Ciro Immobile, sembra incapace di segnare in campo internazionale, aver scovato qualcuno che la butta dentro è la notizia più importante! Oltre Retegui però, il buio….Politano resta un calciatore che in nazionale non sfonda, Gnonto sembra ancora acerbo, Grifo un mistero. Ecco perché, al netto dell’assenza di Raspadori e Chiesa, mi risulta incomprensibile l’ostracismo nei confronti di Zaccagni, miglior marcatore di nazionalità italiana del campionato con 9 reti (stessi gol di Immobile). In molti dicono che l’esclusione sia dettata da motivi disciplinari, ma credo che sia compito di un Commissario Tecnico quello di provare a ricucire determinati rapporti nell’interesse del bene supremo, quello della nazionale italiana. Resta poi aperta la questione del modo di giocare: con un centrocampo così tecnico ed esterni che giocano così larghi, l’attaccante di riferimento rischia un isolamento forzato che non credo sia in grado di reggere nelle gare più complicate, vedi il primo tempo contro l’Inghilterra. Non sarebbe forse preferibile accompagnare maggiormente l’azione offensiva con calciatori più muscolari e più dediti all’inserimento?

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Riflessioni a mente fredda su Qatar 2022

Con la bellissima finale tra Argentina e Francia, si è chiusa una delle edizioni più controverse, chiacchierate, criticate della storia della manifestazione. Da un’assegnazione da parte della FIFA a dir poco opaca, fino allo sgarbo della vestizione di Messi con il blisht prima di poter finalmente alzare quella coppa che inseguiva da sempre, il campionato del mondo 2022 verrà ricordato anche per la battaglia sui diritti civili negati in Qatar, per le morti sul lavoro, per le troppe limitazioni democratiche di un paese che probabilmente non avrebbe meriato questa vetrina.

In questa sede però, preferisco parlare di calcio giocato, dei migliori talenti visti, delle novità tattiche, delle sorprese e delle delusioni. Insomma di ciò che è successo su quel rettangolo di gioco che ci regala emozioni immortali che resteranno per sempre con noi: dallo strapotere fisico di Mbappè, alle carezze alla palla di Leo Messi, dalla leggendaria cavalcata del Marocco, alla ridicola apparizione del Qatar. Pronti? Via!

RIFLESSIONI TECNICHE

L’ultimo decennio è stato indubbiamente dominato dalla coppia Messi Cristiano Ronaldo: un funambolo della tecnica che danza sul pallone, che bacia il cuoio con i piedi ogni volta che l’accarezza, contro una macchina fisicamente perfetta fatta di potenza e di continui miglioramenti tecnici grazie all’etica del lavoro. Messi baciato dal Dio del calcio che gli ha regalato un talento fuori dal comune, Ronaldo (non quello vero) nato con mezzi fisici impressionanti grazie ai quali è riuscito a chiedere a sé stesso più di chiunque altro per poter provare a reggere il confronto fino a quando Lionel ha coronato il sogno di una vita mentre CR7 si schiantava fragorosamente al suolo, finito su una panchina a guardare i propri compagni giocare. Ma se Messi ha raggiunto l’immortalità calcistica, un nuovo fenomeno ha confermato che la prossima decade, a meno di sfortunati infortuni, sarà tutta sua: Kylian Mbappè ha strabiliato in finale con una rete che resterà nella storia di questo meraviglioso sport ma soprattutto ha dimostrato ancora una volta di essere la cosa più vicina a Ronaldo (quello vero) che si sia mai vista in campo. Ed ha anche dimostrato di essere, seppur con alcune differenze, l’evoluzione della diatriba tra Messi e Ronaldo. Mbappè infatti, unisce una tecnica sopraffina ad una forza fisica, un allungo ed una velocità quasi sovrumana. E’ il prototipo perfetto del nuovo fenomeno del calcio mondiale fatto di tecnica, forza fisica, velocità, freddezza, capacità balistiche: serve altro?

RIFLESSIONI TATTICHE

Dal punto di vista tattico non è stato certamente un mondiale rivoluzionario: si sono rafforzate alcune tendenze che già si erano affermate nelle ultime stagioni e possiamo finalmente dare una grande notizia al mondo del calcio…. il tiki taka, per come lo abbiamo conosciuto negli ultimi anni, è morto! Il possesso palla orizzontale, quello in cui si continua a girare palla all’infinito alla ricerca di uno spazio in avanti per guadagnare metri soprattutto in ampiezza, ha fatto il suo tempo e si è tornati ad attaccare maggiormente la verticalità. Si punta inoltre nuovamente sulla qualità del gesto del calciatore e non sulla tattica di squadra soprattutto perché, e questa è la più grande novità, si è tornati a scommettere sul duello individuale uomo contro uomo. Già nelle ultime stagioni avevamo più volte sottolineato, anche su questo blog, come il gioco stava cambiando perché ci si muoveva in avanti per difendere, attaccando fin da subito l’avversario in ogni zona del campo, cercando di ripartire in velocità buttandosi sulle seconde palle. Tutto questo abbiamo visto in Qatar e tutto questo spiega perfettamente perché l’Italia è in così netta difficoltà in campo internazionale. Negli ultimi anni purtroppo, nei settori giovanili italiani, si è puntato troppo sulla tattica e poco sulla tecnica, troppo sulla difesa di squadra e poco sull’uno contro uno, troppo sul possesso palla e poco sulla verticalizzazione. L’Italia, spesso all’avanguardia, è adesso in netto ritardo su tutto ciò che è determinante nel gioco del calcio attuale. Per concludere, se a qualcuno piacciono i numeri, possiamo affermare che i moduli tattici hanno avuto ben poco peso in questa edizione dei mondiali: se guardiamo anche solo alle due finaliste, è difficile poter dire se la Francia giocasse con una difesa a 4 o a 3 o l’Argentina con il centrocampo a 3 o a 4 dal momento che le posizioni di Theo Hernandez e Di Maria non erano inseribili dentro un solo reparto. E’ sempre più importante il concetto di flessibilità tattica, la capacità di leggere le situazioni che gli avversari presentano, le mosse per bloccare le migliori qualità dei calciatori che si affrontano.

LA SQUADRA SORPRESA DEL MONDIALE

Molte volte, durante manifestazioni come il mondiale, è difficile essere tutti d’accordo sui giudizi da dare alle squadre, ma credo che si possa tranquillamente sfatare questo tabù: il Marocco è la più grande sorpresa di Qatar 2022. Prima nazionale africana ad arrivare in semifinale nella storia, rimasta ai piedi del podio solo per la sconfitta contro la Croazia, la nazionale marocchina ha stupito tutti ed è diventata velocemente la squadra simpatia del torneo. Differentemente da quasi tutte le altre squadre però, la compagine di Regragui ha puntato tutto sulle letture difensive giocando un calcio collettivo in cui la linea di centrocampo e quella di difesa si schierava quasi al limite dell’area in modo molto compatto. Difesa bassa, con un mediano pronto a schiacciarsi in mezzo ai due difensori centrali, per dare ai due terzini, Hakimi e Mazraoui calciatori tra i più talentuosi in rosa, la possibilità di ripartire velocemente in contropiede. Al netto di Ziyech ed Amrabat, già conosciuti, si sono fatti apprezzare interpreti fino ad oggi nell’ombra come Boufal, Ounahi o il portiere Bounou.

LA SQUADRA DELUSIONE DEL MONDIALE

Se il Marocco ha fatto sognare, ci sono due squadre europee che si contendono la palma della squadra delusione: Germania e Belgio. C’è però una netta differenza tra le due, poiché la Germania è in un momento di passaggio tra una generazione ormai al tramonto ed un ricambio che sta avvenendo ma non è ancora giunto a compimento. I diavoli rossi invece, erano di fronte all’ultima opportunità per quella che era stata definita una generazione di fenomeni che però, anche stavolta, sono tornati a casa con un pugno di mosche in mano. Uno spogliatoio spaccato, una squadra in cui i tanti piedi buoni non sono sembrati pronti a sacrificarsi per il bene comune, un attacco in cui Lukaku è stato addirittura dannoso. In mezzo a questo deserto, l’unico che ancora una volta ha dimostrato di poter stare nell’Olimpo degli interpreti del proprio ruolo è stato Courtois, mentre gli altri, da De Bruyne a Hazard, da Carrasco a Meunier, non sono stati all’altezza di una manifestazione in cui in poco più di venti giorni ci si gioca tutto. Peccato, ancora una volta la scuola belga spreca una generazione di fenomeni senza riuscire a portare a casa nemmeno un trofeo.

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Corner Viola – Spezia Fiorentina: il cambio modulo arma vincente? – 79 puntata

Nelle ultime settimane, con il Pappagallone Reale Flavio Bardaro, autore di questo pezzo, è purtroppo sempre più difficile trovare il tempo per fare il video, ma il cambio modulo della Fiorentina ci sembrava una tematica troppo importante per non parlarne in modo approfondito. Ecco allora una riflessione sulla gara di Spezia e sulle novità tattiche dei ragazzi di Vincenzo Italiano.

La Fiorentina centra la prima vittoria esterna in campionato grazie ai guantoni di Terracciano, più volte decisivo, e alla rete, la seconda in campionato, di Arthur Cabral. Il primo tempo è stato contraddistinto dalla grande sofferenza, con la pressione alta dello Spezia a soffocare la manovra Viola e i ragazzi di mister Italiano più volte in difficoltà nel contenere la squadra di Gotti.
La seconda frazione invece, complice anche il calo di ritmo dei bianconeri, ha visto la squadra di Italiano prendere in mano le redini del gioco, gestire i ritmi della gara, concedere poco, sfiorare più volte il vantaggio e ottenere al fotofinish tre punti pesantissimi con il subentrante Cabral.


La trasferta di Spezia, dopo la gara interna in Conference contro il Başakşehir, certifica il cambio di sistema di gioco adottato da mister Italiano, il quale schiera i suoi con un chiaro 4-2-3-1 sin dal calcio di inizio (come si può vedere dalla copertina). Se giovedì era toccato a Barak giocare a ridosso di Jovic, contro gli aquilotti Italiano si è affidato a Bonaventura per innescare la manovra offensiva Viola. Il cambio tattico di Italiano, in barba alle critiche piovutegli addosso negli ultimi mesi, denota grande elasticità da parte del mister, il quale, in una stagione piena zeppa di impegni e con pochi allenamenti a disposizione per preparare le gare, aveva solo bisogno di tempo per trovare una chiave tattica diversa per la sua Fiorentina. Purtroppo ciò che non può cambiare, almeno fino a gennaio, sono gli interpreti: la Viola, anche a Spezia, fatica tantissimo ad uscire in maniera fluida dalla difesa palla al piede, riducendo troppo spesso la transizione dalla fase difensiva alla fase offensiva al lancio lungo per la testa di Koumè o la spizzata di Jovic. Questo soprattutto perché manca un giocatore in mediana capace di andare a prendersi palla dalla difesa, dettare i ritmi del gioco, verticalizzare ed eludere la pressione alta avversaria. In poche parole un regista: senza voler per forza ripetersi, ciò che faceva molto spesso e bene Torreira lo scorso anno e che sta mancando tremendamente in questa stagione. Oltretutto la coppia Amrabat Mandragora a Spezia, in particolare nella prima frazione di gioco, ha mostrato carenze anche in fase di filtro, con i bianconeri che hanno sfondato più volte il muro gigliato. Con questo modulo, chi soffre della mancanza di un regista è in primis il trequarti, nel caso specifico Bonaventura, il quale, senza rifornimenti in verticale, non può ricevere palla fra le linee avversarie ed innescare gli esterni o la punta. Vero anche che nella gara del Picco lo stesso Bonaventura, quando ha ricevuto palla, è apparso sempre sotto ritmo e poco lucido nella giocata, perdendo spesso il duello personale con il diretto avversario. Chi segue il Corner Viola conosce la stima che proviamo per Jack, ma, con altrettanta obiettività, saprà che noi stessi, già dalla fine della passata stagione, avevamo lanciato il campanello di allarme su un giocatore che si sarebbe avviato verso i 34 anni e che avrebbe avuto difficoltà nel gestire il doppio impegno. Infatti la stagione di Bonaventura, fino ad oggi, è nettamente al di sotto delle aspettative, con il gioco della squadra che ha inevitabilmente risentito della flessione del suo giocatore di maggiore qualità a centrocampo. Che possa essere il “nuovo” ruolo a rivitalizzare il nostro Bonaventura? Speriamo. Anche perché, al momento, le alternative latitano. Lo stesso Barak può ricoprire quel ruolo, ma, anche contro i turchi, è sembrato ancora lontano parente di quello ammirato nelle ultime tre stagioni di serie A. L’opzione Jovic dietro Cabral è la più suggestiva, ma allo stesso tempo anche la meno percorribile, poiché, in una squadra che già concede molto come quella Viola, gli equilibri tattici sono fondamentali e, schierare la doppia punta da inizio gara, potrebbe aprire praterie pericolose per i contropiedi avversari. Più facile a gara in corso, soprattutto se la partita richiede uno sforzo maggiore in attacco per essere recuperata o vinta. In questo Italiano sicuramente deve crescere e mostrare più coraggio, perché, anche contro lo Spezia, nonostante un punto servisse a poco per la classifica, invece di forzare il match con il doppio attaccante, ha preferito togliere Jovic per inserire Cabral. Fortunatamente il risultato gli ha dato ragione al novantesimo, ma quanta fatica!

Tornando al cambio tattico improntato da mister Italiano, anche contro i ragazzi di Gotti, in fase difensiva abbiamo notato una squadra con un baricentro leggermente più basso, che non è andata a prendere lo Spezia nella sua area di rigore, ma che alzava la pressione sul portatore palla dalla trequarti in poi, con il trequartista (Bonaventura) a schermare il vertice basso avversario (Bourabja) e i mediani che a turno si alzavano su Ekdal ed Agudelo. Questo meccanismo, nel primo tempo, non sempre ha funzionato, con lo Spezia che troppe volte si è reso pericoloso nell’area di Terracciano (complice anche la giornata no di Milenkovic e Dodó, spesso in difficoltà).
In fase offensiva invece, dopo aver già menzionato le difficoltà in regia, la Fiorentina ha cercato spesso la palla alta per Kouamè, con Bonaventura o Jovic che gli sfilavano dietro per sfruttare la spizzata e recuperare la seconda palla. Le cose migliori la Viola però le ha mostrare quando, palla a terra, è riuscita a coinvolgere Jovic, che, a sua volta, ha innescato in campo aperto la velocità di Ikonè. Da questo deve ripartire la Fiorentina, perché coinvolgere i giocatori di maggior qualità non può essere un’alternativa, ma la prima soluzione.

Ora non resta che vedere se la Viola nelle prossime gare confermerà i segnali incoraggianti visti nelle ultime due uscite e se saprà recuperare terreno in campionato, per una rimonta che avrebbe dell’incredibile, ma che servirebbe, quantomeno, per far divertire noi tifosi.

SEMPRE FORZA VIOLA!