Ed anche questo election day è passato! Differentemente da altre volte però, è possibile individuare piuttosto nettamente i vincitori e gli sconfitti nonostante le consuete dichiarazioni di rito. Il voto sul referendum e quello relativo alle elezioni regionali, ci pone di fronte ad una situazione piuttosto in controtendenza rispetto ai sondaggi ed a tutto ciò che ci è stato raccontato dalle maggiori testate giornalistiche italiane nelle ultime settimane. L’onda travolgente del centro destra è stata forte ma il centrosinistra, e soprattutto il Partito Democratico, ha retto l’urto riuscendo anche a segnare una vittoria assolutamente insperata fino all’apertura delle urne in Puglia.
Andiamo dunque per gradi:
- Il primo dato che merita di essere analizzato, è quello dell’affluenza: quasi il 54% degli italiani è andato a votare nonostante la minaccia Covid e nonostante che in diverse parti del Paese la scheda referendaria fosse l’unica da depositare nell’urna. Che sia un segno di ritorno alla normalità o un reale interesse alla consultazione referendaria in sé, credo che la partecipazione sia sempre da salutare con entusiasmo e gioia. Penso che il dato sia stato gonfiato soprattutto dai sostenitori del No che negli ultimi giorni hanno oggettivamente cercato di mobilitare il più possibile il proprio elettorato creando un fronte comune su tutte le testate nazionali (escluso Il Fatto Quotidiano) che ha permesso una piccola rimonta. Il Si ha comunque vinto con il 69,6% dei voti, un si che è stato cavalcato quasi esclusivamente dal Movimento 5 Stelle e dal Partito Democratico (nemmeno tutto), che infatti si sono intestati la vittoria. Quando si opera un taglio lineare quale quello uscito da questa riforma, è doveroso interrogarsi subito su quali problemi possa creare tale taglio. Poiché ritengo alcuni dubbi espressi su tale riforma fondati, voglio credere a coloro i quali si dicono già pronti ad adattare il nuovo parlamento alle esigenze democratiche di rappresentanza di cui il paese ha bisogno. Credo sia dunque necessario un sistema elettorale proporzionale magari con le preferenze (o un sistema uninominale) che restituisca un rapporto maggiormente diretto tra eletti ed elettori. Urge poi ridisegnare i collegi elettorali onde evitare un’eccessiva penalizzazione per alcune zone del paese, così come una riforma dei regolamenti parlamentari e dell’elezione del Presidente della Repubblica. Insomma non mancano i nodi da sciogliere per ricucire saggiamente il taglio netto operato con la vittoria del Si.
- Il secondo dato è quello delle elezioni regionali: di fronte allo sbandierato cappotto che aveva previsto Salvini non più tardi di 2 settimane fa, la “partita” è terminata con un pareggio 3-3. Diciamo subito che erano considerate chiuse le competizioni in Veneto, Campania, Liguria e Marche, mentre era tutto aperto in Puglia ed in Toscana. La dinamica delle due elezioni regionali è stata molto diversa. Quella toscana ha ricalcato quasi fedelmente la vicenda dell’Emilia Romagna, con una maggiore difficoltà derivata dalla campagna elettorale estiva e dall’assenza delle Sardine. Tali mancanze però, sono state compensate dalla drammatizzazione a cui abbiamo assistito negli ultimi 10 giorni di campagna elettorale quando i sondaggi sembravano dare in vantaggio la Ceccardi. La narrazione di una destra in camicia nera, di una terra da difendere contro i barbari, ha permesso al centrosinistra di serrare le fila e mobilitare, anche attraverso il mondo dello sport e del volontariato, le persone che ancora una volta hanno scelto la continuità rappresentata da Giani, un politico di lunga data molto conosciuto sul territorio ed apprezzato per la disponibilità e la cultura. In Puglia invece, la vittoria è più personalistica: non c’è nessun dubbio che Emiliano sia riuscito ad attrarre a sé una sorta di voto utile che ha fatto propendere la bilancia a suo favore con uno scarto assolutamente inaspettato. Gli ultimi giorni di campagna elettorale sono stati anche in questo caso decisivi, ed una ritrovata unità a sinistra ha giovato alla conferma del candidato. Basti pensare che nell’ultima settimana anche il predecessore di Emiliano, Nichi Vendola, ha lavorato con forza per far convergere sul Governatore uscente quelle forze di sinistra che lo hanno sempre visto quasi come un intruso (per alcuni troppo grillino, per altri troppo di destra). Fatto sta che la convergenza di un campo ampio di centrosinistra ha ribaltato sia in Toscana che in Puglia i pronostici ed i sondaggi.
- Se vogliamo poi approfondire il voto toscano, possiamo dire che pur nella sconfitta il centrodestra arriva a percentuali oltre il 40% impensabili solo fino a qualche anno fa. La chiusura della campagna elettorale a Firenze con tutti i big aveva probabilmente fatto sognare ma, nonostante Salvini abbia tenuto un basso profilo, la vittoria è sfuggita anche stavolta. Nel centrosinistra invece, il PD esce come asso pigliatutto della coalizione che ha sostenuto Giani: conquista la quasi totalità dei consiglieri di maggioranza ed è solidamente il primo partito della regione. Chi esce fortemente deluso invece è Italia Viva che aveva annunciato che la Toscana avrebbe consegnato al partito di Renzi percentuali a due cifre. In realtà, la creatura dell’ex sindaco di Firenze, non arriva nemmeno al 5% e porta in Consiglio Regionale solamente due rappresentanti. Se a questo risultato sommiamo quello della Liguria, del Veneto e della Puglia (dove Italia Viva sta tra lo 0,6 ed il 2,5% seppur con +Europa o con Azione), dobbiamo constatare come ancora una volta i giornali diano grande risalto a personaggi che poi hanno ben poco riscontro nelle urne. La sconfitta più sonora però, per la storia che rappresenta, è quella della sinistra in ogni sua declinazione. In Toscana non riesce ad entrare in Consiglio né la sinistra che si è adoperata affinché Giani divenisse governatore (Sinistra Civica Ecologista al 2,9%), né quella che si opponeva ad una candidatura e ad un programma troppo moderato ed asservito alle solite logiche (SI Toscana a sinistra con Tommaso Fattori al 2,8%). Il risultato è che la sinistra in Toscana, regione rossa per antonomasia, non avrà alcun rappresentante all’interno del nuovo Consiglio Regionale. Credo che ogni parola sia superflua: la sinistra segna il punto più basso della sua storia in regione. Riuscirà mai a risollevarsi dalla polvere?
Concludendo, ritengo opportuno nominare il grande vincitore ed il grande sconfitto di questa tornata elettorale: vince chiaramente Zingaretti, che riesce a tenere Puglia e Toscana, fagocita tutto l’elettorato di centrosinistra e stabilizza il governo e la prospettiva di un’alleanza organica con il M5S e la sinistra di Bersani, Speranza e (spero) Elly Schlein. Perde invece sonoramente Salvini che, dopo la sconfitta della Borgonzoni, incassa anche quella della Ceccardi e deve rinviare (chissà per quanto) la spallata al governo. Cresce l’insoddisfazione anche all’interno del proprio partito se si pensa che in Veneto la lista Zaia riesce ad ottenere più del triplo dei consensi leghisti e Fratelli d’Italia rosicchia diversi voti in tutte le regioni. Svolta in vista nel partito o cambio di linea?