Dopo più di 6 mesi di attesa, la campanella è tornata a suonare in Toscana!
Da quel maledetto mese di Marzo, in Italia sono successe tante cose: il lockdown con la chiusura delle scuole, la polemica sulle riaperture (ve li ricordate Renzi e Salvini che a fine aprile volevano già riaprire tutto senza considerare minimamente la complessità del problema che solamente adesso viene presa in considerazione?), la polemica sulla didattica a distanza, poi quella sui banchi con le rotelle, successivamente sui bambini chiusi nel plexiglass, quella sulle cattedre vuote il primo giorno di scuola (perché negli ultimi 15 anni sono mai state piene?) e chi più ne più ne metta!!
Posto che i problemi della scuola non nascono certo da oggi, mi sembra che purtroppo anche la crescita dei nostri bambini sia diventata solamente un’arma elettorale con cui cercare di fare polemica senza dare nessun tipo di soluzione ai problemi reali. Basti pensare che dai primi anni novanta in poi (do you remember D’Onofrio?) la scuola di ogni ordine e grado è sempre stata considerata un costo e mai un investimento ed in questo paese al governo sono passati tutti i partiti dell’arco costituzionale negli ultimi 30 anni. E la strada maestra è sempre stata la stessa: tagliare la scuola, l’università, la ricerca e la sanità perché i livelli di spesa non erano sostenibili…. e via con la riforma Gelmini, con il taglio dei trasferimenti alle regioni operato da centrodestra e centrosinistra, con le classi pollaio benedette da tutti, con l’accorpamento di più scuole in plessi sempre più grandi, con la chiusura degli istituti nei paesi più sperduti. In un paese in cui negli ultimi 30 anni si è ragionato così, era possibile affrontare la riapertura post pandemia senza scontare la miopia di queste scelte?
Il tiro al piccione verso il Ministro Azzolina lo trovo giustificabile solo in parte poiché alcune decisioni sono state certamente prese in netto ritardo, ma non si può pensare di risolvere tutti i problemi generati dalle errate riforme e dai tagli effettuati negli ultimi decenni in un’estate di pandemia. La speranza è che questa catastrofe abbia finalmente fatto aprire agli occhi non solo alla classe dirigente ma anche a noi che votiamo: dobbiamo chiedere, anzi pretendere, che sul futuro dei nostri figli e sulla salute di noi cittadini si smetta di risparmiare o di fare scelte che mirano solamente a fare cassa. Si deve assolutamente ripartire, grazie anche ai soldi che arriveranno dal Recovery Fund europeo, dagli investimenti nella scuola, nella ricerca, nella sanità, per disegnare un futuro che non guardi sempre e solo al profitto come unico paradigma della nostra società.
Ecco dunque il primo giorno, ed ecco ritornare quell’emozione quasi dimenticata dell’accompagnarli a scuola: dopo settimane di messaggi sulla chat di classe, di problemi raccontati come irrisolvibili, di fogli da riempire, di fotocopie da portare, gli studenti ci hanno dato la lezione più importante: quella della serenità. Contenti, gioiosi, curiosi di tornare sui banchi in mezzo ai loro amici indipendentemente dalle mascherine, dagli accessi separati, dalle merende portate da casa, dal distanziamento tra i banchi. Troppe volte ci dimentichiamo che l’uomo è un essere abitudinario che si sa adattare a tutte le situazioni ed i bambini hanno spirito di adattamento ancora maggiore perché innocenti e senza sovrastrutture o pregiudizi. A ciò ha contribuito anche l’organizzazione perfetta per l’accesso sia alla scuola primaria che alla scuola materna, accesso che è avvenuto in modo ordinato e compassato. Insomma, l’immagine dell’Italia migliore, del paese che vorremmo sempre vedere, di istituzioni che funzionano. E pazienza se troppe volte tante persone parlano a casaccio dell’organizzazione e dei lavoratori italiani: questa è una risposta talmente forte da non ammettere repliche.
Un discorso a parte meritano invece gli insegnanti: architravi fondamentali della società presente e futura, hanno in mano il bene più prezioso che c’è, il futuro del nostro paese, il pennarello con cui disegnare il domani della nostra società. Ho visto personalmente l’impegno massimale profuso nella didattica a distanza nella gran parte del gruppo docente (anche se purtroppo non in tutto), ma sinceramente la polemica sui lavoratori fragili non fa onore ad una classe di lavoratori tra le più tutelate in termine di contratto di lavoro. Seppur sottopagate rispetto a gran parte dei colleghi europei, non dobbiamo dimenticare tutti i diritti che i lavoratori statali hanno rispetto ai dipendenti privati. Ma questo è un discorso che ci porterebbe fuori dal seminato. Resta da ricordare che la scuola viene fondamentalmente rappresentata dalla maestra e non viceversa: le strutture fatiscenti, la mancanza di materiale didattico, la scarsa collaborazione da parte del Dirigente Scolastico o da parte dei genitori possono rappresentare un ostacolo, ma non riusciranno mai a bloccare la forza di quella bacchetta magica che la brava maestra sa utilizzare per rapportarsi con i nostri bambini riuscendo a farli crescere grazie a regole condivise con una inflessibile serenità.
Sta agli insegnanti indicare la strada, sta a noi genitori accompagnare i bambini aiutandoli a superare problemi e gli ostacoli che si troveranno di fronte.