Un nuovo PD?

Il tempo corre veloce, la politica ingoia leadership vere o presunte, scompagina alleanze, interpreta le pulsioni del paese: ma una certezza c’è, attraversa tempi, mode ed esperienze ed è la rissa continua tra le correnti del PD!

Un partito che era nato per unire due famiglie politiche italiane ed europee nel segno del riformismo e di un centro sinistra moderno, in questi anni ha fagocitato segretari pur facendo parte di quasi tutti i governi, ha aperto e chiuso esperienze di coalizioni, ha cavalcato l’illusione della vocazione maggioritaria prima, quella della rottamazione poi, per non parlare del semi presidenzialismo o di altre decine di temi. Ciò che invece non ha mai avuto, che è sempre mancato, è un progetto di largo respiro, un’idea di sistema paese, un orizzonte sociale da costruire ed in cui credere. E’ mancato insomma un disegno che raffigurasse l’Italia di domani, che non si fermasse alla lotta per l’incarico regionale o nazionale, che non usasse il partito come un autobus per arrivare allo scranno. E’ sembrata una semplice rincorsa verso il posto al sole che desse visibilità, consenso, potere senza che si volesse utilizzarlo per il bene della comunità. Un partito che ha dato l’impressione di un continuo riposizionamento volto solamente alla conquista di posti di governo indipendentemente dalle alleanze, dai candidati premier, dagli alleati.

Dopo l’oggettivo disastro delle elezioni politiche del 2018, il PD aveva scelto Nicola Zingaretti come nuovo segretario del partito. Il Governatore della Regione Lazio, da sempre più vicino all’ala sinistra, ha oggettivamente riportato il PD al centro dello scenario politico del paese con scelte anche azzardate. Basti pensare alla piroetta necessaria a far partire il Governo Conte 2, al mantenimento di alcuni dei parlamentari più vicini a Renzi nei ruoli apicali di partito, alla corsa per le regionali in cui ha iniziato a stringere anche patti territoriali con il Movimento 5 Stelle. E’ chiaro a tutti però che Zingaretti ha pagato il logoramento da parte di un segmento sempre più consistente del proprio partito soprattutto dopo la caduta di Conte e l’insediamento di Draghi, altro passaggio in cui la posizione del PD è apparsa ondivaga e poco decisa. Le dimissioni di Zingaretti sono però state un atto coraggioso di un uomo che ormai era diventato il parafulmine per qualunque tipo di problema sfiorasse il centro sinistra ed il paese. Ecco allora che la scelta del Governatore ha messo a nudo tutte le tattiche che si muovevano dentro e fuori dal partito.

E’ indubbio che la caduta del Governo Conte abbia terremotato il sistema politico italiano, anche se forse non nella direzione che Renzi ed i suoi avrebbero auspicato. Da una parte infatti, i 5 stelle sono ormai diretti verso la guida dell’ex premier Conte, nemico giurato del fu rottamatore, mentre il PD ha scelto come ancora di salvezza proprio quel Letta che fu pugnalato alle spalle da Renzi e non solo, nell’ormai lontano 2014. La scelta di Letta, accolto da tutti come possibile salvatore della patria, ha avuto conseguenze dirompenti nelle prime settimane. Il neo-segretario ha innanzitutto posto come centrale fin da subito la parità di genere, questione negli ultimi tempi dimenticata, come dimostrato anche dalla scelta di tre ministri PD uomini nel governo Draghi. Grazie a questa giusta battaglia, Letta ha avuto buon gioco a rinnovare l’organigramma del partito con due vice segretari giovani, rappresentativi del centro e della sinistra, un uomo ed una donna: Irene Tinagli, appartenente all’ala più liberaldemocratica, e Peppe Provenzano, ex Ministro del Sud, più vicino alle tematiche sociali e del lavoro. Oltre a ciò, Letta ha fissato subito in agenda appuntamenti importanti che puntano alla costruzione di un’alleanza larga che possa essere competitiva e pronta nel momento in cui ci saranno le prossime elezioni amministrative, quelle politiche, ma che risulti anche decisiva nella scelta del nuovo Presidente della Repubblica. E l’orizzonte all’interno del quale il neo segretario del PD si è mosso è stato quello della maggioranza che ha sostenuto il Conte 2 ed ha cercato di formare il Conte ter: ha già incontrato Speranza, ha parlato diffusamente con l’ex Premier Conte, ma non ha ancora incontrato Renzi. E la distanza dall’ex scout non accenna a diminuire anche nella volontà di cambiare i capigruppo di Camera e Senato. A differenza di Zingaretti che aveva lasciato andare avanti Del Rio e Marcucci, elementi di spicco del PD turborenziano ed esponenti della corrente denominata Base Riformista, Letta ha deciso di cambiare e per farlo ha utilizzato di nuovo l’argomento della parità di genere con due donne al comando. Ecco allora che subentreranno Simona Malpezzi al Senato, esponente della stessa corrente, ed un’altra donna, forse Debora Serracchiani alla Camera: mentre Del Rio, con la consueta cortesia istituzionale, ha rimesso subito il mandato di capogruppo nelle mani del segretario, più difficile è stato per Marcucci rinunciare al ruolo che gli aveva affidato Renzi.

Insomma la rivoluzione morbida è in atto, Letta si è messo in cammino forte di un mandato che il partito gli ha affidato quasi all’unanimità. Anche stavolta però, sembra che l’unità ritrovata sia pressoché solo di facciata tra personaggi che cercano di non mollare l’osso, altri che sembrano continuare a cercare sponde fuori dal proprio recinto,  altri ancora che sono già pronti a ricominciare con i loro distinguo. Credo che per il Partito Democratico sia l’ultima occasione di rimettersi in carreggiata, ma servirà innanzitutto tornare ad ascoltare la base non solamente durante le campagne elettorali e sarà necessario soprattutto ricominciare ad interpretare la società per offrire un’idea di futuro, un’idea di come si vuole che sia l’Italia di domani. Avere insomma la voglia e l’ardire di dare risposte non solamente alle geometrie parlamentari, ma soprattutto alla ripartenza post Covid, alla crisi economica, ai problemi del lavoro, alla parità salariale, ai problemi che i nostri bambini ed i nostri giovani avranno dopo aver perso più di un anno della propria vita.

Insomma, il PD che Italia immagina? Che Paese sogna? 

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