Il talento – parte dodicesima

Nell’ultimo capitolo della nostra rubrica, abbiamo cercato di approfondire quali siano le storture dal punto vista dell’organizzazione dei campionati nel passaggio dalla scuola calcio al settore giovanile. Molto spesso quelli che possono sembrare piccoli cambiamenti regolamentari non vengono analizzati a fondo per capirne le ricadute sugli utenti finali. Nel caso specifico dei campionati di calcio giovanili, dietro a questo odioso termine non si nascondono dei semplici consumatori di un prodotto e dunque dobbiamo essere in grado di capire cosa comporta ogni cambiamento in una fascia di età tanto delicata come quella dei 12-14 anni.

La realtà è che il salto troppo repentino verso i campionati in cui iniziano a contare i risultati, le classifiche ed i gol segnati e subiti, possono scatenare nei nostri bambini ed adolescenti sentimenti contrastanti. Negli individui meno pronti, questa precipitazione può instillare ansia da prestazione, paura di sbagliare, mancato divertimento ed in alcuni casi il nostro piccolo calciatore può arrivare perfino ad abbandonare la pratica sportiva. Insomma, comunque la si guardi, una sconfitta cocente per il nostro movimento.

Secondo molti studi infatti, è la fascia dai 14 ai 16 anni quella in cui i nostri ragazzi lasciano maggiormente le società sportive e questo dovrebbe farci riflettere per cercare di trovare soluzioni che limitino la dispersione e, nello stesso tempo, offrano un’alternativa a questi ragazzi. Il Settore Giovanile e Scolastico della FIGC, tra la fine degli anni novanta e la prima decade del 2000, aveva instaurato un fecondo rapporto di collaborazione con le scuole che aveva dato ottimi frutti. Ricordo che una delle iniziative più importanti, sia dal punto di vista promozionale che dal punto di vista pedagogico, era la possibilità di fare corsi per arbitro nelle scuole superiori. Proprio in quella fascia in cui l’abbandono era massimo infatti, la FIGC aveva portato il messaggio che si poteva essere protagonisti nel mondo del calcio anche interpretando un altro ruolo rispetto a quello del calciatore: ecco allora che coloro i quali amavano questo splendido gioco, potevano continuare a farne parte frequentando il corso per arbitro e mettendosi fin da subito alla prova. Nei tornei scolastici infatti, i ragazzi del corso, arbitravano le gare insieme ai tutor delle sezioni arbitrali che, dopo aver svolto il corso in qualità di docenti, affiancavano il nuovo piccolo Direttore di Gara nelle prime esperienze da arbitro. Questo è solo un esempio di un fecondo rapporto di collaborazione che ha portato negli anni ottimi risultati di cui cito solo alcuni esempi: tantissime bambine hanno provato a giocare a calcio grazie all’intervento di operatori esterni nelle scuole di ogni ordine e grado e grazie alla partecipazione ai tornei scolastici, molte maestre di scuola primaria e dell’infanzia hanno avuto l’occasione di conoscere meglio le metodologie di insegnamento dell’attività motoria grazie ai corsi di aggiornamento offerti dalla FIGC, tanti ragazzi che avevano abbandonato il campo da gioco sono tornati ad essere protagonisti grazie ad un fischietto in bocca. Non è forse questo l’obiettivo primario di un settore di servizio quale quello della FIGC?

Purtroppo però, quel periodo d’oro sembra essersi esaurito ed anche le società sembrano in gran parte essere tornate ai vecchi vizi precedenti. Ne parleremo nella prossima puntata!