Dopo aver cercato di dare una definizione al talento ed aver provato a distinguere tra questo ed il genio grazie soprattutto ai vostri preziosi contributi, iniziamo a vedere come si può riconoscere ed allenare questo talento. Il percorso salterà dai ricordi personali di un innamorato del gioco del calcio, agli spunti didattici e metodologici appresi sul campo (come calciatore scarso prima e come allenatore un po’ migliore poi), nei corsi di formazione ed aggiornamento che ho dapprima seguito e poi tenuto all’interno del CONI, del Settore Giovanile e Scolastico della FIGC e della Lega Nazionale Dilettanti.
La base del gioco del calcio è certamente il gesto tecnico che richiede conoscenza dell’attrezzo (palla) e capacità di coordinazione dei movimenti. Tale commistione tra capacità tecniche e capacità motorie avviene quasi spontaneamente quando i bambini hanno l’opportunità di giocare ai giardini o per la strada. In tali contesti infatti, si impara come comportarsi nelle più disparate condizioni: sul cemento, sull’erba, in mezzo alle buche, con le radici, con i tombini, con le pozze o con il fango….altro che sul sintetico così perfetto ma così finto! Per riuscire a controllare la palla nelle condizioni naturali, dobbiamo essere in grado di adattare il gesto tecnico a tutta una serie di variabili che il talento riesce spontaneamente a controllare, ma che il bambino meno dotato deve dapprima riconoscere, poi studiare ed infine domare grazie alla scoperta delle opportune contromisure.
Tutto questo però lo si può fare se si tocca tante volte il pallone, se si è protagonisti del gioco, se si ha la possibilità di sperimentare, dunque di provare, di sbagliare, di trovare la soluzione!! Quando ho iniziato a giocare a calcio (avevo poco più di 5 anni), come tutti i bambini che hanno genitori che lavorano, scelsi la scuola calcio più comoda e con la sede più vicina alla scuola che frequentavo. La società per la quale giocavo però, era una piccola realtà di quartiere che non aveva molti bambini per annata e dunque io, nato ad Aprile del 1976, mi ritrovai ad iniziare a giocare con bambini più grandi di me. Ricordo ancora che mi allenavo, io unico bambino del ’76 con il mio fraterno amico Simone, con una squadra mista di bambini nati nel 1975, nel 1974 ed addirittura nel 1973. Credo che solamente il nostro grande amore per il gioco ci abbia permesso di non smettere visto che gli allenamenti vertevano sulla corsa intorno al campo, su esercizi di tecnica individuale da fermo, su tiri in porta da scagliare da distanze per noi siderali e da partitelle in cui non toccavamo pressoché mai la palla.
Ricordo però ancora l’emozione per la convocazione alla prima partita, quando io e Simone fummo chiamati in una squadra in cui avremmo potuto esordire giocando con i nati nel ’75 e nel ’74! Fui schierato nel secondo tempo da terzino destro: ero un bambino di poco più di 6 anni e giocavamo 11 vs 11 in un campo regolamentare da 100 metri di lunghezza per 60 circa di larghezza. Il tempo per me volò perché ero entusiasta ed orgoglioso del mio esordio e della convocazione nella squadra dei più grandi (senza però considerare che quella della mia età non esisteva)! Al termine dei 25 minuti (se non erro) di gioco, sapete quante volte toccai il pallone? Beh…..2!! Di cui una con le mani perché fui incaricato dal Mister di battere una rimessa laterale!! L’altro tocco ricordo fu un rinvio di prima perché ero terrorizzato da questa palla che arrivava verso di me. La squadra in cui giocavo infatti, era più che discreta e dunque attaccammo praticamente sempre: mi è ancora oggi rimasto il dubbio che forse fui schierato terzino destro proprio per questo….Ma vabbè!
A parte ciò, ed a parte l’entusiasmo tracimante con cui tornai a casa, quanto pensate abbia imparato quel giorno? Quanto credete che quella gara sia stata formativa per la mia crescita? Come già detto, il talento e le capacità tecniche migliorano quando ci si trova ad utilizzare la palla ripetutamente in situazioni sempre diverse. Ecco dunque che la risposta è molto, molto semplice: ero contentissimo, ma quella gara è stata forse la più inutile che abbia mai disputato! Fortunatamente dagli anni 90 in poi le federazioni hanno gradualmente abbandonato il calcio a 11 per i bambini più piccoli e trovo che sia stata una delle decisioni più sensate che sia stata presa negli ultimi anni.
Nella prossima puntata inizieremo a vedere quando e come si è provato ad invertire la rotta!
[…] quando mi dovevo confrontare non solamente con bambini più grandi, ma anche con spazi che sembravano infiniti. Diversi studi portati avanti fin dalla fine degli anni Ottanta hanno dimostrato che il talento, e […]
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Oltre al ridurre le dimensioni del campo ed il numero dei giocatori la F.I.G.C. ha fatto benissimo ad introdurre la regola che ogni bambino deve disputare almeno un tempo di gara, evitando così la distinzione tra titolari e “panchinari” (all’epoca si chiamavano così).
Ricordo benissimo la partita di esordio anche se non esordii affatto perché non impiegato neanche per un minuto, ma soltanto fare parte del gruppo fu un motivo di grande soddisfazione. La sera prima non dormii come succedeva solo la notte prima delle gite scolastiche, eppure lo sapevo benissimo che non avrei giocato.
Bei ricordi davvero, attendo con trepidazione la terza puntata ma anche il prossimo video di Youtube in attesa di Fiorentina Benevento.
Alla prossima ! E leggete il blog !
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E già… Hai perfettamente ragione! Tutti i bambini devono avere la possibilità di esprimersi… Non solo quelli più bravi. Altra novità sacrosanta! Quanto al resto, vedrò di non deluderti!
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Eh…..il pallone, il gioco più bello del mondo. Sono arrivato in Italia che avevo 10 anni, era giugno del ‘86, l’Argentina campione in Messico l’ho vista a Firenze. Il mio idolo non era Diego ma Pasculli e Burruchaga. Maradona lo vedevo con gli occhi degli adulti, per tutti era una sorta di Dio in terra per cui io mi ero scelto qualcuno di più umano, pensavo che almeno loro due sarei riuscito a emularli.
Poi mi sono iscritto alle Lame , facevo due sport, calcio e baseball. Il calcio per passione mia, il baseball per la passione che mi aveva trasmesso il prof di ginnastica della Botticelli, il mitico Avanzolini.
Col tuo articolo mi fai rimuginare parecchio sul perché non abbia continuato calcio che abbandonai dopo neanche due anni. In effetti giocavo perché ero un’ala pura, correvo correvo ma il campo era enorme. Avevo 11 anni, non so se adesso a quell’età si usino i campi regolamentari ma nell’87 era così.
Gli allenamenti poi erano noiosissimi. I ricordi più belli ce li ho nelle partite da bambino per strada, nelle partite a liceo fra sezioni e nelle mitiche partite a Santa Croce con le porte coi giubbotti. Roba da scriverci un libro. Che emozione.
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Caro Argentino Fiorentino mi hai fatto emozionare! Siamo sempre stati all’opposizione anche nello scegliere i calciatori preferiti…
Quanto al calcio ti posso dire che fortunatamente adesso i bambini di 11 anni non giocano più a tutto campo… Sai quanti bambini come te abbiamo perso per questo?
Quanto al resto beh… Da lacrime… Le nostre scorribande al Liceo in quel campo polveroso e le partite in Santa Croce prima di andare a ballare.. E lì sai perché giocavamo a calcio? Perché è lo sport più semplice del mondo… 4 giubbotti in terra, un pallone e via con le emozioni….
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Fantastico!
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Scusate la provocazione, ma sono tempi duri e un po’ di scherzo ci vuole. Cosa serve? Spiagge in Brasile, barrios in Argentina e strade asfaltate in Europa. I grandi calciatori sono venuti tutti da lì
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Hai perfettamente ragione! Ed infatti, al di là delle battute, la prossima puntata partirà proprio dagli ultimi posti in cui si trovano ancora talenti puri… E dunque Sud America e non solo!
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